CERCA
Cerca nelle notizie
Dal
Al
Cerca nel sito
Parlamento 12 Giu 2008

Intercettazioni, Articolo21: “Con le nuove norme sarà fantacronaca” Natale: “Rinnoviamo l’appello al dialogo tra maggioranza e opposizione” Siddi: “Raccogliere la sfida della responsabilità, difendere il

Una fantacronaca in cui raccontare un fatto, magari quello di questi giorni della clinica Santa Rita di Milano, applicando però le norme che uscirebbero dal nuovo provvedimento in materia di intercettazioni che sarà presentato domani dal governo. È la proposta ai direttori dei giornali, per far capire la reale portata di un provvedimento 'bavaglio', lanciata da Giuseppe Giulietti per l'associazione Articolo 21.

Una fantacronaca in cui raccontare un fatto, magari quello di questi giorni della clinica Santa Rita di Milano, applicando però le norme che uscirebbero dal nuovo provvedimento in materia di intercettazioni che sarà presentato domani dal governo. È la proposta ai direttori dei giornali, per far capire la reale portata di un provvedimento 'bavaglio', lanciata da Giuseppe Giulietti per l'associazione Articolo 21.

L'associazione oggi ha riunito, in una conferenza stampa alla Camera, esponenti del mondo politico e del settore delle comunicazioni, come il presidente della Fieg, Boris Biancheri, il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, il presidente della Fnsi, Roberto Natale. ''Per far capire i veri termini della questione, che non è certo in difesa del cittadino ma di alcuni privilegi'', ha spiegato ancora Giulietti. Insieme, come ha chiesto il senatore Pd Vincenzo Vita, ''i pezzi reali della società e la politica si possono collegare in un percorso di battaglia''. Il presidente della Federazione degli editori, Biancheri, come quello del sindacato dei giornalisti, Natale, dicono di voler aspettare di vedere domani il contenuto del testo. Ma l'opposizione di principio c'è in quanto, sottolinea Biancheri, ''si prende di mira chi fa solo il suo dovere'', convinto che ''non può essere questo il rimedio del problema, se il problema c'è''. Per Biancheri ''la questione è complessa perché ci sono aspetti di responsabilità morale e aspetti giuridici. Sui secondi - ha spiegato ancora - attendo di vedere nel dettaglio il provvedimento perché sono state dette molte cose. Esiste certo un problema di responsabilità a tutti i livelli'', ma a suo avviso ''l'idea di cavarsela con le sanzioni per i giornalisti che scrivono e gli editori che pubblicano è priva di senso. È come punire l'autista dell'autobus che porta via il ladro''. Così, per quanto riguarda il sindacato, ''la reazione sarà decisa dopo aver visto il provvedimento''. Vagliando anche l'ipotesi di sciopero come, ha ricordato Natale, fu valutata e realizzata nel caso del ddl Mastella sullo stesso tema. ''Anche in passato - ha sottolineato Natale - abbiamo auspicato che fosse nella capacità di giudizio dei giornalisti la selezione di cosa pubblicare e cosa no. Come Fnsi quindi rinnoviamo l'appello della giunta al governo, alla maggioranza e all'opposizione, a riflettere, moderare, aprire un confronto''. E Natale lancia anche un appello ai direttori di tg e stampa perché raccontino ai lettori come stanno veramente le cose. Che non si tratti di difesa della privacy, spiega Del Boca, ''si capisce vedendo ad esempio che solo il 10% di tutto quello che è stato pubblicato negli ultimi mesi in materia di intercettazioni è censurabile. Qui occorre uno sforzo non di legge ma di coscienza dei giornalisti''. Piuttosto, come ha detto il senatore del Pd Roberto Zaccaria, ''è la difesa di un triplo diritto costituzionale: giustizia, riservatezza e informazione, sono questi i tre paletti costituzionali che non devono essere toccati''. Per il senatore Pd Felice Casson, ''non si può scaricare ogni responsabilità sull'anello finale della catena, i giornalisti''. Mentre Gianrico