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Freelance 27 Mag 2011

No allo sfruttamento del lavoro autonomo giornalistico: a rischio la qualità dell'informazione

Sindacato, Gruppo Re:fusi e Ordine dei giornalisti del Veneto in Consiglio regionale per denunciare le condizioni di lavoro inaccettabii in cui sono costretti ad operare migliaia di giornalisti autonomi. La denuncia, forte e circostanziata, trae origine da un sondaggio diffuso dalla Commissione nazionale lavoro autonomo in tutte le regioni, che nel Veneto ha trovato diffusione nella fattiva collaborazione dell'Ordine regionale. Gran parte dei dati diffusi sono stati tratti anche da pubblicazioni dell'Inpgi.

Sindacato, Gruppo Re:fusi e Ordine dei giornalisti del Veneto in Consiglio regionale per denunciare le condizioni di lavoro inaccettabii in cui sono costretti ad operare migliaia di giornalisti autonomi. La denuncia, forte e circostanziata, trae origine da un sondaggio diffuso dalla Commissione nazionale lavoro autonomo in tutte le regioni, che nel Veneto ha trovato diffusione nella fattiva collaborazione dell'Ordine regionale. Gran parte dei dati diffusi sono stati tratti anche da pubblicazioni dell'Inpgi.


VENEZIA, 25 MAGGIO 2011 - Il 70 per cento circa dei giornalisti in attività nel Veneto ha contratti di lavoro "autonomo", con un reddito medio annuo inferiore ai 10 mila euro lordi. Basterebbe questo dato per descrivere la preoccupante situazione in cui si trova gran parte della categoria, umiliata nella dignità professionale, con pesanti ripercussioni sul diritto dei cittadini a ottenere un'informazione completa, corretta, libera e indipendente. Oggi, a palazzo Ferro Fini, a Venezia, l’Ordine dei giornalisti del Veneto ha promosso un incontro in Consiglio regionale al quale ha partecipato una delegazione di Ordine, Sindacato e Gruppo Veneto freelance. Tema dell'incontro, la presentazione dei dati raccolti dagli organismi di categoria sul precariato giornalistico in Veneto e la conseguente denuncia di una situazione non più sostenibile.
"E' ora di fermare lo sfruttamento del lavoro giornalistico: a rischio è la qualità dell'informazione!", è stato spiegato ai rappresentanti della politica veneta. Ai rappresentanti della politica regionale sono stati illustrati i risultati del questionario dello scorso inverno sulla situazione dei freelance veneti, realizzato dalla commissione lavoro autonomo della Fnsi, assieme ai principali dati emersi dall'analisi dei contratti delle singole testate e dai numerosi casi posti all'attenzione di Ordine e Sindacato, da cui emerge un quadro a tinte fosche, che richiede
interventi non più rinviabili. La violazione dei diritti e della dignità del lavoro giornalistico, infatti, ha conseguenze, pesanti: quale libertà e autonomia può avere un giornalista retribuito 4 euro
lordi ad articolo, spese comprese? A quali compromessi sarà costretto a scendere pur di sbarcare il lunario? Dopo aver ricordato l'indagine parlamentare in corso sul tema, nonché il tavolo aperto assieme all'assessore Elena Donazzan, la delegazione dell'Ordine dei giornalisti ha lanciato un appello, forte e deciso, alla politica regionale, auspicando un intervento per cercare soluzione ad una situazione che il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato ha definito “catastrofica”. In molti, tra i consiglieri di Palazzo Ferro Fini, si sono stupiti nell'apprendere che, è Veneto, una testata giornalistica retribuisce i giornalisti autonomi con 7 centesimi a rigo (+ un bonus di 1,55 euro a pezzo). Risultato: per un articolo di 40 righe il compenso è di 4,35 euro lordi. Che un'altra testata paga 4 euro lordi per pezzi fino a 999 caratteri. Un tempo si pagava a battute, che includono anche gli spazi bianchi: ora, per risparmiare, il metodo è cambiato; che il quotidiano più “generoso” riconosce 30 euro per articoli superiori alle 2000 battute. Il tutto, spese incluse, per ore di lavoro necessarie alla raccolta, verifica e scrittura delle notizie. All’incontro erano presenti il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Veneto Gianluca Amadori; Maurizio Paglialunga, in rappresenza del presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino; la vicesegretaria del Sindacato dei giornalisti del Veneto, Monica Andolfatto, Nicola Chiarini, presidente di Re:fusi, i consiglieri dell'Ordine regionale Martina Zambon (delega al lavoro freelance), Giuditta Bolognesi, Alessandra Sgarbossa, Leopoldo Pietragnoli, il consigliere nazionale dell’Ordine Gabriele Cappato e la componente della giunta nazionale Fnsi Paola Vescovi. Per il Consiglio Regionale del Veneto c’erano il presidente Clodovaldo Ruffato, capigruppo e consiglieri: Graziano Azzalin e Bruno Pigozzo (Pd), Dario Bond (Pdl), Federico Caner (Lega), Andrea Causin (Gruppo Misto), Gustavo Franchetto (IdV), Raffaele Grazia (Udc). Questo il documento consegnato ai capigruppo del Consiglio regionale con i dati relativi al lavoro giornalistico e le proposte per cercare di trovare soluzioni alla preoccupante situazione.

