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Editoria 25 Lug 2015

Crisi al Corriere Mercantile, appello dell’Assostampa a imprenditori e politici liguri per salvare la storica testata

Il Corriere Mercantile ha annunciato la sospensione delle pubblicazioni: una decisione, sofferta e travagliata, dovuta al taglio delle provvidenze pubbliche per l’editoria e all’indifferenza del mondo imprenditoriale e politico ligure e genovese. “Genova e la Liguria non facciano spegnere la voce dell’informazione”, è l’appello che l’Associazione ligure dei giornalisti, nell’esprimere solidarietà ai colleghi, rivolge a politici e imprenditori del territorio.

Il Corriere Mercantile ha annunciato la sospensione delle pubblicazioni: una decisione, sofferta e travagliata, dovuta al taglio delle provvidenze pubbliche per l’editoria e all’indifferenza del mondo imprenditoriale e politico ligure e genovese. “Genova e la Liguria non facciano spegnere la voce dell’informazione”, è l’appello che l’Associazione ligure dei giornalisti, nell’esprimere solidarietà ai colleghi, rivolge a politici e imprenditori del territorio.

L’Associazione Ligure dei giornalisti esprime solidarietà ai colleghi della cooperativa G&P che oggi hanno deciso di sospendere le pubblicazioni delle due storiche testate genovesi, il Corriere Mercantile e la Gazzetta del Lunedì. 
“La decisione, sofferta e travagliata, è arrivata – scrive in una nota Alessandra Costante, segretario dell'Associazione Ligure dei Giornalisti – alla fine di una lunga crisi economica e aziendale dovuta al taglio delle provvidenze pubbliche per l’editoria e  al ritardo con cui i contributi sono stati erogati negli ultimi anni. Una crisi economica dovuta anche all’indifferenza del mondo imprenditoriale e politico ligure e genovese”. 
“L’informazione non può essere solo una questione di mercato – prosegue il comunicato dell'Assostampa ligure –, la vicenda del Mercantile non può essere archiviata solo attraverso la lettura delle copie vendute o del posizionamento pubblicitario. La speranza è che durante la sospensione delle pubblicazioni, Genova e la Liguria sappiano organizzare il salvataggio di queste due storiche testate”. 
“Un tentativo – conclude la nota – che deve essere fatto e che meritano i 30 colleghi (tra soci lavoratori, dipendenti, collaboratori e fotografi) che in questi anni difficilissimi hanno sempre fatto uscire il giornale e che negli ultimi mesi, senza stipendio, hanno lavorato per puro spirito di servizio e per provare a mantenere il loro posto di lavoro”.
Di sconfitta parla il Cdr del quotidiano nel comunicato pubblicato oggi sul giornale. “Da lunedì in questa città ci saranno ventitrè posti di lavoro in meno: quattordici giornalisti, tre grafici, due fotoreporter, due collaboratori fissi, due collaboratori amministrativi. Nei mesi scorsi altri dieci colleghi, tra giornalisti e addetti ai servizi, per motivi diversi erano stati costretti ad interrompere il rapporto di lavoro. A loro vanno aggiunti i numerosi collaboratori esterni. Insomma una media impresa che si dissolve”, scrive il Comitato di redazione. 
“Da cronisti fino all’ultimo, partiamo dall’essenzialità della notizia. Così come abbiamo fatto tante, troppe, volte in questi anni per raccontare capitoli dello stesso dramma occupazionale: uno stillicidio di saperi, professionalità, capacità, talenti, sacrifici spazzati, talvolta in silenzio, per essere immolati sull’altare del ’modello di business’. Se non ci stai dentro, non servi più, non conti più. Vuoti a perdere. Che sei giornalista, artigiano, commerciante, libero professionista, manovale. Non ci sono lavori che valgono più di altri, tutti hanno la stessa dignità. E nell’ora del commiato - prosegue la nota - questo teniamo a precisare scansando tentazioni retoriche o autoreferenziali, semplicistiche e ormai stantie. La nostra storia, il nostro epilogo, semplicemente assurgono a simbolo della deriva di un sistema e, soprattutto, di una città, dove un giornale che chiude, l’ultimo rimasto, vale come un altro frammento dell’identità spezzata e avviata a smarrirsi”.
L’analisi del sindacato aziendale è lucida: “Ci sono tanti motivi e qualche responsabilità se oggi siamo costretti a gettare la spugna vanificando l’impegno e la tenacia che fino ad ora ci hanno consentito di arrivare in edicola: senza stipendio da mesi, con retribuzioni e condizioni di lavoro ’storicamente’ ben lontane dai ’parametri’ della categoria”, rileva il Cdr, chiamando poi in causa anche le istituzioni e quelli che fino a poco fa erano i partner della cooperativa editoriale.
“La crisi di un modello di editoria vicino all’implosione è innegabile. Ma nel momento della scelta di chi sostentare, il governo ha pensato di privilegiare i grandi gruppi magari quotati in borsa, evidentemente più capaci di esercitare attenzioni, foraggiando interventi generosi e dimenticando gli impegni assunti con gli altri, noi editoria no profit. E non è stato bello scoprire dalla sera alla mattina che il tuo partner, prestigioso ed interprete di una grande tradizione imprenditoriale, ti aveva tradito diventando ’competitor’ dopo aver condiviso una sfida coraggiosa. In mezzo altri partner che, fiutando le correnti di tempesta, hanno abbandonato la nave raggiungendo la riva dalla quale assistere compassionevoli al naufragio. Improvvisamente soli, a parte il sostegno dell’associazione giornalisti e di ben pochi altri. Irrimediabilmente deboli. E oggi – conclude il Cdr – sconfitti”.

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