Carofiglio, sempre del Pd, parla di ''disegno eversivo perché limita le possibilità di intervenire contro l'illegalità''. La prima reazione, per Nicola Tranfaglia, dovrà essere quella dei tg che si devono unire al coro dei giornali contro il provvedimento. (ANSA) Sulla questione interviene anche il Segretario generale Franco Siddi Come si può far credere che le intercettazioni della magistratura siano davvero il problema centrale per la tranquillità del Paese? Salvo prove contrarie, la magistratura ordina indagini e intercettazioni verso delinquenti abituali o fortemente sospettati di esserlo. E tra questo ci sono terroristi, camorristi, mafiosi e aspiranti tali, ma loro simili con camicia griffata o in camice bianco che amano rischiare ai limiti o fuori dalla legge in campo finanziario o peggio sulla salute di ignari cittadini. Gli esempi non mancano. Tre giorni fa magistratura e Guardia di Finanza hanno scoperto un gravissimo caso di malasanità, indagando su morti sospette in una clinica privata. I finanzieri hanno dichiarato che senza le intercettazioni mai si sarebbe potuto trovare il bandolo di una matassa intricata, per quanto la conclusione spetti alle sentenze dei giudici. I giornalisti e i giornali ne hanno dato conto, riferendo giustamente, anche di intercettazioni disponibili che aiutano a capire il caso in tutta la sua enorme delicatezza. Gli inquirenti, in questo caso, hanno potuto indagare utilizzando strumenti appropriati. I giornali hanno potuto darne conto assicurando il diritto dei cittadini a sapere, a conoscere fatti sui quali non solo formarsi liberi convincimenti ma anche promuovere le necessarie correzioni di rotta. La Fnsi con i giornalisti italiani si sono detti pronti ad accettare la sfida della responsabilità e della riforma profonda dei loro strumenti e di quelli di garanzia dei cittadini rispetto all’informazione. Al Governo, alla maggioranza e all’opposizione, la Giunta della Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha rivolto l’invito alla riflessione, alla moderazione, all’apertura immediata di un confronto riformatore. Ogni altra strada non potrà che essere giudicata una scelta autoritaria da contrastare con la più chiara determinazione. A tutti i giornalisti italiani e ai loro direttori agli editori che hanno espresso preoccupazione per quando sta accadendo in questi giorni, un appello a far emergere con chiarezza nelle pagine di informazione scritta o radiotelevisiva e telematica i nodi essenziali delle questioni in discussione, perché la forza dei fatti valga più di qualsiasi comunicazione di propaganda o di convenienza politica. Con la legge che si sta immaginando in questi giorni, con una proposta del Governo che segue la scia aperta dal precedente esecutivo Berlusconi e già enormemente appesantita dal ddl Mastella del Governo Prodi, in un’escalation che passa da destra a sinistra e di nuovo a destra ora si parla di manette e di carcere duro per i giornalisti che si azzardino a guardare come procedono le inchieste, anziché luce, su vicende come quelle delle indagini su mala sanità ci sarebbe ancora il buio. È fin troppo facile capire dove stia la questione centrale del diritto dei giornalisti a cercare e proporre lealmente notizie al pubblico e del dovere dei cittadini a conoscere fatti rilevanti per la loro vita personale e collettiva, per la formazione di una libera coscienza pubblica sulle cose che contano. Basta questo per dire no alla piega che sta prendendo la questione politica delle intercettazioni verso norme bavaglio e intimidatrici, nel migliore dei casi generatrici di gravi autocensure. È lecito sanzionare gli abusi preordinati, i falsi costruiti ad arte, quando e se ci sono, ma è inaccettabile qualsiasi divieto a pubblicare notizie che disturbano solo perché provenienti da atti di intercettazioni che, semmai, altri non i