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Vertenze 21 Ott 2021

Fallimento Centro Dehoniano, l'Aser chiede l'intervento del sindaco e dell'arcivescovo di Bologna

Il presidente del sindacato regionale, Matteo Naccari, ha scritto una lettera a Matteo Lepore e Matteo Zuppi affinché stigmatizzino il comportamento dei padri dehoniani, gli editori «responsabili di questo dissesto» che con la loro decisione hanno «letteralmente gettato sulla strada 25 famiglie».

Il presidente dell'Associazione stampa dell'Emilia Romagna Matteo Naccari scrive al sindaco di Bologna Matteo Lepore e all'arcivescovo Matteo Zuppi per chiedere un intervento pubblico dopo la decisione dei padri dehoniani, editori del Centro Editoriale Dehoniano, di consegnare i libri in tribunale, avviando l'azienda al fallimento.

«Ieri – si legge nella missiva – ho partecipato al Tavolo di Salvaguardia del patrimonio produttivo, in relazione alla situazione del Ced. Ringrazio l'impegno profuso da Lo Giudice, che ha diretto il tavolo, per cercare una soluzione che permetta una continuità a una così importante attività editoriale e spero che il curatore fallimentare, Riccardo Roveroni, riesca a garantire un futuro alle professionalità che vi operano».

Al tavolo, prosegue Naccari, «dove erano presenti tutti i sindacati e dove si sono cercate soluzioni per mantenere un reddito, attraverso la cassa integrazione, ai 25 dipendenti del Ced mancavano, ovviamente, i responsabili di questo dissesto, gli editori, ovvero i padri dehoniani che hanno di propria iniziativa consegnato i libri in tribunale, avviando l'azienda al fallimento. Come sindacato crediamo che da parte vostra sia necessario un intervento pubblico sulla vicenda se non altro per stigmatizzare il comportamento di chi ha letteralmente gettato sulla strada 25 famiglie, inventandosi anche artifici burocratici per non pagare l'ultimo stipendio di settembre (presentando l'istanza di fallimento l'8 ottobre, sgravandosi quindi anche del pagamento previsto il 10 dello stesso mese), comunicando tutto questo agli stessi dipendenti con un comunicato stampa e lavandosi le mani dal loro futuro».

Nel comunicato i sacerdoti del Sacro Cuore scrivono che non dispongono più di "risorse aggiuntive da poter sottrarre alla propria missione di istituto religioso". «Punto di vista condivisibile – rileva il presidente Aser – ma per farlo crediamo non sia accettabile rovinare la vita a 25 persone, senza prima cercare soluzioni alternative e senza impegnarsi per riuscirci. Riteniamo che una città come Bologna non si riconosca in comportamenti come questo, soprattutto da parte di chi fa parte della Chiesa».

In situazioni simili, conclude Naccari, «anche una parola di conforto e di aiuto può essere necessaria e un intervento ufficiale da parte vostra sarebbe utilissimo. Il prima possibile. Se non altro per aiutare chi rischia di perdere definitivamente il posto di lavoro».

@fnsisocial

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