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Associazioni 16 Nov 2009

Stati Generali dell'informazione in Sardegna. Il segretario della Fnsi: "Se un simile confronto fosse stato possibile a livello nazionale, non ci sarebbe stato bisogno di andare in piazza". Birocchi (Assostampa): "Basta con gli editori corsari"

Confrontarsi con franchezza sui problemi della informazione, anche con punti di vista molto diversi, è possibile. Lo hanno dimostrato gli Stati generali della Informazione sarda, conclusisi sabato pomeriggio ad Alghero. Nelle due giornate, una dedicata alla discussione interna della categoria, l'altra al dialogo con i politici e i rappresentanti del mondo civile e del sindacato (erano presenti il presidente della giunta e del consiglio regionale, parlamentari dei due schieramenti, rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil), si è parlato senza barriere ideologiche di tutti i problemi di attualità.

Confrontarsi con franchezza sui problemi della informazione, anche con punti di vista molto diversi, è possibile. Lo hanno dimostrato gli Stati generali della Informazione sarda, conclusisi sabato pomeriggio ad Alghero. Nelle due giornate, una dedicata alla discussione interna della categoria, l'altra al dialogo con i politici e i rappresentanti del mondo civile e del sindacato (erano presenti il presidente della giunta e del consiglio regionale, parlamentari dei due schieramenti, rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil), si è parlato senza barriere ideologiche di tutti i problemi di attualità.

«La grande capacità della società sarda di ragionare per affrontare i problemi delicati del lavoro e dello sviluppo, e oggi dell’informazione, è un punto di valore assoluto». E' stato questo il commento del segretario generale della Fnsi, Franco Siddi. Siddi ha anche detto che «se una giornata come quella di oggi si fosse potuta replicare con identica intensità a livello nazionale, non ci sarebbe stato bisogno di andare in piazza il 3 ottobre scorso per la difesa della libertà di stampa e per il rispetto della dignità del lavoro giornalistico». La seconda giornata dei lavori si è conclusa con l'approvazione, da parte degli Stati generali dell'informazione isolana, di un documento che evidenzia i problemi dell'editoria sarda. “Le strategie penalizzanti di alcuni editori, la difesa del lavoro, un precariato diffuso (per ogni giornalista assunto a tempo indeterminato c’è un collega disoccupato o senza garanzie), l’esigenza che forze politiche e istituzioni non accordino benefici economici o agevolazioni finanziarie in qualsivoglia forma agli imprenditori che non rispettano le regole”. “Sono i punti centrali evidenziati nelle giornate del 13 e 14 novembre, in occasione degli Stati generali dell’informazione in Sardegna - si legge nell'ordine del giorno -. Di valenza simbolica il caso di Sardegna 1, di proprietà del banchiere/imprenditore Giorgio Mazzella che ha annunciato una politica di riduzione del personale al di fuori di un corretto confronto sindacale nonostante si trovi esposto in un ruolo pubblico che consiglierebbe maggiore prudenza e oculatezza operativa. Grande preoccupazione per il futuro di E Polis, quotidiano free press che attraversa gravi problemi gestionali e per altre testate in crisi viene espressa dai partecipanti, pronti alle azioni indispensabili per dare sostegno alla solidarietà. Apprezzata finora l’autonomia societaria garantita alla Nuova Sardegna, condizione indispensabile, e dunque da confermare, per assicurare il mantenimento delle radici sul territorio”. “Tutto questo – prosegue la nota - all’ulteriore luce delle analisi sulle condizioni di lavoro frutto di studi sindacali illustrati nelle relazioni presentate durante le due giornate che hanno visto l’intervento del segretario generale della Fnsi, Franco Siddi. Dalle forze politiche, rappresentate dai vertici della Regione, parlamentari e amministratori sardi, si attendono misure per evitare interferenze indebite nella comunicazione e garantire il rilancio dell’occupazione. Associazione della stampa sul piano sindacale e Ordine regionale sul piano deontologico - conclude la nota - vigileranno di comune intesa per il rispetto delle norme sul lavoro giornalistico e rilanciare gli strumenti per ridurre disoccupazione e precariato.” Ma la vertenza dell’emittente televisiva Sardegna 1 finirà probabilmente sul tavolo dell’Assessorato regionale al Lavoro. La dsponibilità manifestata dal presidente della Regione sarda Ugo Cappellacci è stata commentata positivamente dal segretario Fnsi: «La composizione appare difficile, complicata anche da elementi di esasperazione non cercati nè voluti dal sindacato. Tuttavia, una soluzione ragionevole è possibile e va costruita ristabilendo una relazione di fiducia e la chiarezza sulle regole di fondo che non possono essere vissute come un fastidio. impensabile che la Sardegna possa assistere ad un dimagrimento del suo sistema televisivo privato locale senza che ci sia una assunzione di responsabilità. Siddi ha sostenuto l’esigenza che tutte le istituzioni sarde sostengano con forza un nuovo contratto con la Rai per un canale aggiuntivo regionale di informazione, cultura, intrattenimento e di servizio, utilizzando le opportunità del digitale e quelle connesse alle leggi sulle lingue minori e sui popoli regionali d’Europa». Richiamando l’intervento della presidente del Consiglio regionale, Claudia Lombardo, il dirigente del sindacato dei giornalisti ritiene che la sardegna debba giocare la carta della tutela della specialità autonomistica statutaria «legando in ciò il sentimento e la cultura dell’autonomia, patrimonio delle istituzioni regionali e di tutto il giornalismo sardo». Positivo, invece, il commento di Franco Siddi e degli Stati generali sulla scelta fatta all’inizio dell’anno dall’editore Carlo De Benedetti di non procedere all’accentramento a Roma dell’organizzazione societaria della Nuova Sardegna. «E’ stato un atto rispettoso degli antichi patti stipulati con la comunità sarda dall’editore Caracciolo che mantiene un valore da preservare insieme all’autonomia editoriale identitaria del giornale. D’altronde - ha aggiunto Siddi - La Nuova Sardegna Spa, dopo quel che resta della chimica, è la principale azienda della provincia di Sassari. Per l’isola, sia come popolo di lettori, sia come Regione, questo elemento mantiene e manterrà nel tempo un significato primario».