Qualità dell'informazione fa rima
con dignità delle condizioni di lavoro
Contributo per un confronto
 
 
 
Incontro in Consiglio regionale del Veneto
promosso dall’Ordine dei giornalisti del Veneto,
con Ordine nazionale dei giornalisti, Sindacato dei giornalisti del Veneto, Re.fu.si.
 
Venezia, 25 maggio 2011
 
 
NO ALLO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO GIORNALISTICO:
A RISCHIO LA QUALITA' DELL'INFORMAZIONE
La denuncia dell’Ordine dei giornalisti del Veneto
 
 
Il 70 per cento circa dei giornalisti in attività nel Veneto ha contratti da lavoro “autonomo”, con redditi medi annui inferiori ai 10 mila euro lordi. E i compensi che gli editori riconoscono ai collaboratori esterni è in continua riduzione, come risulta da un sondaggio effettuato all’inizio dell’anno tra i freelance della regione.
Citiamo soltanto alcuni degli esempi più clamorosi:
·       in Veneto una testata giornalistica retribuisce i giornalisti autonomi con 7 centesimi a rigo (+ un bonus di 1,55 euro a pezzo). Risultato: per un articolo di 40 righe il compenso è di 4,35 euro lordi.  Il tutto spese incluse.
·       un'altra testata  paga 4 euro lordi per pezzi fino a 999 caratteri. Un tempo si pagava a battute (che includono anche gli spazi bianchi): ora, per risparmiare, il metodo è cambiato
·        il quotidiano che paga di più gli “autonomi”  riconosce 30 euro per articoli superiori alle 2000 battute. Anche in questo caso al lordo, spese incluse.
·       ma c'è anche un quotidiano che prevede un compenso forfettario di 100 euro mensili lordi per 20 articoli: spesso gli articoli scritti per quel compenso sono 4 volte più numerosi.
Per scrivere articoli sono necessarie ore di lavoro, tra raccolta, verifica delle notizie e scrittura. Nella maggior parte dei casi agli “autonomi” non sono riconosciuti rimborsi spese: nei 4 euro sono dunque inclusi i costi di telefono, benzina ecc.
Chi contesta queste condizioni vergognose viene cacciato e sostituito spesso da qualche stagista o aspirante giornalista, non iscritto all'Albo professionale, che per iniziare è disposto anche a lavorare gratis, ma che non ha alcuna preparazione e non garantisce alcuna qualità, correttezza, rigore e non è tenuto a rispettare le norme deontologiche della professione giornalistica.
E' questo il quadro preoccupante che emerge dall'analisi della situazione riguardante la professione giornalistica della regione. Preoccupante per la dignità del lavoro giornalistico, sempre più calpestata e umiliata; ma preoccupante anche per le inevitabili conseguenze sulla qualità dell’informazione, che rischia di essere sempre meno precisa e rigorosa; sempre meno libera e indipendente. Quale libertà e autonomia può avere un giornalista sfruttato e ricattato, retribuito meno di una colf e “licenziabile” in qualsiasi momento?
La tendenza dominante nel mondo editoriale è rappresentata da una progressiva riduzione del numero dei giornalisti contrattualizzati nelle redazioni e un utilizzo sempre più massiccio di collaboratori esterni, senza garanzie, sempre a disposizione, retribuiti in maniera vergognosa.
LA TIPOLOGIA DEI RAPPORTI DI LAVORO GIORNALISTICO NEL VENETO
Il rapporto di lavoro nel settore giornalistico nel Veneto risulta così suddiviso:
-      contratto da dipendente: 753 giornalisti;
-      contratto da “autonomo”: 1.640 giornalisti, ben oltre il doppio dei dipendenti (309 cococo, a 955 libero professionali, 376 entrambi).
Questi numeri confermano che ormai la professione viene sempre più svolta fuori dalle redazioni, con conseguenti problemi di garanzie, e dunque con un rischio concreto per la libertà, l'autonomia e l'indipendenza della professione. E con pesanti riflessi sulla qualità dell’informazione offerta ai cittadini.
Questo aspetto diventa facilmente comprensibile alla luce del reddito medio annuo (riferito al 2009) dei cosiddetti “autonomi” o “freelance”:
-      7.489 euro per il giornalista “Co.co.co”
-      9.031 euro per il giornalista libero professionale
Si tratta di retribuzioni sei volte inferiori a quello di un giornalista dipendente, la cui retribuzione media annua sfiora i sessantamila euro (59.445).
 
