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Fnsi 17 Gen 2005

“Fatti Nuovi” Editori dilettanti e chiacchierati: chiude in sordina il loro giornale

“Fatti Nuovi” Editori dilettanti e chiacchierati: chiude in sordina il loro giornale

“Fatti Nuovi” Editori dilettanti e chiacchierati: chiude in sordina il loro giornale

Fatti Nuovi, il quotidiano popolare nato il 7 settembre 2004, dall'inizio dell'anno non è più in edicola. Non si stampa più e non viene distribuito. I redattori, dodici professionisti, sono sempre alle tastiere: presidiano scivanie e computer appesi al filo della speranza. La Società Europea di edizioni, la stessa che distribuisce Il Giornale di Belpietro, ha sbarrato le strade della diffusione. La Seregni Industrie Grafiche che ha un contratto quinquennale con l'editore, ha fermato le rotative, almeno per il momento. Collaboratori mai pagati, collezione di ingiunzioni di pagamento: prima fra tutte quella di Editing, il service di Sergio Luciano che garantiva la chiusura di alcune pagine fisse. Il sito web del giornale, fino a qualche giorno fa, avvertiva che "per ragioni tecniche, in questi giorni, non è stato possibile stampare e diffondere Fatti Nuovi" e annunciava pure che "Il giornale sarà regolarmente in edicola a partire da martedì 11 gennaio". Poi è sparito tutto: anche le scuse per i lettori. Il giornale non esce. Il direttore Massimo Balletti (ex Playboy Italia, factotum del mensile dellutriano Vincere) e il vice direttore Lucio Mercatajo (ex Rai dell'epoca di Biagio Agnes) hanno tentato, sostengono, nuove vie, dalla freepress agli scaffali dei supermercati. L'inizio Edito dalla Nuova Stampa Popolare - i cui soci di riferimento sono Giorgio Maino, già direttore generale de La Cinq e pure ex vicepresidente di Mediaedge e Antonio Raspa, ex Publitalia, consulente di Dell'Utri e inventore di Pagine Utili - Fatti Nuovi era partito con un budget di dieci milioni di euro, di cui tre investiti nel lancio pubblicitario. In vendita a 50 centesimi, il quotidiano, 32 pagine tabloid, doveva riproporre la formula popolare che in Italia dagli esperimenti di Costanzo e Rizzoli a quelli di Vesigna e Di Pietro, non fa che collezionare flop. La tiratura iniziale è stata di 700mila copie; il break even fissato in un primo momento a 200mila si è subito ridimensionato a 30mila. Le copie effettivamente vendute non si quante siano, perché i dati non sono mai stati diffusi: si sospetta che non raggiungessero le 10mila. Le perdite, a quattro mesi dall'uscita, ammontano a 5-6milioni di euro. L'editore Raspa, il 23 agosto: "E' chiaro che se vendiamo solo 150mila copie, si chiude". L'editoriale Nell'editoriale di presentazione I ragazzi di via Petrarca, Balletti aveva raccontato la storia dei tre ragazzini (Massimo, Antonio e Lucio) che cinquant'anni fa, a Palermo si incontravano ogni mattina alla fermata dell'autobus per andare a scuola. Con loro c'erano "Francesco e Fedele, Alberto e Marcello, due coppie di gemelli, nati in due case a pochi metri di distanza". Le male lingue hanno subito letto in quegli ammiccamenti almeno il cognome dei Dell'Utri. Quell'infanzia dopo mezzo secolo, scriveva Balletti, diventa Fatti Nuovi. "Quei tre bambini hanno scoperto che rinnovare insieme le speranze, le paure, i dolori e le gioie dell'infanzia, preserva dai mali incurabili dell'arroganza, dell'ipocrisia, del cinismo e della menzogna. Ci sentiamo dall'altra parte. Sostenitori del confronto e della schiettezza. Dalla parte della pietà e della volontà di trasparenza. Questo è il nostro manifesto politico". La trasparenza Ore di ansia per i redattori di Fatti Nuovi. Se direttore e vice direttore sono sotto contratto con la Nuova Stampa Popolare, tutti gli altri giornalisti dipendono dalla FollowMe, società "che realizza prodotti editoriali" e di cui per esempio non c'è traccia sul sito ma che ha lo stesso indirizzo di Nuova Stampa Popolare, via Francesco Dall'Ongaro. E' lì che lavora pure la redazione di Fatti Nuovi. Le lettere di assunzione sono però finalizzate al progetto del quotidiano. Chi edita cosa e in che misura? Maino e Raspa che hanno avuto ruoli nel consiglio di amministrazione dell'Hdc di Luigi Crespi (su quel fallimento pende ora un'inchiesta per bancarotta fraudolenta), sono soci di controllo della FollowMe con Ubaldo Livolsi. C'è preoccupazione anche per il fatto che in tutto i dipendenti sono meno di 15, meno cioè del totale previsto per applicare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e licenziare così senza nemmeno bisogno della giusta causa. L'editore Quanto a Raspa, vanta numerose esperienze editoriali da Sicilia Informazioni al Giornale d'Italia alle iniziative speciali Mondadori. Ha fondato e chiuso Il Vespro, casa editrice dai titoli roboanti. E' finito in manette per malversazione nell'ambito di un'inchiesta per presunti illeciti bancari come vice presidente della Cassa Rurale e Artigiana di Palermo. Era il 1981: secondo l'accusa gli amministratori della banca, con un vorticoso giro di assegni e la concessione di crediti di difficile esazione avrebbero creato uno scoperto di circa tre miliardi di lire. L'allora giudice istruttore Paolo Borsellino lo accusò di concorso in truffa aggravata per la vicenda di Giancarlo Parretti e dei Diari. Raspa, infatti, era anche amministratore di un consorzio di cooperative tipografiche dove venivano stampate le edizioni siciliane dei quotidiani di Parretti. Nel '98, poi, Raspa è finito indagato per concorso in falso in bilancio con Dell'Utri e Paolo Berlusconi per la vicenda Publitalia '80. In Hdc arriva nel 2002, in tempo per occuparsi come amministratore delegato di Fininternet, uno dei tanti rami della holding, della chiusura di .Com, il quotidiano diretto da Emanuele Bruno. Pubblica anche un libro di racconti dal web per i tipi di .Com, Non è tutto da buttar via (Milano, 2002). Sarà l'unico titolo di una casa editrice morta in partenza. La fine Dal primo gennaio, senza che nessuno avvertisse la redazione, Fatti Nuovi non è più in edicola. La fine era prevedibile? Fabrizio Perretti, docente di economia della comunicazione alla Bocconi, all'International Herald Tribune aveva profetizzato: "Sono certo che il mercato non è tale da sostenere questo tipo di quotidiano. C'è troppa competizione e non credo che ci saranno abbastanza lettori per sostenere l'iniziativa". Senza nulla togliere alla libertà d'impresa, possibile che in Italia si aprano e chiudano giornali come fossero porte? Il rischio imprenditoriale, in casi come questi, ricade alla fine sulle spalle dei giornalisti e in ultima analisi su quelle dell'Inpgi. Per fare il panettiere occorre una licenza; chi si spaccia per giornalista e non lo è rischia una denuncia penale. Perché un editore ha diritto di improvvisare? Olga Piscitelli

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