GIORNALISTI:SARDEGNA;BIROCCHI,BASTA CON GLI EDITORI CORSARI

Alghero, 14 novembre - «Il richiamo al rispetto delle regole da parte di alcuni editori corsari è stato inutile. Per il futuro occorrerà passare a metodi più drastici». Così il presidente dell’Associazione della stampa sarda, Francesco Birocchi, intervenendo ad Alghero agli Stati generali dell’informazione in Sardegna, ha commentato le situazioni regionali più critiche, soprattutto nell’emittenza televisiva. Citati i casi di Antenna 1 di Sassari (»ha licenziato due redattori e ha tagliato del 50% gli stipendi degli altri giornalisti»), di altre tv del Nord Sardegna (»fanno informazione senza riconoscere alcun contratto giornalistico a tempo pieno») e, soprattutto, di Sardegna 1 di Cagliari. Birocchi, per quest’ultima realtà, ha dett «Ci saremmo aspettati dal proprietario Giorgio Mazzella, presidente della Banca di Credito Sardo del gruppo Intesa San Paolo, una gestione più attenta al rispetto della professionalità. Ci troviamo, invece, a far fronte a comportamenti offensivi della dignità dei lavoratori con il tentativo di scaricare su di loro la responsabilità di una gestione improvvisata e insufficiente». «Non ci spaventano le minacce», ha concluso Birocchi riferendosi a quella di licenziare il 50% del personale. (ANSA)

IL TESTO DELL’ORDINE DEL GIORNO APPROVATO AL TERMINE DEGLI STATI GENERALI SULL’INFORMAZIONE IN SARDEGNA PROMOSSI AD ALGHERO DALL’ASSOSTAMPA

Le strategie penalizzanti di alcuni editori, la difesa del lavoro, un precariato diffuso (per ogni giornalista assunto a tempo indeterminato c’è un collega disoccupato o senza garanzie), l’esigenza che forze politiche e istituzioni non accordino benefici economici o agevolazioni finanziarie in qualsivoglia forma agli imprenditori che non rispettano le regole. Sono i punti centrali evidenziati nelle giornate del 13 e 14 novembre 2009.

Di valenza simbolica il caso di Sardegna 1, di proprietà del banchiere/imprenditore Giorgio Mazzella che ha annunciato una politica di riduzione del personale al di fuori di un corretto confronto sindacale nonostante si trovi esposto in un ruolo pubblico che consiglierebbe maggiore prudenza e oculatezza operativa. Grande preoccupazione per il futuro di E Polis, quotidiano free press che attraversa gravi problemi gestionali e per altre testate in crisi viene espressa dai partecipanti, pronti alle azioni indispensabili per dare sostegno alla solidarietà. Apprezzata finora l’autonomia societaria garantita alla Nuova Sardegna, condizione indispensabile, e dunque da confermare, per assicurare il mantenimento delle radici sul territorio.

Tutto questo all’ulteriore luce delle analisi sulle condizioni di lavoro frutto di studi sindacali illustrati nelle relazioni presentate durante le due giornate che hanno visto l’intervento del segretario generale della Fnsi, Franco Siddi. Dalle forze politiche, rappresentate dai vertici della Regione, parlamentari e amministratori sardi, si attendono misure per evitare interferenze indebite nella comunicazione e garantire il rilancio dell’occupazione.

Associazione della stampa sul piano sindacale e Ordine regionale sul piano deontologico vigileranno di comune intesa per il rispetto delle norme sul lavoro giornalistico e rilanciare gli strumenti per ridurre disoccupazione e precariato.

INTERVENTO DI FRANCESCO BIROCCHI, PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE DELLA STAMPA SARDA


STATO DELL’INFORMAZIONE IN SARDEGNA

 
Onorevole presidente della Regione, onorevole presidente del Consiglio regionale, autorità, amici di CGIL, CISL e UIL, care colleghe e cari colleghi; ringrazio tutti voi che avete avuto la bontà di partecipare a questa nostra assemblea. Per la terza volta noi giornalisti sardi ci siamo convocati, qui ad Alghero, negli Stati generali dell'informazione in Sardegna (una prima volta sette anni fa, nel dicembre 2002 e poi quasi cinque anni fa, marzo 2005). Lo abbiamo fatto perché, oggi come allora, sentiamo l'esigenza di analizzare lo stato dell'informazione nella nostra Isola per verificarne le dinamiche e per mettere in luce le criticità da affrontare come sindacato.

  Ieri, come è diventato costume di queste nostre riunioni, abbiamo dedicato la giornata, in forma seminariale, al Contratto di lavoro giornalistico (rinnovato, come sapete, il 1° aprile scorso dopo una vertenza lunga e durissima con gli editori) e alle prospettive dei nostri enti di categoria, INPGI e CASAGIT, che noi consideriamo sussidi irrinunciabili di indipendenza professionale. Lo stesso contratto, per noi, non si esaurisce affatto nella parte salariale, ma costituisce la carta che ci garantisce un corretto esercizio della professione. Non per nulla nell'art.1 è richiamata la legge istitutiva dell'Ordine professionale che ribadisce il “diritto insopprimibile dei giornalisti alla libertà di informazione e di critica, limitata dalle norme di legge a tutela della personalità altrui” e l'obbligo inderogabile, per noi, del “rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.

 

  Libertà di informazione

 

  E' per ribadire questi diritti, nella consapevolezza dei nostri doveri, che una folta delegazione di giornalisti sardi ha partecipato, alla manifestazione promossa da “Articolo 21” a Cagliari il 26 settembre scorso e alla grande manifestazione organizzata il 3 ottobre scorso, a Roma, dalla Federazione nazionale della stampa in difesa della libertà di informazione.

