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Associazioni 06 Ago 2008

Assostampa dell’Emilia-Romagna, il presidente Galba: “Il settimanale Qui magazine - la voce di Ravenna, una coop che non ci convince” Lettera ai direttori de "il Manifesto"

Il Presidente dell’Associazione Stampa dell’Emilia-Romagna Camillo Galba ha inviato ai Direttori de “il Manifesto”, Mariuccia Ciotta e Gabriele Polo, la seguente lettera:

Il Presidente dell’Associazione Stampa dell’Emilia-Romagna Camillo Galba ha inviato ai Direttori de “il Manifesto”, Mariuccia Ciotta e Gabriele Polo, la seguente lettera:

Cari Direttori, ho letto sul “Manifesto” di martedì 5 agosto l’intervento del direttore del settimanale “Qui Ravenna” Salvatore Sangermano e debbo dire che trovo offensivo che si lamenti chi da anni viola le regole e ha deciso di non applicare ai propri giornalisti il contratto nazionale di lavoro giornalistico firmato dalla Fnsi, di cui auspica, non capisco con quale fino, il rinnovo. Sangermano, che in passato ha editato anche un quotidiano tra mille violazioni contrattuali, dovrebbe rispondere prima di tutto ai propri giornalisti, alcuni dei quali sono stati indotti ad andarsene per non dovere sottostare ai voleri di un editore che ha cancellato dalla propria impresa ogni forma di contratto giornalistico e lo ha sostituito con contratti che nulla hanno a che fare con la professione giornalistica. Il Sindacato dei giornalisti, nei giorni scorsi, ha sottolineato il pericolo derivante dai tagli all’editoria che il Governo sta decidendo e ha chiesto che tali norme fossero riviste per garantire quel pluralismo di voci che i tagli metterebbero certamente in discussione. Ma è altrettanto certo che il Sindacato dei giornalisti italiani chiede che tutti facciano la propria parte e che delle provvidenze pubbliche possano beneficiare le aziende che fanno informazione nel pieno rispetto delle regole, a cominciare dall’applicazione del contratto di lavoro per i giornalisti che operano in quelle stesse aziende. Pubblichiamo il testo dell’articolo apparso su “il Manifesto” de il 5 agosto 2008: «Qui magazine», la voce di Ravenna adesso a rischio «L'impresa cooperativa non divide utili ma tenta di creare ricchezza per le generazioni future» di Salvatore Sangermano* Si è appena concluso il compleanno per i 15 anni di attività del settimanale della provincia di Ravenna Qui Magazine, testata che conta oltre 6500 copie vendute per abbonamento e nelle oltre 250 edicole presenti su tutto il territorio provinciale. Si tratta quindi di un settimanale ben radicato sul territorio, edito da una cooperativa di giornalisti, con una decina di dipendenti e vari collaboratori. Il quadro generale, però, è un altro. Negli ultimi sette anni è lungo l'elenco delle difficoltà che il settore si è trovato ad affrontare. Si va dai disagi del mercato pubblicitario (sbilanciato sul versante delle televisioni), ai costi di diffusione; dall'incertezza delle spese postali ai dubbi che pesano sui contributi e sulla loro erogazione, fino ai provvedimenti di recupero retroattivo che hanno sanato il pasticcio del 2003 e del 2004 ma non quello del 2002 (con le conseguenze che tutti possono ben immaginare). Se questo non bastasse, ora il decreto Tremonti taglia, tramite l'articolo 44, il diritto soggettivo ai contributi diretti (cooperative, giornali di partito e non profit) a scapito della democrazia e del pluralismo dell'informazione, fortemente sbilanciati sulle televisioni e sui giornali dei grandi gruppi. Queste importanti testate - come se davvero ne avessero bisogno - si vedono confermato il 100% dei contributi indiretti, vale a dire agevolazioni postali e telefoniche per gli investimenti. L'impresa cooperativa non divide utili ma tenta di creare ricchezza per le generazioni future: tutte le riserve infatti non vengono ripartite tra azionisti / soci, ma rimangono a disposizione per il futuro. Ecco perché occorre attenzione verso queste forme di impresa, garantendo certezze. Quello che si chiede è di garantire il diritto soggettivo attraverso una riforma certa del settore, oltre a ribadire che ogni provvedimento non può essere retroattivo. Se così fosse, l'unico risultato certo che si otterrebbe sarebbe quello di far saltare le imprese. Colgo infine l'occasione di quella che a tutti gli effetti appare come la cancellazione del pluralismo della carta stampata per ribadire la necessità dell'istituzione di un contratto di lavoro giornalistico. E' indispensabile che il nuovo accordo tenga conto delle piccole testate, dei settori cooperativi e dei non profit. Se quanto stabilito in quest'ultimo decreto rimanesse valido, la chiusura per noi e molte altre testate periodiche sarà inevitabile. Allora addio pluralismo e addio democrazia. In questo caso potranno sopravvivere solo i grandi editori: in fondo, non è forse il compimento di quello che da alcuni anni la politica persegue? *direttore del settimanale Qui Magazine provincia di Ravenna

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