 
 
 
IL DETTAGLIO DEI 753 GIORNALISTI DIPENDENTI:
 
-      quotidiani: 368 giornalisti (pari al 48,9%)
-      periodici: 63 giornalisti (pari all’8,4%)
-      Rai: 43 giornalisti (pari al 5,7%),
-      agenzie di stampa: 18 giornalisti (pari al 2,4%)
-      emittenti radio-tv private: 41 giornalisti (pari al 5,4%)
-      emittenti radio-tv locali: , 125 giornalisti (pari al 16,6%)
-      enti pubblici: 15 giornalisti (pari al 2%)
-      addetti stampa nel comparto pubblico: 48 giornalisti (pari al 6,4%)
-      in altre aziende: 32 giornalisti (pari al 4,2%).
 
(Fonte Inpgi, Istituto nazionale previdenza giornalisti: dati aggiornati al luglio 2010)
 
  
 
LA SITUAZIONE DEL LAVORO AUTONOMO
 
Nel febbraio del 2011 è stato diffuso dall’Ordine, tra i giornalisti iscritti all’Albo regionale del Veneto, un questionario realizzato dalla Commissione nazionale lavoro autonomo della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), al quale hanno risposto 356 colleghi “freelance”. Questo il risultato.
 
- Il 55,9% collabora con quotidiani
- il 47,47% con periodici
- il 5,90% con agenzie di stampa
- il 6,18% con emittenti radiofoniche
- il 7,87% con emittenti televisive
- il 21,07% con uffici stampa
- il 25% con testate web
- l'8,71% con agenzie fotografiche, social network ecc.
 
(la somma è superiore al 100% in quanto ciascun giornalista può avere collaborazioni con diversi media)
 
La tipologia prevalente di contratto è costituita da Co.co.co (36,24%), seguita da Partite Iva (25,28%), Diritto d’autore (14,33%) e Altro (9,55%).
 
La prestazione occasionale è la forma di retribuzione più diffusa (37,08%)
Il 51,12% dei colleghi viene pagato a pezzo. Soltanto il 6,46% dei giornalisti viene retribuito a cartella; il 9,55% a rigo; il 2,25% a parola. Il numero di colleghi compensati a forfait ammonta al 24,44% dei colleghi freelance.
 
Solo il 20,79% degli “autonomi” ha diritto ad un rimborso spese. Fra questi, l’11,24% lo ottiene a piè di lista, il 5,62% a forfait, il 2,53% a budget.
 
Soltanto il 10,96% dei giornalisti “freelance” viene retribuito alla consegna del pezzo. Il numero dei giorni di attesa per gli altri va da un minimo di 15 ad un massimo di 140 giorni, quasi 5 mesi. La media si attesta intorno ai 60 giorni.
 
Il 36,80% dei giornalisti “autonomi” lamenta una riduzione dei compensi nell’ultimo periodo, il 33,43% denuncia anche una riduzione dei pezzi commissionati.
 
(Fonte: questionario 2011 sul lavoro autonomo in Veneto)
 
 
Contributi all'avvio di un confronto costruttivo per una soluzione strutturale alla piaga del precariato nel giornalismo, sulla base delle iniziative messe in campo da Re:Fusi, dalla Commissione lavoro autonomo del Sindacato giornalisti del Veneto e dalla Fnsi, in un percorso di condivisione avviato anche dall'Ordine regionale dei giornalisti.
 