  Per denunciare pubblicamente i pericoli concreti che la libertà di informazione corre nel nostro Paese. A partire dalla costante delegittimazione: non passa giorno che giornali e giornalisti non vengano sottoposti ad attacchi violenti quanto generici allo scopo di abbatterne la credibilità. Quando non si arriva a vere e proprie intimidazioni, con querele e minacce. E poi c'è, tutt'ora non risolto, il grave conflitto di interessi del Presidente del consiglio e c'è la commistione fra interessi editoriali ed extra editoriali di molti editori italiani. Il Parlamento, infine, si appresta a votare una legge pericolosissim (nota come legge sulle intercettazioni) che, con il pretesto di tutelare la privacy dei cittadini, in realtà limita la possibilità di informare l’opinione pubblica sulle indagini di magistratura e forze dell’ordine.

  Di queste nostre preoccupazioni abbiamo riferito anche alla Commissione informazione del Consiglio regionale, nella speranza che possa nascere un'iniziativa politica istituzionale in difesa del diritto alla completezza dell'informazione. 

  Siamo stati accusati, anche da alcuni nostri colleghi, di aver assecondato posizioni di parte, di una parte che persegue tendenziosamente precise posizioni politiche.

  Non è vero. Siamo convinti che “la libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. Parole di Piero Calamdrei che condividiamo (“La costituzione e la gioventù”, discorso pronunciato a Milano nel gennaio 1955).

  Siamo scesi in piazza per scuotere l'indifferenza e risvegliare la coscienza critica degli italiani su un tema decisivo per la democrazia nel nostro Paese. E lo faremo ancora, se sarà necessario, perché la libertà di informazione non è questione che possa interessare solo una parte politica, ma è, al contrario, un bene riconosciuto dalla Costituzione repubblicana e appartiene a tutti i cittadini, che hanno il diritto di essere informati correttamente su quello che accade nel mondo, in Italia e, per quanto ci riguarda più da vicino, nella nostra Sardegna.

 

  Stato della professione.

 

  Veniamo ora allo stato della professione giornalistica in Sardegna. Gli iscritti all'Ordine dei giornalisti sono 1.924. (526 professionisti, 64 praticanti e 1.334 pubblicisti).

   Gli iscritti all'Associazione della stampa sono 1.467 (499 i professionali e 968 i collaboratori).

   Tra i 499 professionali

- 282 sono assunti con contratto giornalistico (269 professionisti e 13 praticanti)

-   72 sono pensionati

-   14 sono i pubblicisti contrattualizzati

- 131 hanno un lavoro precario.

   Fra essi 27 hanno un contratto a termine (10 alla Rai)

                29 svolgono mansioni diverse e non hanno contratti di tipo giornalistico

                75 lavorano solo occasionalmente senza contratto o sono disoccupati

                13 dei precari percepiscono l'indennità di disoccupazione dell'INPGI

- 548 sono iscritti alla gestione separata dell'INPGI per il lavoro autonomo

                 151 professionisti

                   23 praticanti

                 374 pubblicisti

  Questi sono i numeri, dai quali emerge una situazione occupazionale gravissima. Quasi la metà dei giornalisti professionali (coloro che vivono o dovrebbero vivere da questa professione) o sono precari o non hanno lavoro e molti sono stati già costretti a cambiare professione.

  Ad essi occorre aggiungere le decine (forse centinaia) di pubblicisti che esercitano la professione come collaboratori nei giornali o nell'emittenza privata, alcuni in regime di lavoro parasubordinato (co.co.co.), i quali percepiscono retribuzioni da

fame, che vanno mediamente dai 5 ai 25 euro a pezzo.  Tariffe umilianti e ferme da anni.

 

  Il precariato

 

  E' un problema che preoccupa, vorrei dire che angoscia il sindacato. Anche perché per il giornalista precario è costretto a lavorare in assenza di garanzie contrattuali e quindi, in definitiva, è meno libero, o non è libero affatto.

  L'Associazione della stampa, è impegnata da anni su questo fronte e non vuole arrendersi. Ha costituito una commissione che ha studiato il fenomeno. Ce ne riferirà fra poco Celestino Tabasso, che ne ha coordinato il lavoro. Ma è evidente che questo non è sufficiente, anche perché la patologia continua ad aggravarsi: basti pensare che nel 2002 i professionali erano 310 e i contrattualizzati 242. Cioè l'area del precariato riguardava il 22% dei professionali, mentre ora la percentuale è salita al 44%. Si è raddoppiata.

  E' evidente che, così, la situazione non si tiene. Ne' è pensabile che i media tradizionali o i nuovi sbocchi occupazionali (con gli uffici stampa professionalizzati ad esempio) siano in grado di fornire risposte in grado di  invertire la tendenza.

  Molto potrebbe fare la riforma dell'Ordine per limitare il numero delle strade di accesso alla professione (che ora sono quattro). Ma il Parlamento non decide.

  Occorrerà esplorare nuove prospettive. Ecco perché l'Associazione della stampa ha costituito una commissione per verificare lo stato del lavoro free lance. Si vuole capire se, anche in virtù delle nuove norme previdenziali dell'INPGI sul lavoro autonomo, sia possibile, qui in Sardegna, esercitare il giornalismo da liberi professionisti. Siamo ai primi passi. Ce ne riferirà più compiutamente fra poco Mario Girau, che ha coordinato il lavoro della commissione.

 

  I giornali

 

  La grande crisi che si è abbattuta sull'editoria italiana e, più in generale, del mondo occidentale, sembra aver risparmiato i due quotidiani storici sardi, L'Unione sarda e La Nuova Sardegna, i quali continuano a “tenere” sia sul piano delle vendite in edicola che su quello dell'occupazione. La contrazione del mercato pubblicitario ha colpito duro anche in Sardegna, ma nessuna delle due testate ha fatto ricorso finora ai prepensionamenti, come sta avvenendo in molti giornali italiani.  L'Unione sarda ha già rinnovato il proprio patto integrativo del contratto. La Nuova Sardegna è ancora in fase di trattativa.

  Discorso diverso per il Giornale di Sardegna. Fa parte del gruppo E Polis. Costituito nel 2004, edita 19 testate free press, distribuite gratuitamente, e attraversa un periodo di profonda crisi economica. Le testate sono controllate da “Valore editoriale” e da “Mediapolis”, società che fanno capo rispettivamente agli imprenditori napoletani Vincenzo Maria Greco e Vito Bonsignore e all'imprenditore veneto Alberto Rigotti (che aveva rilevato il giornale dall'editore Nicola Grauso).

