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Dibattito Fnsi 02 Mar 2009

Franco Siddi e Roberto Natale scrivono al Corsera su intercettazioni e deontologia: Nessuna devastazione della privacy, ma allarme sul divieto di informare sugli atti dei processi

Il Segretario Generale ed il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, e Roberto Natale hanno inviato al direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, la seguente risposta all’articolo apparso oggi sul quotidiano milanese a pagina 28 sul tema delle intercettazioni:

Il Segretario Generale ed il Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, e Roberto Natale hanno inviato al direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, la seguente risposta all’articolo apparso oggi sul quotidiano milanese a pagina 28 sul tema delle intercettazioni:

Federazione Nazionale della Stampa Italiana “Molto coinvolgente l’appassionata requisitoria di Pierluigi Battista contro la Federazione Nazionale della Stampa e l’Ordine dei Giornalisti in materia di pubblicazione delle intercettazioni. Peccato che non c’entri proprio nulla con le posizioni reali espresse dalle rappresentanze del giornalismo italiano: posizioni che, con tutta evidenza, il collega Battista ignora totalmente. Proviamo allora a spiegarle ancora una volta, sperando che - tra una domanda retorica e l’altra - Battista abbia voglia di leggerle e confrontarsi nel merito delle questioni. Non abbiamo mai rivendicato, dalla presentazione del disegno di legge Alfano nel giugno scorso, un presunto diritto di devastare le vite degli altri, e non consideriamo libertà costituzionalmente tutelata il guardonismo di chi spia dal buco della serratura in camera da letto. Abbiamo lanciato l’allarme su un problema di tipo radicalmente diverso: vietando la pubblicazione degli atti di indagine fino al termine dell’udienza preliminare (anche in modo parziale, e “anche se non sussiste più il segreto”), il testo governativo cancella la possibilità stessa di fare cronaca giudiziaria su vicende di assoluta rilevanza sociale, che nulla hanno a che spartire con le intrusioni nella vita privata. Alcuni esempi: se il ddl Alfano fosse già legge, del crack Parmalat avremmo potuto cominciare a scrivere e a sapere pochi mesi fa, lasciando dunque proseguire per anni indisturbata la truffa ai danni dei piccoli risparmiatori; della clinica milanese Santa Rita, cioè dei trapianti disposti senza ragione da qualche medico senza scrupoli, non sapremmo ancora, e soprattutto non saprebbero i pazienti dell’area lombarda; delle scalate bancarie ed editoriali del 2005, dunque di un certo modo di funzionare della Banca d’Italia, saremmo venuti a conoscenza anni dopo (in quell’estate proprio il Corriere della Sera svolse un ruolo importante). E’ questo il diritto di cronaca che stiamo difendendo: il nostro diritto-dovere di informare, ma ancor più il diritto dei cittadini italiani di conoscere vicende che non hanno nulla di privato o di pruriginoso. Cosa c’entrano questi fatti con il diritto alla riservatezza? Altro che la “cecità corporativa” di cui parla Battista: esattamente all’opposto, ci stiamo battendo per un diritto nostro che è anche un interesse di tutti (tranne che dei truffatori, ovviamente). Non abbiamo nemmeno negato che errori ci siano talvolta stati, da parte di noi giornalisti. Per questo abbiamo dato la disponibilità a rendere più incisive, se necessario, le norme di autoregolamentazione. E abbiamo giudicato con favore la proposta di una “udienza-filtro”, in cui magistrati e avvocati decidono quali parti delle intercettazioni abbiano rilevanza pubblica (e dunque siano pubblicabili) e quali invece riguardino vicende personali e coinvolgano terzi (e perciò siano da sottrarre alla pubblicazione). Ma non ci stiamo proprio a considerare la storia recente del giornalismo italiano come se fosse stata solo una ininterrotta serie di abusi ai danni della sfera individuale. E’ stata soprattutto una storia di trasparenza, che ha reso meno oscura la vicenda italiana e che ha consentito ai cittadini di farsi un’idea più precisa di fatti di rilevanza pubblica indiscutibile. Abbiamo ragioni così forti e così poco corporative che in Parlamento la nostra difesa del diritto di cronaca comincia a far breccia: governo e maggioranza stanno prendendo atto che non ha senso pensare di secretare per anni la cronaca giudiziaria. Prima o poi contiamo di riuscire a convincere anche Pierluigi Battista.”

@fnsisocial