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Parlamento 01 Giu 2010

Intercettazioni: terminato il vertice del Pdl al Senato, resta il termine dei 75 giorni

Il limite dei 75 giorni non sarà toccato. Sarebbe questo l'orientamento emerso al vertice di questo pomeriggio, al Senato, del Pdl, sul nodo delle intercettazioni, presente il Guardasigilli, Angelino Alfano. La conferma arriva al presidente della commissione Giustizia di palazzo Madama, Filippo Berselli: ''La questione del limite dei 75 giorni per effettuare le intercettazioni è ancora aperta, ma penso si debba ritenere che questo termine resterà''.

Il limite dei 75 giorni non sarà toccato. Sarebbe questo l'orientamento emerso al vertice di questo pomeriggio, al Senato, del Pdl, sul nodo delle intercettazioni, presente il Guardasigilli, Angelino Alfano. La conferma arriva al presidente della commissione Giustizia di palazzo Madama, Filippo Berselli: ''La questione del limite dei 75 giorni per effettuare le intercettazioni è ancora aperta, ma penso si debba ritenere che questo termine resterà''.

Al summit, convocato dal presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, erano presenti pure il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i senatori Pietro Longo e Giuseppe Valentino e il relatore del ddl Roberto Centaro. Minime, dunque, sarebbero le aperture da parte del governo e i berlusconiani del Pdl su eventuali modifiche alla norma transitoria richieste dai finiani.

Questa mattina la commissione Giustizia ha approvato 9 degli 11 emendamenti presentati da Pdl e Lega alla legge. Ora, pertanto, rimane da discutere soltanto sulla norma transitoria e sull'arresto in flagrante per i reati di violenza sui minori. Berselli è ancora possibilista: ''Il rinvio a martedì per ulteriori approfondimenti

serve a evitare polemiche e strumentalizzazioni mediatiche nei nostri confronti. Non vogliamo certo passare come il governo amico dei pedofili e altre castronerie del genere''. (ADNKRONOS)

INTERCETTAZIONI, IL DDL TORNA IN COMMISSIONE: NO PREGIUDIZIALI. ESAMINANO 11 EMENDAMENTI TARGATI PDL E LEGA E CIRCA 50 SUBEMENDAMENTI DELL’OPPOSIZIONE

31 maggio - Il ddl Intercettazioni torna all'esame della commissione Giustizia del Senato. Ma non per essere rivisto nel suo complesso. Bensì perché vengano approfonditi, come sottolinea in Aula il presidente del Senato Renato Schifani, gli 11 emendamenti targati Pdl e Lega e gli oltre 50 sub-emendamenti messi a punto dall'opposizione.
La decisione arriva dopo l'incardinamento in Aula del testo e la bocciatura delle questioni pregiudiziali e sospensive presentate dal centrosinistra.
A chiedere il ritorno in commissione del provvedimento erano stati i presidenti dei gruppi parlamentari dell'opposizione Anna Finocchiaro (Pd), Giampiero D'Alia (Udc), Felice Belisario (Idv). Ed era nella facoltà del presidente del Senato accettare o meno tale istanza. Il centrosinistra chiedeva che l'intero testo venisse rimesso in discussione. Anche se, realisticamente, voleva che si modificasse quantomeno la norma transitoria: quella che, grazie ad uno degli 11 emendamenti, prevede l'applicabilità del ddl Intercettazioni ai processi in corso.

A dire la verità si tratta della stessa norma che poche ore prima del rinvio era stata criticata ufficialmente dal presidente della Camera Gianfranco Fini (''Ho dubbi sul testo del Senato'') e che sembra risultare poco gradita anche al Colle.

Così il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli non si sbilancia troppo quando dice che ''senz'altro qualche miglioramento'' sul punto ''potrà essere introdotto''.

''I nostri emendamenti - aggiunge - non sono mica la linea del Piave: qualche modifica potrà essere fatta''.

Per capire esattamente in che modo la norma transitoria potrà essere ''migliorata'' si dovrà attendere domani mattina alle 8.30 quando tornerà a riunirsi la commissione Giustizia.

L'intenzione, avverte Berselli, è quella di andare avanti fino alle 14 e se poi ''non si farà in tempo'', si potrà anche proseguire martedì mattina. L'Aula del Senato infatti è stata riconvocata da Schifani martedì pomeriggio alle 16.30.

Ma mentre il Pd con Anna Finocchiaro si rallegra per il fatto che Schifani abbia ''rispettato l'impegno'' preso con l'opposizione per far tornare l'esame degli 11 emendamenti in commissione, l'Udc annuncia ancora battaglia. E assicura, con D'Alia, che sarà ''inutile'' partecipare ai lavori della commissione visto che le cose ''peggiori del ddl'', come la durata massima di 75 giorni per intercettare, non potranno essere rimesse in discussione. Tornando in commissione, avverte, ''faremo solo il gioco del Pdl che vuole rimettere a punto il testo solo per evitare che venga modificato di nuovo in commissione visto che soprattutto la norma transitoria non risulta gradita ai finiani''. E ''io, il complice di questa roba - prosegue D'Alia - non lo voglio fare''.