  E Polis avrebbe accumulato debiti per 60 milioni di euro e ora è impegnata in una complessa operazione di rientro con una profonda ristrutturazione del debito e con una annunciata ricapitalizzazione, anche con l'ingresso di nuovi soci.

  L'operazione è attualmente sottoposta alla verifica del Tribunale di Cagliari e, in attesa dell'omologa dell'accordo con i creditori, l'editore ha chiesto nuovi sacrifici ai dipendenti, fra i quali 131 giornalisti, in buona parte sardi. Fra i creditori vi sono anche INPGI, Casagit e Fondo di previdenza dei giornalisti. 

  La situazione viene seguita con attenzione dal sindacato che, pur nutrendo serie perplessità sul modello organizzativo (una redazione centrale a Cagliari e telelavoro per tutte le edizioni locali), è impegnato nella difesa dei livelli occupativi e nella salvaguardia dei legittimi interessi degli enti della categoria.

 L'introduzione delle nuove tecnologie pare poter favorire una mutazione organizzativa, ma noi restiamo convinti che la centralità delle redazioni costituisca ancora un valore irrinunciabile nell'ambito del lavoro giornalistico. Anche la multimedialità, accettata nel nuovo contratto, non potrà scavalcare le regole della professione. I comitati di redazione sono impegnati in un confronto costante con i loro editori su questi temi.

 

  Gli uffici stampa

 

  Nella convinzione che il sistema dell'informazione debba poter contare su fonti autorevoli ed affidabili, il sindacato dei giornalisti si batte da anni per l'istituzione di uffici stampa professionalmente certificati nella pubblica amministrazione. Credo sia legittima dunque la nostra soddisfazione per la decisione della Regione sarda di dotarsi di un ufficio stampa composto da giornalisti assunti con il contratto di lavoro della categoria.

  La legge regionale n.3 del 7 agosto scorso stabilisce che il Presidente della Regione possa avvalersi di un portavoce (che può anche non essere un giornalista), e di un Ufficio stampa composto da un capo ufficio e da un massimo di altri 12 giornalisti assunti con contratto giornalistico a tempo determinato (di durata non superiore a quella della legislatura).

  Dello stesso ufficio fanno parte altri giornalisti (massimo otto) assunti, mediante concorso pubblico, a tempo indeterminato. In questo nucleo entrano, intanto, i giornalisti che svolgevano da tempo lavoro di natura giornalistica come dipendenti regionali

  Insomma la Regione ha ora un Ufficio stampa composto da 20 giornalisti, più il capo ufficio: otto sono a tempo indeterminato e 12 a tempo determinato.

  Si è conclusa quindi, positivamente, l' annosa vertenza per il riconoscimento del contratto giornalistico ai colleghi che operavano presso il vecchio ufficio stampa della Regione sarda. Ne dobbiamo dare atto volentieri, in particolare, al Presidente della Regione e all'Assessore agli affari generali che hanno seguito la vicenda in prima persona.

  La nuova legge è in fase di applicazione. I giornalisti a tempo determinato sono già operativi mentre si attende la novazione del contratto per i colleghi dipendenti regionali che ne hanno fatto richiesta.

 L'esempio della Regione deve essere seguito, ora, dagli altri enti della pubblica amministrazione che si sono dotati di un ufficio stampa, ma che non hanno  ancora provveduto a regolarizzare i giornalisti che vi operano con il contratto di categoria. Qualcosa si sta muovendo anche in questo campo e alcuni enti hanno deciso di versare i contributi dovuti all'INPGI, riconoscendo dunque la natura giornalistica del lavoro dei colleghi. Ci stiamo attivando perché il prossimo passo sia quello del riconoscimento contrattuale, in attesa del contratto di comparto, previsto dalla legge n.150 del 2.000, in questo ancora inattuata.

 

  Le istituzioni

 

  Il sindacato aveva manifestato la propria soddisfazione anche nel luglio del 2008, quando il Consiglio regionale aveva approvato la legge istitutiva del Corecom (il Comitato regionale per le comunicazioni). La Sardegna era l'unica regione italiana a non essersi dotata di questo importante organismo, che è struttura periferica della Autorità nazionale di garanzia per le comunicazioni.

  Nessuna legge è perfetta. Neppure questa lo è, anche perché è il risultato di anni di confronto. Tuttavia è un passaggio importantissimo, che assegna alla Regione un ruolo attivo con nuove capacità di intervento nel sistema radiotelevisivo locale.

  E' passato quasi un anno e mezzo e però i componenti del Corecom non sono stati ancora nominati. Ci sembra un vero peccato fare le leggi e poi non farle funzionare.

  La stessa legge assegna alla Regione “la tutela del pluralismo dei contenuti e dei mezzi informativi e la valorizzazione delle specificità culturali, linguistiche e sociali del popolo sardo”. La seconda commissione del Consiglio regionale si è messa al lavoro per dare corpo a questa norma. L'associazione della stampa sarda è stata audita (e di questo siamo grati alla Commissione) ed in quell'occasione abbiamo  ribadito le nostre aspettative.

   Riteniamo che la Regione, in virtù del Titolo V della Costituzione (art.117) che definisce l'ordinamento della comunicazione come materia di “legislazione concorrente”, dovrebbe dotarsi di una legge organica di sistema, in grado di supportare concretamente l'editoria minore, promuovendo l'imprenditorialità che crea lavoro e distinguendo tra editoria libraria e giornalistica; di garantire trasparenza negli interventi di pubblicità istituzionale; di tutelare le specificità culturali della nostra Isola; e di assicurare il divieto di posizioni dominanti  per  non  soffocare il pluralismo nell'informazione.  

 

  L'emittenza

 

  L'introduzione del digitale terrestre ha creato finora più problemi che vantaggi sia al servizio pubblico che alle emittenti private. Ma la nuova tecnologia contiene potenzialità che potranno, se utilizzate correttamente, produrre nuove occasioni di rilancio.

