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Cronaca 05 Feb 2007

Il Presidente della Fnsi, Franco Siddi: “Occorre spegnere i 'microfoni' irresponsabili complici della violenza negli stadi"

“Il giornalismo italiano ha raccontato, reso noti e sempre più spesso subìto, fatti di devianza e violenza del tifo in ogni parte d’Italia, ma anch’esso deve fare un’ulteriore riflessione. Oggi il giornalismo sportivo che si occupa di calcio, dopo l’assassinio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti a Catania, deve sapere parlare d’altro anziché di una competizione fra squadre e campanili.

“Il giornalismo italiano ha raccontato, reso noti e sempre più spesso subìto, fatti di devianza e violenza del tifo in ogni parte d’Italia, ma anch’esso deve fare un’ulteriore riflessione. Oggi il giornalismo sportivo che si occupa di calcio, dopo l’assassinio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti a Catania, deve sapere parlare d’altro anziché di una competizione fra squadre e campanili.

Esso mostra, nella sua generalità, di aver compreso la gravità di una situazione divenuta intollerabile. Bandire la violenza, evitare indulgenze verso le bande degli stadi è un dovere civico oltreché professionale. Oggi più che mai occorre essere testimoni, non testimonial, cronisti e opinionisti sapienti, non tifosi senza ragione. Nessuno può più chiudere gli occhi, né turarsi il naso. Dopo cinquanta morti vittime di tifo violento i 44 anni, ben due nell’ultima settimana, giustificazioni pseudo-sociologiche non hanno più alcun senso. E’ l’ora del rigore morale, del rispetto della legalità, del riavvìo di una riflessione culturale profonda sui valori che possono tenere insieme una società libera e civile. Le violenze e le prevaricazioni dentro e attorno agli stadi, nel sottobosco del mondo del calcio, i soprusi dei centri di potere del suo business non possono godere di alcuna franchigia, né di complici silenzi, né di indulgenze interessate. Vale per tutti, anche per l’informazione, chiamata ancora una volta a misurarsi con una realtà dura che non si vorrebbe mai dover raccontare ma che va puntualmente rappresentata. Con lo stesso spirito di verità non ci si può, tuttavia, esimere, dal rimarcare che ci sono aree del giornalismo o presunto tale, che recano acqua alla violenza organizzata negli stadi da tempo ha trasformati in luoghi di pericolo, attraverso fogli del tifo ultrà, radio locali compiacenti (forse meglio dire complici), soprattutto in grandi città o realtà ad alti tassi di criminalità, trasmissioni tivù basate sulla volgarità programmate. Da queste realtà occorre prendere le distanze con ancora più determinazione e chiarezza del passato. L’opera di necessaria corresponsabilità, nel campo dei media, impone che istituzioni, editori e giornalisti facciano la loro parte. Le prime revocando concessioni e rivedendo i meccanismi di garanzia con cui certe emittenti di area o fede (calcistica, sportiva?) fanno informazione affidandosi a un “microfono irresponsabile”. L’informazione è cosa troppo seria e delicata, va fatta da chi ha la patente professionale per farla e da chi, di conseguenza, ne risponde sul piano deontologico secondo i doveri fissati dalla legge e dai contratti di lavoro. Questa non è rivendicazione corporativa, ma richiamo alla lealtà e alla correttezza. Gli editori, o meglio i titolari delle concessioni, non possono usare i loro canali con arbitrio. Bisogna elevare la soglia degli obblighi sociali a tutela della correttezza e del rispetto dei diritti umani, condizioni fondamentale di libertà, come parametro obbligato per la conferma di concessioni e licenze. I giornalisti debbono far crescere ancora di più la cultura dell’etica dell’informazione su quella dell’audience e della platea di riferimento dei propri media, perché la cattiva informazione non sia scambiata con quella corretta e leale, la buona (poca) tivù con la tivù spazzatura. Il ministro della Comunicazioni Paolo Gentiloni vuole sollecitare una nuova assunzione di responsabilità ai soggetti dell’informazione radio televisiva. Ben venga e abbia il coraggio di fare pulizia sui regolamenti di concessone delle frequenze e dei contributi pubblici alle emittenti. Chi è fuori dai codici e dalle soglie essenziali con cui si misurano professionalità, diritti e doveri, legalità, venga chiuso. In questi casi il silenzio è salute democratica.”

@fnsisocial

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