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Fnsi 27 Ott 2005

XXIV Congresso Straordinario della Fnsi. I pareri delle varie componenti

Le liste di "Autonomia e Solidarietà" e di "Giornalisti Uniti", gruppo che compone la maggioranza della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, hanno proposto oggi al congresso statutario della Fnsi di introdurre l’istituto del referendum sul contratto nello statuto del sindacato dei giornalisti.

Le liste di "Autonomia e Solidarietà" e di "Giornalisti Uniti", gruppo che compone la maggioranza della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, hanno proposto oggi al congresso statutario della Fnsi di introdurre l’istituto del referendum sul contratto nello statuto del sindacato dei giornalisti.

Purtroppo, i delegati delle minoranze della Fnsi hanno voluto respingere questa proposta, accampando ragioni speciose e arroccandosi su posizioni estreme con il chiaro intento di fare una polemica che nulla ha a che fare con gli interessi della categoria in questo momento. E’ con rammarico dunque che le liste di "Autonomia e Solidarietà" e di "Giornalisti Uniti" annunciano che – con 192 voti a favore, 22 contro e 40 astenuti - non è stato possibile inserire l’istituto del referendum nello statuto per il mancato consenso dei colleghi che fanno capo alle liste di "Puntoeacapo", "Senza Bavaglio", "Quarto Potere", "Stampa Democratica". Il congresso statutario ha invece approvato a larghissima maggioranza e in alcuni casi perfino per acclamazione alcune modifiche tecniche tendenti a migliorare l’attività e l’efficienza del sindacato. Tutte le componenti della Fnsi hanno comunque ribadito e confermato l’impegno unitario senza riserve e la fortissima solidarietà a sostegno delle vertenze contrattuali dei giornalisti. Comunicato di "Autonomia e Solidarietà" e "Giornalisti Uniti" STAMPA DEMOCRATICA, QUARTO POTERE, PUNTOEACAPO, MOVIMENTO LIBERI GIORNALISTI Il Congresso straordinario della Federazione Nazionale della Stampa si è concluso con un nulla di fatto sulla questione dell'introduzione nello Statuto del referendum sui contratti di lavoro. Ogni possibilità di mediazione proposta dalle opposizioni è stata rifiutata dalla maggioranza. La stessa maggioranza non è stata neanche in grado di far approvare la sua proposta di referendum-farsa dal Congresso, dove pure contava su oltre i due terzi dei delegati. Risultato: la categoria non avrà la sicurezza di potersi pronunciare sul futuro contratto dei giornalisti, nonostante l'impegno formale che si era assunta la segreteria della Fnsi. La discussione sul referendum, punto centrale del Congresso straordinario secondo quanto convenuto nella sessione ordinaria di Saint Vincent, è stata posticipata a sorpresa al pomeriggio dalla maggioranza, che ha imposto la votazione su alcuni emendamenti tecnici, in molti casi marginali, approvati con ben più dei 206 voti favorevoli necessari. Nel corso della votazione sull'introduzione del referendum, invece, la maggioranza si è sfaldata, e ha mancato per una ventina di voti l'obiettivo dell'approvazione della propria proposta. Ha quindi respinto gli emendamenti delle opposizioni, tra cui il testo presentato da Stampa democratica, Quarto potere e Puntoeacapo alla Commissione statuto della Fnsi, che si era riunita più volte nel tentativo di raggiungere un’intesa unitaria sul referendum. Un testo di estrema mediazione, che cedeva sulla forma vincolante della consultazione pur di salvarne l’obbligatorietà. Al contrario, la proposta finale della maggioranza prevedeva un’introduzione generica di referendum consultivo, delegando tutto a un fantomatico regolamento da approvarsi in sede di Consiglio nazionale. Un regolamento che avrebbe dovuto decidere se, quando, come e forse anche perché si sarebbe svolto il referendum. Le opposizioni apprezzano comunque il cambio di atteggiamento del segretario generale Paolo Serventi Longhi, che si è adoperato per trovare una formula condivisa da tutti per l'introduzione del referendum, pur avendone rifiutato quattro anni fa lo svolgimento richiesto da migliaia di colleghi in tutta Italia. Registrano peraltro l'indisponibilità di una parte della sua maggioranza a introdurre il referendum nello Statuto della Federazione, neppure nella formulazione effimera proposta dallo stesso vertice della Fnsi. Le opposizioni si augurano pertanto che la Segreteria nazionale continui sulla strada di apertura verso uno strumento di democrazia sindacale che i colleghi si aspettano venga utilizzato già a partire dal prossimo contratto di lavoro. E che decida, nonostante il risultato negativo del Congresso straordinario, di superare le pressioni interne alla