  La Sede regionale Rai per la Sardegna ha riavviato la programmazione regionale anche con il prezioso contributo della Regione (che ha intelligentemente rinnovato di recente la relativa convenzione). E questo potrebbe utilmente costituire la base di partenza di una “Nuova Terza rete” integrata con programmi nazionali e locali a diffusione regionale, resa possibile proprio dalla moltiplicazione dei canali. 

  L'emittenza privata, colpita duramente anche dalla crisi degli investimenti pubblicitari, sta reagendo alle difficoltà in maniera differenziata. Mentre l'emittente leader “Videolina” sta sperimentando nuove forme di utilizzo dei canali disponibili con contenuti commerciali ed informativi e “Cinque stelle di Olbia” e la più piccola “Nova Tv” di Oristano, sembrano reggere alla crisi senza intervenire sui livelli occupativi, per le altre si stanno prospettando soluzioni dolorose.

  “Antenna 1” di Sassari, già da quasi due anni, ha licenziato due redattori e ha tagliato del 50% gli stipendi agli altri giornalisti, ridimensionando drasticamente una realtà informativa che aveva conquistato ruolo e spazio nel Nord Sardegna. Per dimensione societaria (e per contributi pubblici richiesti) “Antenna 1” era diventata la terza emittente della Sardegna. E dispiace che, nonostante il rifiuto di qualsiasi interlocuzione con il sindacato che prospettava il ricorso ad ammortizzatori sociali per evitare i “tagli”, la società continui a fornire servizi largamente remunerativi al Consiglio comunale di Sassari. E' una situazione di dubbia moralità sulla quale occorrerà fare chiarezza. Così come bisognerà chiarire (chiederemo aiuto alla Università) che tipo di stage vengono svolti all'interno di alcune emittenti e se è possibile che gli stagisti sostituiscano di fatto i redattori licenziati o ai quali è stato tagliato orario di lavoro e stipendio.

  Esistono poi emittenti (a Sassari “Tele G”) e altre tre che trasmettono da Alghero, che fanno informazione senza riconoscere alcun contratto giornalistico a tempo pieno. Sono situazioni gravi che inquinano la qualità di un settore che, in Sardegna, continua a costituire irrinunciabile strumento di pluralismo. Il sindacato ha tentato di richiamare al rispetto delle regole alcuni di questi imprenditori “corsari”, ma inutilmente. Occorrerà passare, per il futuro, a metodi più drastici.

  Infine c'è il caso “Sardegna 1”, emittente “storica” di Cagliari che può contare su un consolidato patrimonio di professionalità. Da alcuni anni è di proprietà dell'imprenditore Giorgio Mazzella, presidente della Banca di Credito sardo, del gruppo “Intesa San Paolo”, uno dei più importanti istituti di credito italiani. Ci saremmo aspettati da un imprenditore con un incarico così prestigioso una gestione attenta al rispetto della professionalità. Ci troviamo invece a far fronte a comportamenti offensivi della dignità dei lavoratori. Con il tentativo di scaricare su di loro la responsabilità di un'improvvisata e insufficiente gestione dell'azienda. Rifiuto del contratto di solidarietà proposto dai dipendenti, nessun serio piano di riorganizzazione e di rilancio ma richiesta di tagli nelle retribuzioni, ritardi nei pagamenti e la costante minaccia di licenziamenti collettivi, hanno accompagnato otto mesi di estenuanti trattative, condotte d'intesa con i sindacati confederali CGIL e UIL. L'ultima minaccia, ancora sul tavolo, è quella di licenziare il 50 per cento del personale dell'emittente (15 lavoratori fra tecnici e giornalisti). I tagli ridurrebbero in maniera drastica la capacità di fornire una informazione concorrenziale, riducendola a mera appendice di programmi prodotti altrove, lasciando libera la strada a nuove posizioni monopolistiche.  

  L'Associazione della stampa non intende più sopportare questa situazione.  Non lasceremo soli questi colleghi. La loro battaglia è la nostra battaglia. E intendiamo combatterla con ogni mezzo lecito. Non ci spaventano le minacce.

  I giornalisti sardi non si piegheranno. Abbiamo scelto di fare questa professione con dignità ed indipendenza. Da uomini e donne liberi. E tali vogliamo continuare ad essere.

SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE, UGO CAPPELLACCI

BENE VENGANO CRITICHE MA RISPETTO DI FATTI E PERSONE.

Un invito ad esercitare sempre, con la massima liberta’, il diritto di critica (‘’non mi sentirete mai, e’ un impegno che ribadisco qui in maniere solenne, lamentarmi  quando mi chiederete conto di cose che non condividete’’), ma anche un appello pressante ad accompagnarlo col dovere di cronaca dei fatti e nel rispetto della persona.  E’ uno dei punti centrali dell’intervento del presidente della Regione, Ugo Cappellacci, alla giornata conclusiva degli Stati generali dell’informazione svoltosi ad Alghero.

‘’Nella mia vita professionale sono stato vicepresidente dell'ordine e sono uso a frequentare riunioni come questa. Oggi sono venuto ad ascoltarvi perché é sempre bene sentire le ragioni degli altri. Ci sono momenti in cui la logica della ‘controparte’ deve cedere il passo a quella della responsabilità – ha spiegato il Presidente -.  Dinanzi ad una crisi come questa che stiamo attraversando,  abbiamo tutti il dovere di unire gli sforzi. Le soluzioni risolutive in quanto tali non sono nella disponibilità della politica, neanche in quella delle grandi potenze mondiali. Ciò non significa che la politica non debba assumersi le sue responsabilità, ma, al contrario, che ci si deve impegnare per attenuare le conseguenze della crisi e creare i presupposti per la ripresa’’

‘’E'vero che il politico ha un rapporto schizofrenico rispetto ai media e rincorre troppo la telecamera. Quando si assume un ruolo pubblico si deve mettere in conto di andare sotto i riflettori ed essere anche inseguiti anche a discapito della privacy. Ho seguito, però, le recenti vicende di un mio collega presidente di Regione – ha aggiunto - . Non giudico i suoi comportamenti e non spetta a me farlo. Lo dico perché immagino lo shock che può provare un minore nel vedere il proprio padre dipinto in un certo modo. Vi invito a fare il vostro mestiere in maniera libera, a presidio della democrazia, ma vi invito a considerare anche il limite del rispetto della persona umana. Esiste un diritto alla libertà dalla informazione che é in qualche modo un contrappeso del diritto alla critica. Vi invito ad essere osservatori attenti e critici della politica re, perché serve ad orientare le nostre azioni e prometto – lo ribadisco - che non mi lamenterò mai di situazioni di questo tipo. Non considererò i giornalisti amici o nemici a seconda di quello che scrivono. Allo stesso tempo vi chiedo di tener fede ai principi deontologici cui si ispira la professione. Qui ci sono ottimi giornalisti e non è un caso che gli indici di lettura mostrino che i Sardi sono attenti a quanto scrivete. La forma corretta della notizia é quella che ci rende consapevoli della vita politica, culturale e sociale della nostra comunità’’.  

