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Governo 09 Set 2005

Intercettazioni, il Capo dello Stato evita il decreto legge. Il Governo ritira le pesanti pene detentive annunciate per i giornalisti

"Leggeremo con attenzione il testo del ddl governativo sulle intercettazioni telefoniche, ma dalle dichiarazioni degli esponenti del Governo emerge innanzitutto un fatto importante: l'intervento del Capo dello Stato ha evitato che si ricorresse ad un decreto legge

"Leggeremo con attenzione il testo del ddl governativo sulle intercettazioni telefoniche, ma dalle dichiarazioni degli esponenti del Governo emerge innanzitutto un fatto importante: l'intervento del Capo dello Stato ha evitato che si ricorresse ad un decreto legge

Un disegno di legge e non un decreto, come avrebbero voluto il premier Berlusconi e il Guardasigilli Castelli. Per il provvedimento sulle intercettazioni varato oggi dal consiglio dei ministri non c'erano i presupposti di necessità e urgenza fortemente richiamati dal Quirinale. Così, spiega Berlusconi, il governo si è "adeguato al suggerimento" del Colle anche se ai ministri stamani era stata distribuita una bozza di decreto legge. Ciò non toglie che il testo - 14 articoli, ai quali se ne è aggiunto in corsa un quindicesimo sull'obbligo di pubblicazione di rettifiche chieste da chi ritiene di essere stato diffamato per articoli o foto - fissa paletti molto più rigorosi per il magistrato che dispone le intercettazioni, obbligando il pm ad avvisare tramite "raccomandata con ricevuta di ritorno" le persone non indagate che sono state depositate registrazioni di conversazioni alle quali hanno partecipato. E ancora: vengono disposte sanzioni pecuniarie più salate (fino a 5.000 euro da un massimo attuale di 258 euro) per il giornalista che pubblica atti vietati e introduce la responsabilità giuridica dell'editore che potrà arrivare a pagare fino un milione e mezzo di euro di sanzione, a seconda della tiratura e della diffusione della testata. Il ddl - il cui testo definitivo verrà diramato nei prossimi giorni - interviene su numerosi articoli del codice di procedura penale (addirittura il 268 viene riscritto 'in toto'). Ecco le principali novità. PM CHE 'ESTERNA' SI DEVE ASTENERE, SE RIVELA SEGRETO VA SOSTITUITO - Il magistrato che ha "pubblicamente rilasciato dichiarazioni" sul provvedimento che gli è stato affidato avrà l'obbligo di astenersi dalle udienze. Nel caso in cui, invece, il pm si macchi della colpa di rivelare il contenuto di atti coperti dal segreto di ufficio, quali le intercettazioni, allora potrà essere sostituito. VIETATA PUBBLICAZIONE FINO A CHIUSURA INDAGINI PRELIMINARI - Divieto di pubblicazione "parziale o per riassunto o nel contenuto" anche di atti non più coperti dal segreto (quelli ad esempio portati a conoscenza della difesa) fino a quando non siano state conclude le indagini preliminari. NIENTE CARCERE PER GIORNALISTI MA FINO A CINQUE MILA EURO DI SANZIONE E RISCHIO SOSPENSIONE DA ORDINE - I giornalisti che pubblicano le intercettazioni 'vietate' rischiano non più il carcere come previsto in una prima bozza, ma solo ammende più salate: anziché dai 51 ai 258 euro previsti oggi dal codice, si rischia di pagare fino a 5.000 euro ("dato i lauti stipendi dei giornalisti è assolutamente sopportabile", ha detto il Guardasigilli). Di ogni violazione il pm informa il consiglio dell'ordine dei giornalisti che nei successivi 30 giorni "può disporre la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi". PAGA ANCHE L'EDITORE - La sanzione si basa sulle quote, cioé sulla tiratura e la diffusione della testata, fino a un massimo di un milione e mezzo di euro. "Il 'Corriere della Sera' - ha detto Castelli - pagherà certamente di più della 'Padania'. OBBLIGO DI AVVISARE I NON INDAGATI - A meno che non si tratti di reati gravissimi quali ad esempio mafia, terrorismo e pedofilia, il pm dovrà avvisare le persone che non risultino indagate in procedimenti connessi o collegati di aver depositato intercettazioni che li riguardano. L'avviso deve avvenire con raccomandata con ricevuta di ritorno. Castelli ha parlato di "divieto di intercettazione dei non indagati". TRE MESI PER INTERCETTARE - Resta immutato il fatto che si può procedere ad intercettazioni per reati che prevedono pene superiori ai cinque anni. Ma la durata per 'spiare' viene limitata: il pm ha 15 giorni e la proroga del gip potrà avere una "durata complessiva massima di tre mesi" (mentre prima si poteva procedere di 15 giorni in 15 giorni). Per reati di terrorismo, criminalità organizzata e minacce per mezzo del telefono, invece, il pm ha a disposizione 40 giorni che possono essere prorogati dal gip per periodi successivi di 20 giorni. RESTRIZIONI PER INTERCETTAZIONI AMBIENTALI - A meno che non si tratti di reati gravi (terrorismo,mafia, pedopornografia...), l' intercettazione "tra presenti" sono consentite "solo se vi é fondato motivo di ritenere che nei luoghi in cui è disposta si stia svolgendo in qualunque modo l'attività criminosa". DECRETO PM NON