Sono passati 45 anni. Milano. Mercoledì 28 maggio 1980, mattina. Un commando di terroristi uccide a pochi passi da casa, in via Salaino, a Milano, il giornalista Walter Tobagi, inviato speciale del Corriere della Sera, presidente dell'Associazione Lombarda dei Giornalisti, giovane padre di famiglia.
Aveva appena 33 anni. E già si era distinto come acuto osservatore e cronista coraggioso degli anni più bui della storia repubblicana. Freddato a colpi di pistola per la sua passione per il giornalismo di inchiesta, per il suo impegno per una informazione libera. Per quel suo pungolo di 'voler capire per poter spiegare'.
Sono passati 45 anni, ma chiunque si occupi di giornalismo non può non fare i conti con il suo lascito. E anche chi fa sindacato, non può non tenere a mente i suoi moniti. «Non sono le parole tonanti, ma i comportamenti di ogni giorno che modificano le situazioni, danno senso all'impegno sociale», diceva. O ancora: «Il gradualismo, il riformismo, l'umile passo dopo passo sono l'unica strada percorribile per chi vuole elevare per davvero le condizioni dei lavoratori».
Idee che sono sopravvissute a quel 28 maggio, alle pallottole dei sicari della Brigata XXVIII marzo, formazione terroristica di estrema sinistra, che quella mattina si arrogarono i ruoli di giudici e carnefici. Insegnamenti che ancora oggi vengono ricordati e tramandati. (mf)