Il presidente Cappellacci ha, infine, invitato la politica e l'informazione a lavorare insieme anche per far si’  affinché i problemi della Sardegna abbiano l'attenzione nazionale che meritano. ‘’Oggi manderò una lettera a tutti i direttori di testate nazionali affinché battaglie come quella degli operai ALCOA- ha concluso -  abbiano l'attenzione che meritano anche dalla stampa e dal sistema radiotelevisivo nazionale. Non dico che sara’ questo a risolvere il problema, ma, come abbiamo visto per altri casi meno drammatici di quello dei 4 lavoratori che da giorni vivono, in condizioni davvero estreme, su un silos ad oltrre 60 metri di altezza, puo’ contribuire a sensibilizzare tutti e offrire un aiuto con il coinvolgimento di tutta l’opinione pubblica’’ (GG)

SINTESI DELL’INTERVENTO DELLA PRESIDENTE  DEL CONSIGLIO REGIONALE CLAUDIA LOMBARDO


LA CRISI DELLA
POLITICA INFLUISCE SUL MODO DI FARE INFORMAZIONE

 

 “Troppo spesso nella cronaca  trova spazio una politica urlata, fatta di grandi contrapposizioni e scontri, litigiosa e involuta. Per certi versi sembra che gli spazi di confronto e scontro, che prima erano deputati ad ambiti circoscritti alle sedi dei partiti, oggi abbiano grande rilevanza quasi esclusivamente sulle pagine dei giornali o nelle cronache radio televisive. Questo ha comportato una riduzione degli spazi che l’informazione dedica all’attività parlamentare e all’azione di governo, sottraendo alla conoscenza dei cittadini ambiti utili per un corretto servizio di informazione che consenta di capire effettivamente il naturale svolgersi degli eventi politici”.

Il rapporto tra politica e informazione è stato uno dei temi trattati nella relazione della presidente Claudia Lombardo che è intervenuta, stamattina a Alghero, durante i lavori degli Stati generali dell’informazione in Sardegna. 

“E’ la stessa classe politica, in primis, ad avere  il dovere di interrogarsi – ha detto la presidente -  su questo modo distorto di rappresentarsi e in questo senso possiamo affermare che la crisi della politica influisce sul modo di fare informazione. Quindi, il delicato rapporto sempre più stretto che esiste tra politica e informazione deve essere riportato a una dialettica dove prevalga la politica ragionata a discapito di quella urlata e “rissaiola”.

Pertanto, è necessaria una interazione tra politica e informazione che si proietti nella  direzione di diminuire l’attuale  distanza che esiste tra cittadini e politica, per evolversi in un nuovo rapporto di trasparenza, tempestività dell’informazione e conoscenza dell’azione politica attraverso la cassa di risonanza dei media. La crescita di una coscienza civica in una società sempre più proiettata verso lo sviluppo tecnologico e la modernità, non può prescindere dallo stretto connubio istituzioni-informazione per contribuire, insieme alla scuola e agli altri organismi dello Stato, a formare i cittadini del domani. Per la presidente del Consiglio è necessario rivolgersi ai mezzi di informazione per proporre il proprio modello politico ed esporre le proprie progettualità, non per insultare  l’avversario  di turno utilizzandolo come bersaglio per mascherare la mancanza di ideali e di un disegno politico ben definito.    

In merito ai rapporti esistenti tra politica e informazione – ha aggiunto Claudia Lombardo –non penso, e lo voglio dire con estrema chiarezza, che nel nostro Paese esista davvero una emergenza per la libertà di stampa.  Forse si è voluto disegnare con forti suggestioni un momento di difficoltà nei rapporti tra alcuni leader politici e parte dell’informazione; ma parlare di emergenza francamente mi pare esagerato.

La presidente ha anche espresso preoccupazione per il momento non facile che l’informazione sta attraverso in Sardegna. “E’ un’inquietudine  che  accompagna tutta la classe politica regionale, è un  problema al quale non vogliamo sottrarci impegnandoci, in ogni modo, per contribuire alla sua risoluzione. La nostra presenza qui vuole assumere questo significato. Le istituzioni regionali si sentono vicine al mondo dell’informazione dell’isola, ai suoi problemi e alle sue difficoltà. Ciò  proprio a riconoscimento  dell’ importantissima funzione sociale  che da sempre il mondo dell’informazione svolge a favore della politica e dei lettori. 

INTERVENTO DI ORIANA PUTZOLU DEL DIPARTIMENTO POLITICHE ORGANIZZATIVE, DEL LAVORO E DEI SERVIZI, DIPARTIMENTO POLITICHE ISTITUZIONALI E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DELLA CISL

INFORMAZIONE E CRISI DEL LAVORO

 

Ringrazio, anche a nome del segretario generale, l’Associazione della Stampa sarda per l’invito. Mario Medde è stato impedito da improvvisi e imprevedibili impegni a partecipare a questo incontro al quale sarebbe voluto intervenire.

Ci hanno convinto a essere presenti non solo le affettuose sollecitazioni di Francesco Birocchi, ma anche la consapevolezza che in questo difficile momento la Sardegna ha bisogno del massimo di unità, ma anche di uno sforzo congiunto per elaborare contenuti e proposte che portino a una società improntata alla giustizia, alla libertà e alla equità.