Intanto in Aula un assaggio della battaglia che il centrosinistra intende ingaggiare sul ddl c'è stato. Tutti gli intervenuti, tra cui il responsabile Giustizia Idv Luigi Li Gotti e Gerardo D'Ambrosio (Pd), hanno ''smontato'' pezzo per pezzo il testo allungando di ore il dibattito. I senatori della maggioranza, pazienti, hanno ascoltato senza alcuna polemica, forse già consapevoli del rinvio e perché 'addolciti' dall'idea del ponte del 2 giugno. La seduta d'Aula fissata per domani infatti è stata sconvocata e, a parte i componenti della commissione Giustizia, tutti gli altri senatori torneranno a Palazzo Madama non prima di martedì prossimo.

I finiani intanto si incontreranno domani per decidere la strategia e al termine del vertice, secondo quanto si apprende, il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno incontrerà il legale del premier e deputato del Pdl Niccolò Ghedini. (ANSA)

 

TENSIONE BERLUSCONI-FINI;'RISPETTI RUOLO','LO FACCIO'

CAVALIERE CONVOCA VERTICI PDL 2 GIUGNO; FINIANI FORSE DOMANI

Torna alta la tensione fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Dopo giorni di dialogo fra l'ex leader di An e gli ambasciatori del premier, ora il grande timore del Cavaliere (il presidente della Camera che mette i bastoni fra le ruote della maggioranza in Parlamento) sembra materializzarsi con le osservazioni del cofondatore del Pdl su intercettazioni, manovra e federalismo. 

Raccontano che sia stato proprio il Cavaliere a dettare la linea con cui i 'berlusconiani' hanno risposto all'ex leader di An. Una linea che un dirigente del partito sintetizza così: decida cosa vuole fare perché il ruolo di leader di minoranza di un partito non è compatibile con quello di presidente della Camera. Ragionamenti ripresi sia dal presidente del Senato, Renato Schifani, che dai 'colonnelli' del premier, da Gaetano Quagliariello a Maurizio Gasparri.

Una linea che, confida un alto dirigente del partito, doveva essere addirittura più dura, ma che poi è stata smussata proprio per evitare strappi definitivi. Ma il tema del rapporto fra Berlusconi e Fini resta sul tavolo e, con tutta probabilità, occuperà gran parte della riunione dei vertici del partito che Berlusconi aveva già convocato per il 2 giugno (mentre domani dovrebbero versi i finiani) ma che ora rischia di avere come tema dominante proprio l'atteggiamento del presidente di Montecitorio. Nessuno, fra i berlusconiani vuole una rottura definitiva, ma le indicazioni date dal cavaliere (almeno a caldo) sono state chiarissime: dobbiamo risolvere questa situazione il prima possibile per evitare uno stillicidio in aula. 

A mandare su tutte le furie Berlusconi, racconta un alto esponente del Pdl, è stata soprattutto la 'pretestuosità' dell'intervento di Fini. Per evitare problemi, infatti, Berlusconi aveva appositamente inviato i suoi ambasciatori (Nicolò Ghedini prima, Angelino Alfano dopo) proprio per definire fin nei dettagli il testo sulle intercettazioni. Da qui la sorpresa per le parole dei presidente della Camera che da Santa Margherita ha chiesto nuovi ritocchi al ddl. Una scusa, è la linea dei berlusconiani, per porre l'ennesimo problema e

distinguersi una volta di più dalla linea dell'intera maggioranza che tante concessioni ha già fatto sul testo.

Critiche a cui in ambienti della maggioranza vicini all'ex leader di An si risponde ricordando che il presidente della Camera non ha fatto altro che ribadire quanto già detto negli incontri avuti nei giorni scorsi proprio con Ghedini ed Alfano.

In ogni caso, lo stesso Fini ha più volte rivendicato il suo ruolo di cofondatore del Pdl e quindi di leader politico, soprattutto su questioni che riguardano la legalità e l'unità nazionale. Da qui le sue parole su temi come le intercettazioni ed il federalismo.  Tesi che non convince per nulla i 'berlusconiani': ''In questo contesto è ancora più urgente definire una volta per tutti gli assetti dentro il Pdl, altrimenti sarà meglio battere altre strade'', spiega un esponente del Pdl molto vicino al premier. Un modo per dire che il Cavaliere non intende farsi logorare e che per evitarlo è pronto anche a guardare altrove. (ANSA)

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