propria maggioranza e di organizzare comunque il referendum nel momento della sigla dell'atteso accordo contrattuale. CONGRESSO STRAORDINARIO/Referendum picconato dalla minoranza della maggioranza (di Senza Bavaglio) Sono le piccole associazioni e le minoranze della maggioranza ad essersi opposte al referendum che invece era voluto da ampi settori della maggioranza stessa e dalle minoranze. Perché si teme di esercitare la democrazia? Perché su argomenti vitali come il contratto ci si rifiuta di consultare la base?La risposta a queste e altre domande nella cronaca del Congresso Straordinario che qui vi presenta Senza Bavaglio. ------------------------------ Eh, no, così non va! Il comunicato con cui Autonomia e Solidarietà e Giornalisti Uniti addossano alle minoranze la responsabilità di aver fatto fallire l'introduzione nello statuto della FNSI dell'istituto del referendum, non è né corretto né veritiero. A bocciare tutte le proposte portate in Congresso (anche quella sostenuta dalla segreteria) è stata la minoranza ultraconservatrice legata alla maggioranza. La mozione della maggioranza, è vero, introduceva nello statuto il referendum. Ma non chiariva né il tipo di referendum, né il momento in cui la consultazione si sarebbe dovuta tenere. Era un testo minimo (e su questo eravamo tutti d'accordo che avrebbe dovuto essere tale) ma sfuggente e sfumato. Un testo che lasciava ogni cosa nel vago e nell'incerto e affidava al Consiglio Nazionale il compito di decidere le modalità del voto: come si sarebbe dovuto tenere, chi avrebbe dovuto convocarlo, con che criteri; quale fosse il corpo elettorale (tutti i colleghi o solo quelli iscritti al sindacato? E i pensionati?); quando si sarebbe dovuto organizzare (prima della firma o, come suggerisce chiaramente il loro testo, dopo la firma e quindi dopo l'entrata in vigore del contratto?). Ecco il documento proposto dalla maggioranza: "I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo secondo le modalità previste dal regolamento". Come si vede, questa formulazione non prevedeva l'obbligatorietà del referendum, giacché il Consiglio Nazionale avrebbe potuto stabilire condizioni particolari come, per esempio, la richiesta di 5 associazioni locali come vincolo per tenere la consultazione. Cosa più grave, per noi di Senza Bavaglio, non conteneva il principio secondo cui è la bozza, l'ipotesi di accordo a dover essere sottoposta a referendum in modo tale da permettere, in caso di bocciatura, una riapertura delle trattative. Il documento di Puntoeacapo, Stampa Democratica, Quarto Potere e Movimento Giornalisti Liberi stabiliva un punto fermo chiaro: il referendum viene organizzato automaticamente, senza sì e senza ma. Sarebbe dunque stato considerato obbligatorio. Il testo però presentava una grave lacuna: lasciava nel vago il quando si sarebbe dovuto tenere il voto. Uno dei leader di Stampa Democratica aveva comunque dissipato tutti i dubbi sostenendo con chiarezza che - secondo la coalizione - la consultazione era da intendersi dopo la firma (e quindi dopo l'entrata in vigore del contratto). Maria Grazia Molinari, per l'ennesima volta, aveva spiegato come - secondo lei - un voto prima della firma e quindi quando ancora si può tornare al tavolo delle trattative e riaprire il negoziato fosse "una pistola puntata alla testa del segretario". Questa la formulazione: "I contratti nazionali di lavoro sono sottoposti a referendum consultivo. Le modalità di svolgimento sono fissate dal regolamento approvato dal consiglio nazionale FNSI" Una posizione - quella sui tempi - che Senza Bavaglio non aveva e non ha accettato. Noi abbiamo proposto di approvare un testo chiaro e senza equivoci: "Le ipotesi dei contratti nazionali di lavoro sono sottoposte a referendum. Le modalità di svolgimento della consultazione referendaria sono stabilite dal regolamento". Reso ancora più chiaro da un piccolo emendamento proposto da Corrado Giustiniani, collega di Puntoeacapo: "Le ipotesi di accordo dei contratti nazionali di lavoro sono sottoposte a referendum. Le modalità di svolgimento della consultazione referendaria sono stabilite dal regolamento". Insomma noi chiedevamo il referendum di mandato, una consultazione, cioè, prima dell'entrata in vigore del contratto stesso, rimettendo dunque al voto dei colleghi la possibilità di riaprire i giochi e permettendo al segretario di riaprire il tavolo delle trattative. Il testo proposto dalla segreteria aveva sulla carta la possibilità di raggiungere il quorum di due terzi necessario a modificare lo statuto. Eppure quel documento, pur così vago e approssimativo, ha indispettito i settori più conservatori della maggioranza che governa la