In questa prospettiva il lavoro è condizione primaria e imprenscindibile di un nuovo sviluppo economico e sociale della Sardegna.

Voi siete qui – mi è stato detto – non solo per parlare dei problemi specifici interni alla categoria – dal vostro programma mi è parso di capire che avete parlato di cassa di previdenza, assistenza sanitaria e problemi contrattuali – ma anche dello stato di salute della stampa in Sardegna. Un argomento che ci interessa.

Ho letto da qualche parte che le testate giornalistiche a vario titolo sono 465 o poco più. Questo vuol dire che in Sardegna c’è grande richiesta e attenzione a far sì che abbiano la propria voce e si facciano sentire non solo i fatti generali, ma anche le specificità territoriali e di categoria.

Non so se sia anche questa una manifestazione dell’individualismo e della diffidenza tipica dei sardi, ma è un fatto che balza evidente: quando si può e ci sono le condizioni è meglio avere una propria voce, sia pure piccola, piuttosto che affidarsi alle grandi iniziative editoriali generaliste.

Sotto un certo punto di vista questa ricchezza può essere considerata un difetto e un limite, ma per me è lo specchio di una realtà oggettiva, di un patrimonio locale che deve essere valorizzato, non annacquato nell’indistinto regionale.

Per questo non vale parlare di nicchie e di particolarismi locali, di scontro tra interessi contrapposti rappresentati da poteri più o meno forti – anche se questo pericolo può esserci e rappresentata la patologia del sistema - ma di varietà da valorizzare, di culture da riproporre e difendere, di istanze da far pervenire nelle stanze del potere, di individualità locali che devono emergere. E’ compito del politico fare sintesi e comporre le diverse tessere di un mosaico un’unica opera d’arte.

Poiché attento alle voci più piccole, il sindacato sardo parla di costruire in Sardegna un federalismo interno anche con il trasferimento di risorse , poteri e funzioni agli enti locali, e parla della la costruzione di una nuova Regione, condizione fondamentale sia per la riscrittura dello Statuto sia per dare efficacia ed efficienza all’azione di governo, sia per garantire un’adeguata competitività all’intero sistema economico sardo.

Tematiche che riproporremo il 30 novembre durante l’assemblea delle rappresentanze del popolo sardo, che vi chiediamo di seguire con l’attenzione che merita la volontà di mettere insieme, per elaborare un grande progetto comune, tutte le forze che hanno veramente a cuore la rinascita della Sardegna.

La presenza del sindacato e della Cisl qui, oggi, ci offre l’occasione per ringraziare i giornalisti per l’attenzione con cui sempre guardano l’impegno del sindacato confederale. Lo dico con sincerità: senza il vostro aiuto molte nostre battaglie sarebbero rimaste nel recinto degli addetti ai lavori. Di questo la Cisl vi ringrazia .

Continuate così, se potete più di così. Perché ci sono alcune questioni che sono vitali non solo per noi, ma la Sardegna.

1. Ieri è stato firmato il quarto accordo sugli ammortizzatori sociali: sono 10 mila i lavoratori in CIG e in mobilità in deroga e 505 le aziende che hanno ricorso a questo strumento. E’ il segno di un malessere grave e di un sistema che cade in pezzi. E’ un carciofo che si sfoglia : ogni foglia è un’industria in crisi e che muore  con lavoratori che perdono il lavoro, le certezze, una famiglia che entra in crisi.

2. Dobbiamo dare l’esatta misura di un dramma: quello della mancanza di lavoro madre di tutti i problemi: della disoccupazione giovanile, dell’impossibilità per i giovani di farsi una famiglia, di una criminalità metropolitana in continua crescita, di una questione femminile sempre più esplosiva.

3. Il problema povertà. Ne parliamo tanto, al punto che qualcuno non ne può più e invoca altri argomenti e altre notizie sindacali. Il fatto è che sta aumentando il disagio tra la gente sarda. La media delle pensioni Inps è 614 euro: quindi molte persone vivono con meno. Non è difficile immaginare la qualità della vita di questi anziani. Un quinto della popolazione sarda vive così.

4. Infine un problema che coinvolge sindacato, politica e stampa. Poco più di un mese fa gli operai di un’industria milanese in crisi hanno occupato l’azienda e sono saliti sul tetto dello stabilimento. I giornali ne hanno parlato e scritto per diversi giorni; grandi titoli, commenti e servizi televisivi. Risultato: dopo qualche giorno il problema viene risolto: i lavoratori non perdono il lavoro, si trovano i meccanismi per salvare l’azienda.

Eppure in fatto di eclatanti manifestazioni di protesta noi sardi abbiamo una fantasia inesauribile: occupazione del pozzo Amsicora a 240 metri di profondità; occupazione delle ciminiere di Villacidro, Alcoa, etc, blocchi sulla Carlo Felice, davanti agli aeroporti, scioperi della fame. Eppure risultati pochi.

Ho l’impressione, forse sbaglio, che le notizie sarde trovino molta difficoltà a entrare nei circuiti nazionali della stampa.

Ricordate che in occasione del sequestro Giovanni Battista Pinna, il vescovo di Sassari, per rompere il silenzio calato dopo pochi giorni dalla grande stampa sulla vicenda dell’allevatore di Bonorva, aveva chiesto l’intervento del Papa e un appello di Benedetto XVI?

Mi son chiesta: i sindacalisti lombardi sono più bravi di quelli sardi? I giornalisti milanesi sanno rappresentare meglio di quelli sardi il dramma dei lavoratori e delle loro famiglie? Sono più convincenti? Riescono a sensibilizzare e mobilitare più facilmente i colleghi dei grandi giornali? I politici sardi sono meno esperti di quelli milanesi?

Sono interrogativi che lascio alla riflessione di voi giornalisti e dei politici. Noi sindacati ci interroghiamo ogni giorno anche su questo.  

L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO REGIONALE DELLA CGIL, ENZO COSTA AGLI STATI GENERALI DELL’INFORMAZIONE IN SARDEGNA

 

Vi prometto che sarò brevissimo, visto il fitto programma che è stato annunciato. Prima di tutto, un ringraziamento particolare all’Associazione della Stampa che ha invitato anche la Cgil a questo importante appuntamento.

