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Omar Faruk Osman tra Shukri Said e Raffaele Lorusso
Internazionale 22 Giu 2018

Somalia, Omar Faruk Osman lancia l'allarme: «La libertà  di stampa è ancora sotto attacco»

Il segretario generale del Sindacato somalo, ospite nella sede della Fnsi, dipinge un Paese tra luci e ombre, con le uccisioni e gli arresti di giornalisti che diminuiscono, ma dove i media continuano a subire forti pressioni anche dal nuovo governo. E sul caso Alpi-Hrovatin dice: «Forse solo un'azione congiunta fra i nostri due Paesi potrebbe servire ad ottenere nuove prove».

Trasparenza nei finanziamenti ai media. Basta impunità per chi colpisce i giornalisti. Una nuova legge sulla stampa meno oppressiva. Omar Faruk Osman, segretario generale del Sindacato dei giornalisti somali, è chiaro e determinato nel delineare le priorità della categoria in Somalia. Dove, se è vero che si muore di meno rispetto al passato, ancora non si può parlare di un sistema dell'informazione davvero libero.

Con il nuovo presidente, Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, insediatosi un anno e mezzo fa, il Paese ha intrapreso un percorso per garantire maggior rispetto dei diritti fondamentali come quello d'espressione, «ma i pericoli per i cronisti non sono finiti. Abbiamo una legge sulla stampa ancora draconiana e repressiva e il cambiamento è frenato dalla corruzione e dal senso d'impunità», ha detto Osman durante la conferenza stampa organizzata in Fnsi per parlare di libertà di stampa e sicurezza dei giornalisti in Somalia.

«La libertà di stampa è ancora sotto attacco e il disegno di riforma dell'editoria mantiene 16 articoli della legge precedente, che impone un sistema repressivo, in contrasto con i principi costituzionali e il diritto internazionale», ha aggiunto. Con il rinnovo dei vertici di governo molti giornalisti incarcerati sono stati liberati e le testate costrette alla chiusura sono state riaperte. Osman si dice soddisfatto di questo esecutivo, il primo eletto dopo la lunga fase di transizione politica seguita a 20 anni di guerra civile. Resta però il problema dell'impunità: «Personaggi appartenenti al governo precedente sono rimasti al loro posto nei ministeri e nella pubblica amministrazione: si tratta di funzionari accusati non solo di ruberie e corruzione, ma anche di attacchi alla stampa».

Per questo il Sindacato sta guidando una campagna «per chiedere a Farmajo e all'attuale ministro dell'Informazione di cambiare le cose. Soprattutto – incalza Osman – vogliamo partecipare alla stesura della nuova legge e chiediamo l'abolizione dell'attuale sistema di concessione dei fondi pubblici all'editoria: un sistema sbagliato, perché consente allo Stato di controllare il lavoro dei giornalisti e applicare la censura». I fondi, spiega, vengono attribuiti o revocati in modo discrezionale: «Se un articolo è critico nei confronti del governo, la testata riceve pressioni al punto che il pezzo può essere rimosso e il giornalista licenziato».

Poi c'è il problema del salario minimo: «Non solo in editoria, ma anche in altri settori non c'è un contratto nazionale. Per questo, assieme alle altre sigle, stiamo chiedendo di fissare la soglia minima di retribuzione a 150 dollari al mese. Oggi un cronista prende tra gli 8 e i 20 dollari, un direttore 600».

E il tema della sicurezza: «Mogadiscio è più sicura, ma gli attacchi degli Al-Shabaab non si sono fermati. Non siamo ai livelli degli anni precedenti, ma anche nell'ultimo anno quattro giornalisti sono stati uccisi, tre di loro in attacchi bomba. E ci sono aree del Paese dove si registrano ancora arresti arbitrari e due emittenti televisive sono state costrette a chiudere», racconta il sindacalista.

Secondo il segretario del sindacato africano, la partita per questo nuovo governo si gioca nei prossimi due anni. «Servono importanti riforme prima delle elezioni del 2020 o 2021. Una di queste riguarda l'indipendenza del potere giudiziario. Di recente – spiega – il capo della Corte suprema è stato licenziato e sostituito con un giudice di 36 anni. Si tratta di una persona senza esperienza, che non conosce l'italiano, lingua in cui sono scritte molte nostre leggi: come può amministrare la giustizia?».

Un'altra riforma necessaria riguarda l'editoria: «Abbiamo contestato anche in Parlamento la revisione della legge attuale perché alcuni articoli sono pessimi. Si chiede ad esempio che non esistano le associazioni della stampa senza il permesso del governo. Noi invece abbiamo bisogno di sindacati liberi e indipendenti. E chiediamo la revisione dei meccanismi di finanziamento ai media, di cui i giornalisti non vedono un soldo. Sono discrezionali, vanno sul conto dell'editore e sono usati come strumento di pressione e ricatto, per non far scrivere di certi argomenti. Noi chiediamo trasparenza», ribadisce.

Alla domanda, infine, se pensa che sia possibile tentare con una nuova rogatoria internazionale sul caso Alpi-Hrovatin, Osman risponde: «Si potrebbe, ma sinceramente penso sia molto difficile ottenere nuove prove. Quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi avevo 19 anni – ricorda –. La difficoltà maggiore per avere risposte è la fitta rete di protezione che esiste ancora intorno ad Ali Mahdi, allora signore della guerra di Mogadiscio nord, dove è avvenuto l'attentato. Forse solo un'azione congiunta fra i nostri due Paesi potrebbe servire ad ottenere qualcosa», conclude.

@fnsisocial

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