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Un momento del convegno
Iniziative 25 Ott 2023

Religioni e media, incontro alla Pontificia Università  della Santa Croce a Roma

Al convegno era presente anche la segretaria della Fnsi, Alessandra Costante: «Giornata fortemente in relazione con quanto sta avvenendo in Medio Oriente. L'informazione ha l'obbligo di rispettare il messaggio delle confessioni religiose che non può che essere di pace e di convivenza civile, ma anche nel denunciare con severità  quelle che sono le distorsioni che legano la fede religiosa alla violenza».

Guerre, crimini, diseguaglianze, menzogne e fake news: la religione è parte o soluzione del problema? E l’informazione che ruolo gioca in tali contesti? Sono gli interrogativi posti da Antonino Piccione (Iscom), in apertura dell’incontro che si è svolto stamane a Roma nell’aula magna "Giovanni Paolo II" della Pontificia Università della Santa Croce.

«La giornata di oggi, non può essere altrimenti, è fortemente in relazione con quanto sta avvenendo in Medio Oriente – ha detto Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi – e l’informazione ha grandi responsabilità nel riportare i fatti, con l’obbligo di rispettare il messaggio delle religioni che non può che essere di pace e di convivenza civile, ma anche nel denunciare con severità quelle che sono le distorsioni che legano la fede religiosa alla violenza».

«Se a un certo punto – ha proseguito Costante - le religioni possono essere state fonte del problema ora devono esserne la soluzione, senza arroccarsi su ciò che è stato, bensì guardando in avanti, al futuro dell’umanità, con uno scatto di orgoglio e di civiltà. Israele e Gaza non si giustificano con il fondamentalismo religioso che altro non è che violenza. La mia visione laica apprezza e fa sue le parole del Santo Padre che indica la religione come strada di pace e l’informazione come strada per fare conoscere la pace».

L’informazione professionale oggi non si trova solo a fronteggiare scenari di crisi profonde ma anche uno sviluppo tecnologico tanto veloce quanto rivoluzionario. Il riferimento va all’Intelligenza artificiale: «I giornalisti devono governare l’Ia non esserne governati. In ballo c’è la tenuta democratica delle società perché l’uso distorto può favorire la diffusione di notizie false, manipolate, orientate anche a veicolare strumentalmente un’immagine distorta e violenta delle stesse religioni, niente di più distante da una informazione qualificata, libera, autonoma».

Marta Brancatisano, docente di Antropologia duale e tra i fondatori e componenti del Comitato sul Giornalismo e le tradizioni religiose si è soffermata sull’esigenza di andare al nucleo del significato del termine “comunicazione” che «presuppone necessariamente un significato che la rende possibile e cioè la relazione umana, tra due o più soggetti. Relazionalità dove la comunicazione è di per sé positiva perché permette a un individuo di accrescere la conoscenza per affrontare e portare avanti il mistero della vita e di se stesso».

Se la valenza antropologica della comunicazione oggi non è cambiata, la sua considerazione è molto più preponderante nell’era dei social e appunto dell’Ia.

«La comunicazione di una fede – ha affermato quindi la professoressa Brancatisano - può assumere due aspetti: per il credente mettersi in relazione con Dio, per il non credente è espressione di un elemento umano che è l’aspirazione alla felicità, alla giustizia, alla pace. Pertanto, questa comunicazione è qualcosa di positivo, e ogni fede trasmette una visione dell’uomo e della vita seppure in prospettiva, che richiama una verità che di per sé è sempre positiva. Per questa valenza positiva non è logico e non è lecito attribuire a una fede qualcosa che non sia costruttivo, che non sia a favore della vita e quindi non è vero e non è lecito associare la verità alla violenza».

«La convinzione che, non oggi in questi giorni terribili e inaspettati ma anni fa, ha spinto il nostro Comitato - ha concluso la docente - a fondare questo canale di informazione religiosa che esca dai confini ovvi e particolari di catechesi nei confronti dei propri fedeli ma che porti il significato delle tradizioni religiose a un mondo più vasto, poggia sull’assunto che la religione, quale che sia, risulta il sostrato su cui ogni società basa la propria cultura e quindi tutti gli aspetti sociali, anche economico e politico».

La mattinata ha proseguito la riflessione con i contributi di Ariel Di Porto (Comunità Ebraica di Roma), Abdellah Redouane (Centro Islamico Culturale d'Italia), Svamini Hamsananda Ghiri (Unione Induista Italiana), Claudia Caneva (Pontificia Università Lateranense), Davide Jona Falco (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), Zouhir Louassini (Rai News), Svamini Hamsananda Ghiri (Unione Induista Italiana), Paolo Cavana (Università Lumsa), Marco Di Porto (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), Cenap Aydin (Istituto Tevere), Luca Manzi (Università Cattolica di Milano), Sergio Perugini (Conferenza Episcopale Italiana), Roberto Revello (Università dell'Insubria), Roberto Della Rocca (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), Ahmad Ejaz (Centro Islamico Culturale d'Italia), Ghita Micieli de Biase (Unione Induista Italiana) e Fabio Bolzetta (Associazione WebCattolici Italiani).

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