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Associazioni 06 Mar 2010

Il comune di Ferrara intitola la sala stampa a Giancacarlo Siani e ai martiri della libertà di informazione. L'intervento di Alberto Spampinato. Oggi la cerimonia

La sala stampa del Comune di Ferarra (piazza Municipio, 2 - Ferrara) sarà intitolata al giornalista Giancarlo Siani e ai martiri della libertà di informazione. Alla cerimonia,  in agenda per venerdì 19 marzo, interverranno il sindaco Tiziano Tagliani, l'assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto, i rappresentanti delle Associazioni Stampa di Ferrara ed Emilia-Romagna, della Federazione Nazionale della Stampa.

La sala stampa del Comune di Ferarra (piazza Municipio, 2 - Ferrara) sarà intitolata al giornalista Giancarlo Siani e ai martiri della libertà di informazione. Alla cerimonia,  in agenda per venerdì 19 marzo, interverranno il sindaco Tiziano Tagliani, l'assessore comunale alla Cultura Massimo Maisto, i rappresentanti delle Associazioni Stampa di Ferrara ed Emilia-Romagna, della Federazione Nazionale della Stampa.

Il programma:
Ore 16 - Sala Arengo (piazza Municipio, 2 - Ferrara) conferenza sul tema "Libertà di stampa: il diritto di raccontare i fatti, le tutele". Interverranno Alberto Spampinato (Ossigeno - Osservatorio nazionale sui cronisti sotto scorta e sulle notizie oscurate), Gian Pietro Testa (Il giornalismo d'inchiesta: rischi e doveri) e Andrea Botti, Presidente dell'Asf (La salute dell'informazione in città).

Alle 20.30 - Sala Boldini (via Previati, 18 - Ferrara), proiezione del film "Fortapàsc", interverrà in sala il regista Marco Risi.
Serata in collaborazione con Arci Ferrara e Libera Ferrara INGRESSO LIBERO Per comunicazioni e informazioni: Alessandro Zangara - Ufficio Stampa del Comune di Ferrara [tel. 0532-419244 - cell. 320-4326860, e-mail a.zangara@comune.fe.it].

