È morto a 90 anni Enzo Bettiza, storico inviato e poi editorialista e commentatore politico de La Stampa. A darne notizia è proprio il quotidiano torinese, per il quale ha a lungo lavorato offrendo le sue interpretazioni del sommovimento che ha attraversato il vecchio continente nella seconda metà del “secolo breve”.
E La Stampa oggi gli rende onore sottolineando sul sito web che Bettiza è stato "la prova vivente che, per diventare un grande del giornalismo, non serve far leva sulla simpatia: contano di più altre doti, professionali e umane. La coerenza con la propria storia, anzitutto".
Profugo dalla Dalmazia (era nato a Spalato da una famiglia italiana dell'alta borghesia), il suo cammino nel giornalismo iniziò con il settimanale Epoca. Nel 1957 l'approdo a La Stampa, come corrispondente da Vienna e poi da Mosca. "Nessuno come – prosegue l'omaggio del quotidiano piemontese – sapeva descrivere vicende e personaggi di una Mitteleuropa finita sotto il tallone sovietico".
Temperamento non facile da dominare, Bettiza nel 1964 entrò in conflitto con l'allora direttore Giulio De Benedetti, a sua volta poco incline al compromesso: ne scaturì il licenziamento del giornalista che dopo trent'anni, però, ritornò a La Stampa, da editorialista e commentatore politico, senza più lasciarla.
In precedenza, tra il licenziamento e il ritorno, tra il 1964 e il 1994, ci fu il decennio al Corriere della Sera, da cui andò via in polemica con la svolta a sinistra voluta dall'allora direttore del quotidiano di via Solferino, Piero Ottone, e poi un decennio al Giornale, che fondò nel 1974 con Indro Montanelli.
Nella vita del giornalista scomparso c'è stata anche la parentesi parlamentare, tra le fila del Pli e poi del Psi, teorizzando in Italia l'incontro della cultura liberal con quella laburista.
Alla famiglia, ai tanti colleghi e amici che hanno potuto conoscere e apprezzare Enzo Bettiza vanno anche il cordoglio e la vicinanza della Fnsi.