 
L'analisi
·         Oltre metà dei giornalisti italiani attivi sono precari o freelance, 24mila a fronte di 20mila contrattualizzati in senso tradizionale. In Veneto a fronte di 753 giornalisti assunti nelle redazioni con un contratto a tempo indeterminato, ce ne sono 1.640 che risultano collaboratori con contratti atipici. Per questi ultimi si parla di guadagni in media di nemmeno 10mila euro lordi l’anno: circa 7mila euro per i co.co.co. e 9mila per le partite Iva, spesso monomandatarie e aperte ad hoc su richiesta del committente. Il reddito medio, invece, di un giornalista dipendente è di 59.445 euro, sempre annui.
·         Questa situazione di precarietà e bassi salari non è più, come un tempo, anticamera per una stabilizzazione, tanto che moltissimi giornalisti professionisti, anche dopo un decennio di lavoro, non ha mai avuto un contratto disciplinato dal Ccng Fnsi-Fieg. Quasi una regola per la generazione nata negli anni '70, ma anche per lavoratori più anziani.
·         Non si tratta di professionalità marginali nel meccanismo di produzione: senza i precari nessun prodotto editoriale riuscirebbe ad andare in edicola, in onda, sul web. Ciò nonostante gli editori non solo non aprono percorsi di stabilizzazione, ma nemmeno riconoscono questa massa di manodopera come interlocutore. Il giornalista precario è considerato, per comodità, un fornitore come chi vende risme di carta o toner per fotocopiatrici.
 
 
·         Gli strumenti
·         Priorità, dunque, è giungere tramite accordi collettivi e interventi legislativi alla definizione di retribuzioni minime decorose, tariffari contrattuali e maggiori garanzie per la tutela del lavoro autonomo.
·         Da questo punto di vista è importante ragionare su sgravi contributivi e incentivi per le stabilizzazioni, anche attraverso tavoli regionali. Defiscalizzazioni regionali per stabilizzare i lavoratori precari
·         Spunti di riflessione ci sono già nel quadro legislativo nazionale, a partire dalla legge 407 del 1990 che stabilisce alcuni parametri di agevolazione per le assunzioni mirando in primis al reimpiego dei disoccupati. Ora, di fronte a un mercato del lavoro fortemente precarizzato, le soluzioni vanno rivolte anche a opzioni di stabilizzazione degli atipici, in attesa della riforma strutturale che cancelli il paradosso per cui un Co.co.co. comporti rispetto a un tempo indeterminato meno oneri sotto ogni punto di vista per le aziende. Non si tratta di dare contributi una tantum, inefficaci, ma dare ossigeno attraverso sgravi contributivi alle aziende, sia in termini fiscali che previdenziali, studiando accordi specifici con gli istituti. Un esonero, per esempio, su base triennale delle imposte sul reddito d'azienda, tanto più consistente quanti più lavoratori sono stati stabilizzati, sarebbe un buon servizio per tutti.
a) per l'azienda che riceverebbe un alleggerimento in un quadro di crisi generalizzata
b) per il lavoratore che, aumentate le garanzie, potrebbe progettare con più serenità la propria vita e aumentare la propria capacità di spesa e consumo, a beneficio di tutto il tessuto economico
c) per le casse pubbliche che, rinunciando temporaneamente a un'entrata, ne verrebbero ripagate in prospettiva, anche dalla crescita reddituale progressiva dei neo-dipendenti, ma pure dall'indotto presumibilmente prevedibile con un'operazione che, appunto, tenderebbe anche a rilanciare i consumi
·         Questi tavoli, anche con le Regioni (in Veneto è positiva l'interlocuzione concretizzata con l'assessore al Lavoro e alla Formazione professionale, Elena Donazzan) dovrebbero intervenire anche su strumenti di welfare e sugli incentivi alla formazione, come premessa necessaria all'inserimento occupazionale di ciascun professionista sul mercato del lavoro.
·         Definire un rafforzamento del ruolo dell'azienda negli obblighi sociali, come già avviato con la revisione delle aliquote Inpgi per i Co.co.co. Questi costi non possono essere scaricati sui collaboratori.
·         Contrastare il dumping sociale che si traduce anche con l'esercizio abusivo della professione o aberrazioni come il lavoro gratuito che, soprattutto nei nuovi media.
·         Premiare con eventuali contributi regionali solo le testate (carta stampata, radio, tv, web, agenzie...) che applicano i contratti di lavoro di categoria, a garanzia della qualità del prodotto editoriale e di una informazione pluralistica e trasparente.
·         Nell'ottica di avviare processi legislativi che, concretamente, possano invertire la tendenza di un mercato malato, sono stati recentemente intrapresi tavoli di discussione con il Governo (sottosegretario all'Editoria, Paolo Bonaiuti) e con la Commissione Lavoro del Senato (con la sponda bipartisan di Maurizio Castro e Giorgio Roilo) per la definizione di un tariffario retributivo minimo dignitoso, sotto il quale non sia legale lavorare.

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