L'intervento di Alberto Spampinato *

E’ sempre difficile ricordare nel modo giusto gli eroi civili che hanno perso la vita per grandi ideali. Si corre il rischio di cadere nella retorica o di celebrare sanguinose sconfitte della società civile. Non dimenticherò mai ciò che mi disse, tanti anni fa, Gillo Pontecorvo. Era alle prese con il progetto di un film sull’assassinio del generale Carlo Alberto Della Chiesa. Io lo incoraggiavo, ma lui concluse: “Non farò questo film perché questa storia, comunque si gira, racconta una sconfitta dell’Italia migliore”. Io mantenni il dissenso e quel dissenso oggi mi fa apprezzare FortApàsc di Marco Risi, che ha accettato di correre quel rischio e ha vinto la scommessa.
FortApàsc ricorda Giancarlo Siani nel modo giusto: quello indicato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “tutti gli uomini cui il 'Giorno della memoria' è dedicato siano ricordati non solo come vittime, ma come persone, che hanno vissuto, hanno avuto i loro affetti, il loro lavoro, il loro posto nella società, prima di cadere per mano criminale". Don Luigi Ciotti ha indicato la stessa esigenza per tutte le vittime di ingiustizia. Fu ucciso sotto casa il 23 settembre 1985. Marco Risi ci racconta gli ultimi quattro mesi della sua vita. La vita di un ragazzo normale nel quale molti ragazzi di oggi si identificano, perché hanno le stesse passioni, le stesse debolezze, gli stessi sogni, e la stessa passione civile. Non ho mai incontrato Giancarlo, ma dopo questo film mi pare di conoscerlo un po’. Mi ricorda mio fratello Giovanni, giornalista dell’Ora in corsa per l’assunzione come Giancarlo. Era anch’egli alla soglia dei 26 anni, quando fu assassinato, il 27 ottobre 1972 a Ragusa. Come Giancarlo, si ostinava a pubblicare notizie pericolose, che altri giornalisti scartavano o fingevano di non vedere. Per usare la giustificazione citata nel film, erano “giornalisti-impiegati”. Giancarlo e Giovanni invece erano “giornalisti-giornalisti” e a 26 anni erano già cronisti valorosi, anche se ci sono voluti tanti anni per riconoscerlo. Queste somiglianze appaiono a chi legge il mio libro “C’erano bei cani ma molto sera”, in cui racconto la storia di Giovanni e che ha avuto il massimo riconoscimento che potessi sperare: il Premio Siani 2009.
La straordinaria ed esaltante avventura di Giancarlo non ricorda solo quella di Giovanni. Somiglia a quella degli altri sette giornalisti siciliani che hanno perso la vita nel nostro paese negli ultimi 40 anni sullo stesso fronte: il fronte delle notizie scomode. "FortApàsc" ripropone infatti, ed è uno dei suoi meriti, una questione che meriterebbe maggiore attenzione; che è sotto i nostri occhi ma che, oggi come allora, ci ostiniamo a non vedere: nella civilissima Italia - e non solo in Paesi lontani, in democrazie giovani o incerte, in Turchia o in Russia - con le minacce, con le intimidazioni, e perfino con l’omicidio si cerca di impedire ai giornalisti di fare fino in fondo il loro mestiere, che – sia detto en passant - fino a prova contraria consiste nel dare all’opinione pubblica le notizie, tutte le notizie di rilevante interesse generale, anche quelle che qualcuno vorrebbe nascondere perché non le gradisce; anche quelle che danneggiano gli interessi di personaggi potenti o le collusioni e gli intrecci fra affari, politica e criminalità. Purtroppo non si riesce a far intendere che l’informazione, e quindi la libertà, soffre in Italia di questo orribile male. E intanto ciò che si crede impossibile continua ad accadere intorno a noi.
Sono tantissimi, non si riesce neppure a contarli, i giornalisti presi di mira da affaristi, da criminali, da prepotenti, da potentati che non potrebbero sopravvivere sotto i riflettori dell’informazione critica, sotto la lente di un giornalismo attento, curioso, esercitato con coraggio e passione civile. La lista è molto più lunga di quanto si creda. L’elenco degli uccisi e sotto scorta, da solo, è impressionante. Ed è solo la parte visibile di un dramma sociale più ampio, per la massima parte sommerso e che, spesso, è dramma segreto e privato di chi è stato preso di mira. Perché molti non hanno la voce, la forza, i sostegni necessari per denunciare il sopruso, per farne un fatto pubblico, per ribellarsi. Dobbiamo parlare di queste cose e il film di Marco Risi ci aiuta a farlo. Ci aiuta a far sapere a tutti che nelle terre di mafia – e non solo lì – le minacce ai cronisti producono una enorme, inammissibile limitazione della libertà di informazione. Dobbiamo imparare a pensare ai nostri cronisti di mafia con la stessa apprensione con cui pensiamo ai cronisti di guerra che mandiamo in Iraq, in Afghanistan, in altre zone di guerra. Questo discorso riguarda soprattutto noi giornalisti. Non possiamo nasconderci dietro la battuta che ci sono “giornalisti-giornalisti” e “giornalisti impiegati” senza chiederci se fanno lo stesso mestiere. C’è un gran lavoro da fare. Partiamo dal ricordo dei giornalisti italiani uccisi. Ricostruiamo una per una le loro storie. Alimentiamo con iniziative come questa, l’intitolazione a Giancarlo Siani della sala stampa del Comune di Ferrara, la memoria dell’esempio professionale e civile che hanno dato. E sollecitiamo insieme una riflessione più generale. Dobbiamo farlo. Scorrere il rosario delle vittime è triste, è doloroso, crea imbarazzo, fa nascere sensi di colpa. Ma fa bene alla coscienza civile.
Purtroppo, ancora oggi la società e il giornalismo fanno fatica a riflettere su queste cose. Per suscitare questa riflessione alcuni di noi, insieme alla FNSI e all’Ordine dei Giornalisti, hanno creato l’osservatorio “Ossigeno per la libertà” sui cronisti sotto scorta e le notizie oscurate con la violenza, che nel 2009 ha pubblicato il primo rapporto (è disponibile sui siti www.fnsi.it e www.odg.it ). L’Osservatorio sta muovendo i primi passi. Ha bisogno di sostegno e della collaborazione e della passione civile di tutti coloro che si esaltano e si commuovono vedendo Fortapasc.
* consigliere nazionale della FNSI, direttore dell’Osservatorio Ossigeno per la libertà

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