FNSI, quelli, per intenderci, dei finti progressisti che mal sopportano l'esercizio della democrazia. Parliamo dei colleghi delle piccole regioni, dalla Liguria al Trentino Alto Adige, dall'Emilia Romagna al Veneto, spesso gelosi del loro potere. Così la modifica statutaria proposta dalle liste di Autonomia e Solidarietà e Giornalisti Uniti non è passata. Il Segretario Generale, Paolo Serventi Longhi, e il Presidente, Franco Siddi, sono stati traditi dai loro stessi amici. Sia Paolo sia Franco si sono comportati da gentiluomini nei nostri confronti e loro stessi hanno ammesso di non poter fare di più; di dover fare i conti con quanti - tra di loro - sono contrari a ogni sorta di referendum. Ma chi sono questi? Per esempio quelli che non sono venuti del tutto al congresso (e si sapeva in anticipo che la presidenza avrebbe concesso di sostituire quanti impediti a parteciparvi) o quelli che sono corsi in bagno e nella hall dell'albergo poco prima del voto. E poi quel delegato del Trentino Alto Adige - regione fedelissima alla maggioranza - che si è astenuto (assenza e astensione valgono come voti contrari). E coloro che nella delegazione di Trieste o si sono astenuti (2) o hanno addirittura votato contro (4). Sia il segretario generale sia il presidente non hanno nascosto le loro simpatie per la mozione di Senza Bavaglio. Alla fine abbiamo anche proposto di adottare il testo della maggioranza (quello senza punto in mezzo e con l'aggettivo consultivo, per intenderci) purché si parlasse di "ipotesi di accordo di contratto" e non semplicemente di contratto. Ringraziamo i colleghi Corrado Giustiniani e Fabio Morabito di Puntoeacapo che, al microfono, si sono espressi a favore del referendum prima della chiusura del contratto. La nostra proposta ha preso 16 voti, ben otto in più dei colleghi (sette di Milano e uno di Roma) che facevano riferimento alla nostra lista. Ringraziamo anche i colleghi di Milano - maggioranza e minoranza - che sul documento di Senza Bavaglio si sono astenuti. Certo, sappiamo che l'astensione vale un voto contro, ma è rilevante che la maggior parte dei colleghi di Nuova Informazione (così si chiama Autonomia e Solidarietà a Milano), Stampa Democratica, Quarto Potere, Impegno Sindacale e Giornalisti Liberi abbia compreso che non abbiamo fatto il gioco di nessuno. Non è forse importante aver messo assieme colleghi spesso così divisi su tante cose? I lombardi sulla nostra proposta hanno votato: 7 sì (i nostri delegati), soltanto 3 no, e ben 30 astenuti. Siamo soddisfatti di questo risultato. Attenzione; non ce ne prendiamo il merito. Il merito va invece attribuito ai colleghi che, accantonando divisioni talvolta incomprensibili, abbandonando schieramenti precostituiti, si sono astenuti. Il compito di Senza Bavaglio è questo: mettere assieme le forze disposte ad affrancarsi dalle logiche di corrente e sensibili ai contenuti e non agli schieramenti. E su questa linea (ripetiamo, lotta sui contenuti e scioglimento degli schieramenti) il gruppo di Senza Bavaglio è disposto a impegnarsi in un confronto per rimettere insieme il sindacato della Rcs, dilaniato da lotte interne. Spiace dirlo, ma Roma non ci ha capito. Intruppata a difesa coriacea di una formulazione insulsa, ha votato in grande misura contro la nostra proposta. Perché? Ci può spiegare per esempio Silvia Garambois, perché è contraria a votare la bozza di contratto prima che il contratto stesso entri in vigore? Che cos'è che le fa paura in quest'esercizio di democrazia? E se non vuole spiegarlo a noi perché non lo spiega almeno ai colleghi soci della Romana? Assieme al collega indipendente, che ha partecipato ai lavori nella delegazione di Senza Bavaglio, altri 4 colleghi del Lazio (tutti di Puntoeacapo) hanno votato a favore. Solo 11 si sono astenuti. Grazie anche a loro. Ben 25 hanno votato contro. Grazie senza riserve ai 4 torinesi che si sono espressi a favore. Hanno capito che c'è bisogno di una svolta chiara e netta. Favorevoli alla proposta della segreteria, i delegati di tutte le piccole associazioni (tranne appunto quelli che non c'erano, quelli che si sono astenuti e quelli che hanno votato contro) come i calabresi, guidati da Carlo Parisi. Riportiamo, per dovere di cronaca, colto al volo, un garbatissimo e colorito commento su Senza Bavaglio ("Alberizzi la deve smettere di rompere la minchia!"). Chissà come non hanno mai usato un'espressione del genere contro il loro ex capo, Raffaele Nicolò, colto con le mani nel sacco all'INPGI. Questi, cari colleghi, i fatti. Speriamo di non avervi tediato troppo, ma volevamo mostrarvi tutte le facce della realtà. Senza Bavaglio

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