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Associazioni 19 Lug 2017

Libero chiude la redazione di Roma, Stampa Romana: «Un ulteriore schiaffo alla Capitale»

«Il tavolo sindacale nazionale per gestire la chiusura della redazione e il conseguente trasferimento di 14 colleghi a Milano si è chiuso senza accordo. L'azienda, pur spostando al primo ottobre la data del trasferimento, ne ha ribadito l'ineludibile necessità  editoriale», spiega il sindacato regionale.

Il tavolo sindacale nazionale per gestire la chiusura della redazione romana di Libero e il conseguente trasferimento di 14 colleghi a Milano si è chiuso senza accordo. L'azienda, pur spostando al primo ottobre la data del trasferimento, ne ha ribadito l'ineludibile necessità editoriale. A questo ha aggiunto un rifiuto nell'indicare condizioni del trasferimento che determinassero il consenso dei giornalisti.

A dare la notizia è la segreteria dell’Associazione Stampa Romana, che riverisce di aver contestato le ragioni della chiusura della redazione romana e spiega: «Un quotidiano, che ha fatto del racconto senza veli del Palazzo il suo asset principale, a pochi mesi dalle elezioni politiche decide di silenziare il Palazzo, sottraendolo al racconto e alla presenza professionale dei colleghi. L'azienda così non tiene conto delle storie professionali di colleghi coltivate e maturate nella Capitale e dalla rilevanza del racconto del Paese da Roma».

Inoltre, «di fronte al tentativo del sindacato – prosegue la nota – di indicare per tutta la platea rappresentata una modalità di esercizio della prestazione lavorativa che potesse essere svolta anche in remoto da Roma, pur con sede di lavoro a Milano, azienda e direttore hanno saputo dire sempre e solo no. L'ineludibile necessità organizzativa si scontra con la storia del giornale e con la sua recente cronaca quando, nell'azzerare la solidarietà quattro mesi fa, l'azienda ribadiva di non voler chiudere il presidio della Capitale».

Il sindacato regionale conclude dunque: «Questi continui cambiamenti di prospettive e scenario potrebbero nascondere altri obiettivi, made in Angelucci, proprietari del Tempo. Certamente non rassicurano i colleghi sulla solidità del nuovo progetto editoriale. Quando l'obiettivo è recuperare 5mila copie vendute sarebbe stato normale e corretto lavorare con il consenso di tutta la redazione per fare squadra e non con una riorganizzazione calata dall'alto e per nulla condivisa».

L’Associazione di Stampa assicura che continuerà a seguire la vicenda, offrendo puntuale assistenza ai colleghi.

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