di Michele Mezza*
Lo sciopero dei lavoratori di Amazon, che si sta allargando ad altre realtà del mondo digitale, non può non parlare anche a noi giornalisti. Al di là della doverosa solidarietà a chi scende in piazza per la dignità e la sostenibilità del proprio lavoro, qui si pone un tema di fondo che va anche oltre il perimetro dell’informazione: quale potere stanno esercitando gruppi ed imprese che oggi possono, al di fuori di ogni norma, congiungere il controllo pieno dei circuiti dell’informazione con i propri primati nel mondo commerciale.
I giornalisti, che sono reduci da decenni di battaglie contro le commistioni fra interessi editoriali e fini commerciali, si trovano oggi dinanzi a giganti economici che ormai esercitano pienamente un ruolo editoriale grazie al controllo di sistemi di calcolo ed algoritmi che interferiscono con i comportamenti psicologici di ogni cittadino.
Questo dominio non solo viene usato per affermare la supremazia nell’informazione, determinando, per la prima volta nella storia umana, gli stessi criteri di selezione e di elaborazione dei contenuti, integrando e assorbendo l’attività di migliaia e migliaia di giornalisti e di operatori del mondo multimediale senza alcun ritegno o regola, ma anche per finalizzare questa supremazia ad un monopolio nei campi commerciali più vari: dalla distribuzione di Amazon, alla pubblicità di Google e Facebook, ai consumi diretti di Instagram.
Lo sciopero di Piacenza rompe questa bolla asettica fatta di bit e rimette con i piedi per terra la realtà del mondo digitale e spinge anche i giornalisti a misurarsi su un terreno, quale il controllo degli algoritmi e delle piattaforme, che oggi rischia di tradurre l’istanza di libertà che rimane origine vera della rete in un pretesto per un nuovo dominio globale.
*Michele Mezza è giornalista, saggista e docente di Culture digitali all'Università Federico II di Napoli