giornalisti debbono custodire. Di notizie si parla quando si deve parlare di informazione e di giornalisti, che hanno, per legge, l’obbligo di tenere riservata la fonte se essa ha carattere fiduciario. I giornalisti reclamano questa sfera di libertà per il loro lavoro, per indirizzarlo correttamente verso l’interesse pubblico del diritto di informazione, non per promuovere campagne precostituite di offesa o demolizione delle persone. E ricordiamoci: tra gli intercettati della magistratura non c’è la povera gente. Nella rete d’ascolto, è vero, ci finisce anche chi non ha nulla da nascondere, ma qui occorre richiamare le regole che già esistono perché l’esercizio dell’attività professionale d’informare il pubblico sia svolto con i criteri della responsabilità e della lealtà nel rispetto massimo della dignità delle persone, nel rispetto del codice deontologico approvato della Garante della privacy. C’è stato qualche abuso, qualche errore voluto, qualche eccesso? S’intervenga e se le norme che abbiamo non hanno funzionato per colpa si intervenga dove occorre. E se le nome hanno fatto il loro tempo si aggiornino! Ma non si facciano leggi nuove che colpiscono tutti per non avere il coraggio di scoprire i cialtroni, per fortuna minoranze, che ci sono dappertutto. Costa tanta fatica pensare a un Giurì per la lealtà dell’informazione e riformare i meccanismi della magistratura deontologica, oggi dell’Ordine professionale? Forse così si ottengono meno effetti speciali, meno titoli in prima pagina ma questo lavoro sarebbe sì liberale e riformatore. Governo e parlamento abbiano sensibilità e coraggio per affrontare le sfide vere delle riforme che diano un significato alto e realmente liberale alla politica e alla qualità della nostra vita democratica. A questa sfida siamo pronti, sapendo che agli impuniti di ogni luogo non piace lavorare su un terreno di questo tipo. È un lavoro che richiede sacrificio e fatiche supplementai. Ma in democrazia le riforme non si fanno con il sentimento della vendetta, che è colpa grave se esercitata da chi ha potere più di altri. Non servono bavagli ma più informazione, giusta e pulita. Servono giornalisti messi in condizione di esercitare al meglio la loro funzione. Vale anche per la politica che non può pensare di aver più credito invocando una stampa amica o pretendendola piegata o al massimo tollerandola schierata, un po’ di qua e un po’ di là; magari per una “grande intesa” più o meno dichiarata. Non giornalisti amici ma giornalisti liberi! È un’istanza da sopprimere, questa? No. Senza scomodare Thomas Jefferson, se proprio questo Paese lo si vuol portare indietro al XIX secolo almeno ci si attesti a Cavour, per il quale (eppure era statista e uomo di potere) era preferibile una crisi di governo alla censura della stampa! A Governo e Parlamento, a maggioranza e opposizione diciamo che su questi temi occorre dialogo e confronto vero nel Paese, senza colpi propagandistici. Anche sulle intercettazioni, sulla loro regolazione, sulla loro pulizia, si avanzano oggi proposte di buon senso e perciò di civiltà. Se ne tenga conto. Proprio non si può ragionare e cambiare passo senza tintinnii di ferri ai polsi e di cancelli di patrie galere? Vorrei poterci continuare a credere che sia possibile, nonostante tutto. La democrazia e la giustizia giusta, la giusta informazione richiedono una grande fatica, democratica appunto. I poteri e le funzioni di garanzia di fatica e sapienza democratica hanno bisogno. Non di altro. Su questa linea la non siamo soli. Il movimento dei giornalisti è storicamente presente. In Italia e in Europa. Proprio in questi giorni la Federazione Europea dei giornalisti tiene la sua assemblea annuale; con all’ordine del giorno una carta europea per la libera e leale informazione e l’accesso alle fonti, la trasparenza. Noi ci siamo.

@fnsisocial

Articoli correlati