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Associazioni 20 Nov 2009

L’Intervento del Segretario regionale della Cgil, Enzo Costa agli Stati generali dell’informazione in Sardegna

Vi prometto che sarò brevissimo, visto il fitto programma che è stato annunciato. Prima di tutto, un ringraziamento particolare all’Associazione della Stampa che ha invitato anche la Cgil a questo importante appuntamento.

Vi prometto che sarò brevissimo, visto il fitto programma che è stato annunciato. Prima di tutto, un ringraziamento particolare all’Associazione della Stampa che ha invitato anche la Cgil a questo importante appuntamento.

E’ stato ricordato spesso, nelle relazioni che mi hanno preceduto, che il rapporto tra l’informazione, la libertà e la democrazia è strettissimo, così come lo è quello tra la politica e l’informazione perché la politica è il momento più alto in cui i valori devono essere rappresentati. Vorrei citare qualche dato, anche se è vero che le statistiche non sempre sono portatrici di verità assolute ma sono indicatori importanti. Nelle classifiche sulla libertà di stampa, gli Stati Uniti - dopo l’insediamento di Barack  Obama - sono passati dal quarantesimo al ventesimo posto. L’Europa sta regredendo anno dopo anno, abbiamo la Francia al quarantatreesimo posto, la Slovacchia al quarantaseiesimo posto, l’Italia al quarantanovesimo. Queste sono statistiche di Report sans frontier, sono indicatori che ci portano a dire che, a seconda delle politiche che si perseguono, la libertà di stampa può crescere o diminuire. La libertà di stampa è un valore fondamentale, sancito dalla nostra carta costituzionale all’articolo 21: tutelare la libertà di informazione significa porsi l’obiettivo di dare senso ad un principio, che è quello della democrazia. La libertà di pensiero, quella di dissentire ed esprimere opinioni diverse è la base di qualsiasi principio democratico. Qualcuno prima di me ha sottolineato il passaggio da un sistema pluri-partitico ad un sistema “bipolare”. A questo proposito vorrei dare un altro dato che aiuta a riflettere: nel 1987 avevamo un sistema pluri-partitico e il 67% delle leggi le faceva il Parlamento, oggi invece – e ciò vale per gli ultimi 15 anni, quindi non ha colore politico, non leggetela come un’osservazione che vuole scaricare le responsabilità su una sola parte - il 90% delle leggi le fa il governo. Ripeto, questo vale per il governo Berlusconi come per quello di Prodi, e se andiamo ad analizzare come vengono emanate le leggi regionali vediamo che il dato è simile. Ma che differenza c’è tra un governo e un parlamento che fa le leggi? Si tratta di vedere quale processo democratico sta dietro, lo ha spiegato bene la presidente Lombardo quando ha detto :“Io vorrei una politica che collabori e non si contrasti a prescindere”, ma è stato detto in tanti altri interventi. Il dramma è che, culturalmente, stiamo vivendo il bipolarismo come un momento di scontro e non di confronto permanente: quando governa il centro-sinistra si organizza di tutto e di più per parlar male di quello che fa, e la stessa cosa succede con il centro-destra. Il risultato è che, è sotto gli occhi di tutti, siamo un Paese profondamente spaccato, in una fase di declino. Purtroppo è così, e non perché lo dicono le statistiche, ma perché lo avverte la gente. Comunque i numeri della crisi sono drammatici: in Italia, secondo i dati Ocse, le assunzioni sono diminuite del 30%, i licenziamenti sono aumentati del 20%, l’emergenza lavoro è internazionale ma di certo si fa sentire molto in Italia, ancora di più in Sardegna. Ancora, un disoccupato su 3 ha meno di 25 anni e fra i Paesi dell’Ocse, l’Italia si distingue per un rapporto tasso di disoccupazione dei giovani e tasso di disoccupazione complessivo tre volte più alto. Qualcuno si era illuso che si potesse teorizzare l’autosufficienza, il primato dei mercati e la diseguaglianza come leve della crescita. Ho sentito dalle precedenti relazioni come è diseguale una redazione di un giornale, come è diseguale il trattamento tra soggetti che svolgono lo stesso lavoro e collaborano per costruire lo stesso prodotto. Credo che il risultato della disuguaglianza sia questo, un mondo meno libero perché, credetemi, chi è precario nel mondo del lavoro, è meno libero di chi non lo è, è meno libero di esprimersi ma è meno libero di pensare al proprio futuro e quindi di programmare la propria vita. E’ meno libero nel lavoro e fuori dal lavoro. Io credo che questo debba servire per una riflessione più ampia. Oggi io partecipo a una assemblea di giornalisti, diversa da una assemblea di fabbrica a cui sono più abituato, magari cambiano i toni, più educati, meno esasperati, però alcuni problemi di fondo - precarietà, crisi -  sono gli stessi. Allora questa è una cosa che deve far riflettere davvero tutti. In Sardegna, Presidente Cappellacci, abbiamo bisogno di 150mila posti di lavoro subito, per dare una risposta all’emergenza occupazione. Ogni quattro posti di lavoro che abbiamo perso, tre sono di precari: sono quelli che non si vedono e che non fanno statistica e a volte vengono usati come spot, oggi mi servi e ti uso, domani non mi servi e non succede niente, come ci fosse un patto che mi consenta di usarti solo quando mi servi. Noi oggi abbiamo un obiettivo prioritario, dare risposte e soluzioni al problema del lavoro, perché attorno al lavoro poi, si risolvono tutti gli altri problemi. Ecco perché CGIL, CISL e UIL, qui in Sardegna sono rimaste unite, a discapito delle divisioni nazionali che ci sono e restano e non sono estranee ai sindacati sardi. Noi però, abbiamo deciso di restare compatti, perché siamo consapevoli che la situazione è talmente drammatica che va affrontata così, con coesione. Per questo abbiamo presentato un progetto per lo sviluppo che parte dalle riforme - quella del nostro Statuto prima di tutto -  dal recepimento di un federalismo che deve diventare una opportunità e non l’ennesimo taglio ai diritti, alle risorse, alla qualità della vita in questa Isola. Abbiamo però bisogno della politica, non di una politica che diventa autoreferenziale e continua a fare attività di governo, come ho detto prima, e non di Consiglio. Quando dico di governo e non di Consiglio, non mi vorrei neanche fermare solo al Consiglio, ma vorrei che potessimo affondare il ragionamento anche tra la gente, perché questa è la cosa più importante, rendere protagonisti delle scelte i cittadini. E’ la differenza che c’è tra governance  e government: la governance parte  dal basso, la government parte dall’alto.

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