MODIFICABILE - Il provvedimento con cui il pm chiede l'autorizzazione al gip per le intercettazioni deve essere non solo motivato ma anche "contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile". DIFENSORI NON POSSONO AVERE COPIE VERBALI - Fino a quando sono in corso le indagini preliminari, i legali delle persone intercettate possono visionare i verbali e i decreti, ascoltare le registrazioni depositate ma sarà loro vietato ottenere copia dei verbali. ARCHIVIO RISERVATO PER INTERCETTAZIONI - I verbali e i supporti delle registrazioni dovranno essere custoditi in un "archivio riservato". I verbali dovranno contenere l' indicazione degli estremi del decreto con il quale è stata disposta l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora in cui è cominciata ed è finita.Nei verbali,poi,dovranno essere annotati anche "cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all' ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, è i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione". PENE PIU' SEVERE PER PUBBLICI UFFICIALI 'GOLE PROFONDE' - I pubblici ufficiali che rivelano il contenuto delle intercettazioni rischiano il carcere da 1 a 4 anni anziché da sei mesi a tre anni. La Segreteria della Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica: "Leggeremo con attenzione il testo del ddl governativo sulle intercettazioni telefoniche, ma dalle dichiarazioni degli esponenti del Governo emerge innanzitutto un fatto importante: l'intervento del Capo dello Stato ha evitato che si ricorresse ad un decreto legge, subito applicato, perseguendo la strada del disegno di legge che consentirà una ampia discussione in Parlamento. Intanto, confermiamo il giudizio positivo per il ritiro delle pesanti pene detentive annunciate (il carcere fino a tre anni) per i giornalisti che pubblicano i verbali delle intercettazioni. Un risultato importante frutto anche delle decise prese di posizione di parte importante del giornalismo italiano, oggi riconosciute valide dallo stesso Capo del Governo. Resta la perplessità sull'entità delle sanzioni pecuniarie per i giornalisti (fino a 5.000 euro di multa) e per le imprese giornalistiche che, secondo quanto è dato capire, potrebbero essere condannate a versare fino ad un milione e mezzo di euro di multa nel caso delle pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni stesse. Queste sanzioni appaiono assolutamente eccessive e, se applicate, potrebbero avere l'effetto di inibire qualunque notizia e resoconto giornalistico sulle inchieste giudiziarie basate sulle intercettazione. Con lo stesso risultato del carcere per i giornalisti: un attacco al diritto di cronaca, un bavaglio alla libertà di informare. Ma è possibile che non si possa uscire da una logica punitiva che avrebbe effetto solo nei confronti dell'informazione? Che non sia possibile riconoscere il ruolo dell'Ordine dei Giornalisti come organo di autodisciplina della categoria? Che non si attivi un sistema di responsabilità collettive, degli uffici giudiziari e del giornalismo, che rafforzi le norme a tutela della dignità delle persone ed allo stesso tempo difenda il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati? La discussione in Parlamento su questo provvedimento, come quella sulla legge relative alle querele, deve consentire di trovare una strada condivisa ed utile". La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il Sindacato dei Giornalisti Marchigiani, l'Associazione Stampa dell'Emilia-Romagna ed il Comitato di Redazione de "il Resto del Carlino" comunicano: "Ancora una volta i giornalisti finiscono nel mirino della magistratura che interviene pesantemente con atti che vanno ad incidere sul diritto d’informazione, limitando la possibilità dei cronisti di svolgere la propria attività professionale tesa ad informare nel modo più completo e trasparente l’opinione pubblica. Nel pomeriggio di venerdì 9, la Guardia di Finanza ha perquisito la redazione di Ancona de “il Resto del Carlino” dopo che nell’edizione del quotidiano sono state pubblicate le intercettazioni telefoniche legate ad un’indagine del 2003 della Procura di Ancona su un traffico di droga. I finanzieri hanno perquisito la scrivania del giornalista che si occupa di cronaca giudiziaria, autore dell’inchiesta, mettendo sotto sequestro i suoi effetti personali e l’hard disk del computer. Un avviso di garanzia per violazione del segreto istruttorio è stato consegnato allo stesso collega e al direttore de “il Resto del Carlino”. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il Sigim (Sindacato dei Giornalisti Marchigiani), l’Aser (Associazione Stampa dell’Emilia-Romagna) ed il Comitato di Redazione de “il Resto del Carlino” protestano per un provvedimento che va a colpire chi ha svolto solamente il proprio lavoro. E’ per altro singolare che la Procura di Ancona intervenga nei confronti di un giornalista nello stesso giorno in cui il Governo ha deciso di presentare su tali problematiche un disegno di legge".

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