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Un momento della manifestazione al Pan di Napoli (Foto: @sgcampania)
Manifestazioni 25 Apr 2018

Libertà  di stampa, la Fnsi lancia da Napoli due iniziative nazionali contro lavoro precario e 'bavagli'

Sindacato e Ordine, nazionali e regionali, insieme con Articolo21 Campania hanno festeggiato la Liberazione davanti alla Mehari di Giancarlo Siani. «La stampa in Italia è formalmente libera, ma i giornalisti devono combattere», dice il segretario Lorusso. Giulietti: «Incontro urgente con il presidente Mattarella». Verna: «Fronte comune del giornalismo contro minacce e precarietà ».

«La stampa in Italia è formalmente libera, ma i giornalisti devono combattere». Al presidio organizzato da Sindacato e Ordine dei giornalisti e da Articolo21 a Napoli, davanti alla Mehari di Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra, Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana annuncia due manifestazioni nazionali che saranno organizzate in nome della libertà di stampa.

«La prima si terrà a Milano e il tema sarà il contrasto al lavoro precario – dice – la seconda a Napoli, a giugno, contro il bavaglio alla stampa». L'obiettivo è portare avanti la battaglia contro ogni forma di bavaglio, come lo sono – dice il sindacato – anche le querele temerarie contro i giornalisti. «Nella passata legislatura – afferma Lorusso – proposte di legge a tutela della stampa sono state scientificamente fatte naufragare, come, per esempio, quella che puntava al contrasto del precariato, altra debolezza del nostro mestiere».

«I bavagli non vanno bene mai», dice Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, che rilancia da Napoli la richiesta di «un incontro urgente con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e con i presidenti di Camera e Senato», perché «siamo di fronte ad una emergenza democratica».

«Ogni testata data a un giornalista – dice – è una testata all'articolo 21 della Costituzione». Sotto attacco non sono solo i giornalisti, ma la libertà di informazione, per «minacce crescenti a cielo aperto. È diventato normale prendere i giornalisti a testate, schiaffi, rivolgere loro minacce – afferma Giulietti –. Ci sono decine di casi, non dobbiamo solo parlare dei 19 che sono sotto scorta, sono tantissimi quelli che rischiano e non dobbiamo lasciarli soli».

«È sacrosanta la scorta delle forze dell'ordine – sottolinea ancora il presidente Fnsi – ma c'è un punto fondamentale: la scorta mediatica». Va acceso «un riflettore collettivo su queste vicende, sui covi da cui partono le minacce. Chi minaccia deve sapere che è proprio lì che arriveranno obiettivi, telecamere, giornalisti».

«Chi querela un giornalista molesta il diritto di cronaca – aggiunge – e dovremmo prevedere che il querelante che perde lasci metà dei soldi a un fondo per il precariato. Sono anni – conclude Giulietti – che non si organizzava una manifestazione con tutti gli organi di categoria nel giorno della Liberazione. Avevamo sempre aderito alla manifestazione di qualcun altro».

«Un fronte comune del giornalismo contro minacce, bavagli», ribadisce Carlo Verna, presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti. «Non è un caso se a difesa della libertà di stampa – afferma – abbiamo scelto il posto dove è conservata la Mehari di Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra per il suo lavoro. È una macchina che abbiamo nel cuore e che ci porta in giro a raccontare questo mestiere. Dobbiamo essere tutti uniti – ha aggiunto – contro la precarietà che si salda con le minacce fisiche e morali. Dobbiamo resistere per rilanciare il ruolo dell'informazione».

«Abbiamo scelto la ricorrenza della Liberazione per il suo alto valore simbolico. Durante l'oppressione del regime fascista, a due anni dell'assassinio di Giovanni Amendola e a quattro da quello di Giacomo Matteotti, Mussolini diceva che la stampa italiana era la più libera del mondo intero. Per fortuna oggi abbiamo la Costituzione a garantire la libertà di espressione, ma ci sono ancora forti limiti alla libertà di informazione. Dati del ministero dell'Interno indicano la Campania tra le regioni più colpite dalle minacce e dai reati contro i giornalisti», evidenzia Claudio Silvestri, segretario del Sindacato unitario dei giornalisti della Campania.

«A Caserta – afferma – ci sono 4 giornalisti sotto scorta armata e solo 10 denunce per minacce in tre anni. Questo significa che la camorra è riuscita a mettere a tacere i giornalisti. Dobbiamo essere presenti, essere uno stimolo – conclude – anche a partire da eventi come questo perché viene messo in discussione il diritto di cronaca».

Per Ottavio Lucarelli, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Campania, quello delle minacce ai cronisti «è diventato, purtroppo, un fenomeno diffuso. A questo fenomeno – dice – dobbiamo opporre una scorta mediatica, la viva cronaca dei fatti, tornare nei luoghi di cui si racconta senza timori». A legislazione vigente, ricorda infine Lucarelli, «è ancora previsto il carcere per i giornalisti. Una cosa alla quale dire un secco 'No'».

«'Chi dimentica diventa il colpevole'. Con questo slogan Imbavagliati, Festival Internazionale di Giornalismo Civile, che organizziamo insieme con Articolo21 da tre anni, cerca di dare voce ai quei coraggiosi giornalisti, che nei loro paesi hanno sperimentato il bavaglio della censura e la persecuzione di regimi dittatoriali, ma nonostante questo hanno messo in pericolo la loro vita per poter parlare, raccontare, denunciare», dice Desirèe Klain, coordinatrice per la Campania di Articolo21. «Proprio per non dimenticare, davanti alla Mehari di Giancarlo Siani, simbolo della manifestazione per la libertà di stampa, ogni mese, dal 14 ottobre, organizzano un sit-in, per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni; il giovane ricercatore italiano, torturato e ucciso in Egitto due anni fa. Una significativa iniziativa, che dà seguito all’appello lanciato dai genitori di Regeni, durante l’ultima edizione della manifestazione contro i bavagli. È sempre importante aprire una luce, una scorta mediatica, anche per i tanti giornalisti minacciati in Campania, come Giuseppe Bianco, Stefano Andreone. Invito tutti, attraverso i social, a rilanciare le loro inchieste. A non lasciarli soli in questa difficile battaglia. Anche questo vuol dire Resistenza». (Da www.sindacatogiornalisti.it)

@fnsisocial

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