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Associazioni 25 Mag 2010

L’Arci si unisce alla protesta e parteciperà a tutte le iniziative contro il ddl sulle intercettazioni. Il presidente, Paolo Beni: “La democrazia non si censura!”

La Commissione Giustizia del Senato ha licenziato questa notte il testo del Ddl sulle intercettazioni. Intanto, una maggioranza sempre più in difficoltà, fa sapere di essere disponibile ad accogliere proposte di modifica durante la discussione in Aula. Il fronte della protesta è infatti amplissimo e trasversale. Giuristi, editori, giornalisti, sindacati, associazioni sono uniti nel denunciare come questa legge, se passasse così com’è, limiterebbe pesantemente sia i poteri investigativi di polizia e magistratura, sia il diritto a informare degli organi di stampa e quindi il diritto dei cittadini a ricevere informazioni per formarsi liberamente un’opinione.

La Commissione Giustizia del Senato ha licenziato questa notte il testo del Ddl sulle intercettazioni. Intanto, una maggioranza sempre più in difficoltà, fa sapere di essere disponibile ad accogliere proposte di modifica durante la discussione in Aula. Il fronte della protesta è infatti amplissimo e trasversale. Giuristi, editori, giornalisti, sindacati, associazioni sono uniti nel denunciare come questa legge, se passasse così com’è, limiterebbe pesantemente sia i poteri investigativi di polizia e magistratura, sia il diritto a informare degli organi di stampa e quindi il diritto dei cittadini a ricevere informazioni per formarsi liberamente un’opinione.

Secondo i più autorevoli giuristi italiani, ci troveremmo di fronte a un vero e proprio cambio di regime, perché verrebbero scardinati aspetti essenziali del nostro sistema  costituzionale. La censura colpirebbe tutta l’informazione, mentre la magistratura verrebbe privata di strumenti importanti per perseguire con efficacia illegalità, scandali e reati gravissimi.

In discussione non c’è solo il diritto dei giornalisti a fare con responsabilità e in libertà il proprio mestiere, non c’è solo  una rivendicazione di categoria che andrebbe comunque sostenuta. In gioco c’è il diritto alla verità delle cose, una verità che questa legge vuole negare ai cronisti, ai lettori e ai cittadini perché il bavaglio imposto ai giornalisti diventi garanzia di immunità per i potenti.

La tutela  della  privacy - realizzabile senza ledere principi e diritti -  è palesemente un pretesto, utilizzato con spregiudicatezza per imporre un sistema opaco che assicuri impunità senza troppi sussulti sociali: se i media non ne parlano il fatto non esiste.

Ieri i direttori delle principali testate, comprese quelle di area governativa, hanno adottato un documento importante. Vi si afferma che il dovere del giornalista non è comprimibile da atti di censura e che questo dovere continueranno ad esercitare nonostante il rischio di sanzioni, arresti o multe. Una dichiarazione di ‘resistenza’ con cui solidarizziamo pienamente.

Ma adesso è ancora il tempo di unire le forze per cercare di fermarla questa legge, prima che venga approvata in via definitiva.

In tutta Italia si moltiplicano sit-in e mobilitazioni; La Fnsi sta lavorando a una grande manifestazione nazionale: l’Arci parteciperà a tutte le iniziative di protesta,  perché la democrazia non si censura.
Paolo Beni, presidente nazionale Arci

@fnsisocial

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