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Osservatorio sui media 06 Lug 2005

Contrasti tra azienda e direttore sull'indirizzo politico? Gavazzi: "Facciamo nostro il pensiero di Einaudi e inseriamo norme statutarie a tutela dei direttori"

In un articolo pubblicato su Foreign Affaire nell’aprile del 1945, Luigi Einaudi scriveva: "Il Direttore dovrebbe essere l’unico responsabile dell’indirizzo politico, economico, finanziario e generale del giornale.

In un articolo pubblicato su Foreign Affaire nell’aprile del 1945, Luigi Einaudi scriveva: "Il Direttore dovrebbe essere l’unico responsabile dell’indirizzo politico, economico, finanziario e generale del giornale.

(Astro9colonne) - Roma, 6 lug - In un articolo pubblicato su Foreign Affaire nell’aprile del 1945, Luigi Einaudi scriveva: "Il Direttore dovrebbe essere l’unico responsabile dell’indirizzo politico, economico, finanziario e generale del giornale. Una volta nominato non dovrebbe essere licenziato, né dovrebbe subire limitazioni senza il consenso di un comitato di fiduciari (Board of Trustees) composto da uomini di sicura stima". In Italia i giornali appartengono a società quotate: non è evidentemente possibile imporre vincoli particolari, al di là di quanto previsto dal Codice civile. E tuttavia vi è una via per indurre la proprietà di un giornale ad adottare liberamente quanto proponeva Einaudi. La illustra, sul sito di analisi economica “la voce.info”, Francesco Gavazzi, economista e commentatore del Corriere della Sera. “La Legge 7 marzo 2001, n. 62 – scrive Giavazzi - prevede vari sussidi per le società che pubblicano quotidiani, nella forma di agevolazioni fiscali e di un contributo per l’acquisto della carta. Per far fronte agli oneri previsti nella legge venivano stanziati, per il solo 2003, circa 50 milioni di euro, una somma non grande, ma neppure trascurabile. E’ difficile giustificare questo contributo e sarebbe meglio cancellarlo: se infatti si accettasse il principio che le aziende che producono beni definibili "pubblici" meritano un sussidio dello Stato, si formerebbe subito una lunga coda davanti alle porte del Parlamento. Ma fintanto che il contributo esiste almeno potrebbe essere usato con intelligenza, riservandolo a quei quotidiani che introducano negli statuti delle società che li possiedono, regole simili a quelle suggerite da Einaudi. E’ evidente che queste regole potrebbero essere facilmente cancellate da un nuovo proprietario. Egli perderebbe il contributo pubblico, ma questo potrebbe valere meno della possibilità di nominare un direttore "amico". E tuttavia in questo modo si introdurrebbe un po’ di sabbia nel meccanismo rendendo almeno più trasparenti i motivi che inducono un proprietario a sostituire il direttore”.

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