E’ stato ricordato spesso, nelle relazioni che mi hanno preceduto, che il rapporto tra l’informazione, la libertà e la democrazia è strettissimo, così come lo è quello tra la politica e l’informazione perché la politica è il momento più alto in cui i valori devono essere rappresentati. Vorrei citare qualche dato, anche se è vero che le statistiche non sempre sono portatrici di verità assolute ma sono indicatori importanti. Nelle classifiche sulla libertà di stampa, gli Stati Uniti - dopo l’insediamento di Barack  Obama - sono passati dal quarantesimo al ventesimo posto. L’Europa sta regredendo anno dopo anno, abbiamo la Francia al quarantatreesimo posto, la Slovacchia al quarantaseiesimo posto, l’Italia al quarantanovesimo. Queste sono statistiche di Report sans frontier, sono indicatori che ci portano a dire che, a seconda delle politiche che si perseguono, la libertà di stampa può crescere o diminuire. La libertà di stampa è un valore fondamentale, sancito dalla nostra carta costituzionale all’articolo 21: tutelare la libertà di informazione significa porsi l’obiettivo di dare senso ad un principio, che è quello della democrazia. La libertà di pensiero, quella di dissentire ed esprimere opinioni diverse è la base di qualsiasi principio democratico. Qualcuno prima di me ha sottolineato il passaggio da un sistema pluri-partitico ad un sistema “bipolare”. A questo proposito vorrei dare un altro dato che aiuta a riflettere: nel 1987 avevamo un sistema pluri-partitico e il 67% delle leggi le faceva il Parlamento, oggi invece – e ciò vale per gli ultimi 15 anni, quindi non ha colore politico, non leggetela come un’osservazione che vuole scaricare le responsabilità su una sola parte - il 90% delle leggi le fa il governo. Ripeto, questo vale per il governo Berlusconi come per quello di Prodi, e se andiamo ad analizzare come vengono emanate le leggi regionali vediamo che il dato è simile. Ma che differenza c’è tra un governo e un parlamento che fa le leggi? Si tratta di vedere quale processo democratico sta dietro, lo ha spiegato bene la presidente Lombardo quando ha detto :“Io vorrei una politica che collabori e non si contrasti a prescindere”, ma è stato detto in tanti altri interventi. Il dramma è che, culturalmente, stiamo vivendo il bipolarismo come un momento di scontro e non di confronto permanente: quando governa il centro-sinistra si organizza di tutto e di più per parlar male di quello che fa, e la stessa cosa succede con il centro-destra. Il risultato è che, è sotto gli occhi di tutti, siamo un Paese profondamente spaccato, in una fase di declino. Purtroppo è così, e non perché lo dicono le statistiche, ma perché lo avverte la gente. Comunque i numeri della crisi sono drammatici: in Italia, secondo i dati Ocse, le assunzioni sono diminuite del 30%, i licenziamenti sono aumentati del 20%, l’emergenza lavoro è internazionale ma di certo si fa sentire molto in Italia, ancora di più in Sardegna. Ancora, un disoccupato su 3 ha meno di 25 anni e fra i Paesi dell’Ocse, l’Italia si distingue per un rapporto tasso di disoccupazione dei giovani e tasso di disoccupazione complessivo tre volte più alto. Qualcuno si era illuso che si potesse teorizzare l’autosufficienza, il primato dei mercati e la diseguaglianza come leve della crescita. Ho sentito dalle precedenti relazioni come è diseguale una redazione di un giornale, come è diseguale il trattamento tra soggetti che svolgono lo stesso lavoro e collaborano per costruire lo stesso prodotto. Credo che il risultato della disuguaglianza sia questo, un mondo meno libero perché, credetemi, chi è precario nel mondo del lavoro, è meno libero di chi non lo è, è meno libero di esprimersi ma è meno libero di pensare al proprio futuro e quindi di programmare la propria vita. E’ meno libero nel lavoro e fuori dal lavoro. Io credo che questo debba servire per una riflessione più ampia. Oggi io partecipo a una assemblea di giornalisti, diversa da una assemblea di fabbrica a cui sono più abituato, magari cambiano i toni, più educati, meno esasperati, però alcuni problemi di fondo - precarietà, crisi -  sono gli stessi. Allora questa è una cosa che deve far riflettere davvero tutti. In Sardegna, Presidente Cappellacci, abbiamo bisogno di 150mila posti di lavoro subito, per dare una risposta all’emergenza occupazione. Ogni quattro posti di lavoro che abbiamo perso, tre sono di precari: sono quelli che non si vedono e che non fanno statistica e a volte vengono usati come spot, oggi mi servi e ti uso, domani non mi servi e non succede niente, come ci fosse un patto che mi consenta di usarti solo quando mi servi. Noi oggi abbiamo un obiettivo prioritario, dare risposte e soluzioni al problema del lavoro, perché attorno al lavoro poi, si risolvono tutti gli altri problemi. Ecco perché CGIL, CISL e UIL, qui in Sardegna sono rimaste unite, a discapito delle divisioni nazionali che ci sono e restano e non sono estranee ai sindacati sardi. Noi però, abbiamo deciso di restare compatti, perché siamo consapevoli che la situazione è talmente drammatica che va affrontata così, con coesione. Per questo abbiamo presentato un progetto per lo sviluppo che parte dalle riforme - quella del nostro Statuto prima di tutto -  dal recepimento di un federalismo che deve diventare una opportunità e non l’ennesimo taglio ai diritti, alle risorse, alla qualità della vita in questa Isola. Abbiamo però bisogno della politica, non di una politica che diventa autoreferenziale e continua a fare attività di governo, come ho detto prima, e non di Consiglio. Quando dico di governo e non di Consiglio, non mi vorrei neanche fermare solo al Consiglio, ma vorrei che potessimo affondare il ragionamento anche tra la gente, perché questa è la cosa più importante, rendere protagonisti delle scelte i cittadini. E’ la differenza che c’è tra governance  e government: la governance parte  dal basso, la government parte dall’alto.


 

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