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Internazionale 22 Gen 2007

Al Social Forum di Nairobi la radio protagonista e "ponte" tra le esperienze dei diversi paesi

Dopo le emozioni, i dibattiti. Dalle baraccopoli di Kibera e Korogocho, con il carico di sensazioni che hanno lasciato su ogni partecipante, il Forum si e` trasferito nello stadio di Kasarani, per la consueta alluvione di seminari. Fate il conto: almeno 1.200 in cinque giorni, in un formicaio in cui tutti sono alla ricerca della sala giusta (nell’ora giusta, se possible).

Dopo le emozioni, i dibattiti. Dalle baraccopoli di Kibera e Korogocho, con il carico di sensazioni che hanno lasciato su ogni partecipante, il Forum si e` trasferito nello stadio di Kasarani, per la consueta alluvione di seminari. Fate il conto: almeno 1.200 in cinque giorni, in un formicaio in cui tutti sono alla ricerca della sala giusta (nell’ora giusta, se possible).

Numerosi gli incontri che hanno per tema l’informazione. Ma sarebbe azzardato dichiarare che sia vicino l’obiettivo, enunciato dalla precedenti edizioni del World Social Forum, di mettere in rete le esperienze di comunicazione alternative per intaccare la presa dei grandi gruppi transnazionali. Quel che si e` visto in questo avvio e` piuttosto la testimonianza di singole esperienze nazionali, che si presentano sul palco globale ma che ancora faticano a diventare network. Del resto e` una incertezza che attraversa tutto il Forum, non solo le sue aree piu` interessate alla comunicazione: c’e` chi preme perche` dal confronto scaturiscano impegni comuni, sui quali lavorare insieme fra un’assemblea e l’altra; e chi invece ritiene che al Forum non si debba chiedere una “linea”, ma che la forza di questo appuntamento sia precisamente nel semplice scambio delle esperienze, delle singole storie. Le storie africane, nella comunicazione, sono spesso storie di radio. Nel programma del Forum le emittenti comunitarie hanno un ruolo che difficilmente potrebbe immaginarsi altrove. In un territorio sterminato e a bassa tecnologia sono spesso il mezzo di piu` capillare penetrazione. Voci che hanno incitato all’odio (nel tragico ’94 ruandese, ad esempio), e che oggi invece fanno da ponte fra i paesi. Come nel progetto che mette insieme alcuni giornalisti di Congo, Burundi e Ruanda, che stanno realizzando una copertura comune delle dinamiche sociali in corso nella regione dei Grandi Laghi: una informazione condivisa puo` significare il consolidamento della pace. Sulle nostre responsabilita` di “occidentali”, anche nella comunicazione, nessuno e` disposto a farci sconti. Fatma Alloo, una giornalista tanzaniana che fa parte del Consiglio internazionale del Forum, lo ha detto cosi`, nell’incontro che aveva per tema “l’Europa vista dall’Africa”: “siete voi ad aver creato l’immagine di una terra europea ‘latte e miele’, e per questo oggi avete problemi con i boat people.” Degli immigrati ci aveva parlato ieri anche padre Daniele Moschetti, il missionario che ha preso il posto di Alex Zanotelli tra le baracche e la spazzatura di Korogocho. Mentre i bambini, dopo la Messa, giocavano con noi della folta delegazione italiana, ci prendevano per mano, ci chiedevano il nome e magari qualche spicciolo, ha usato parole poco diplomatiche: “e` facile volergli bene quando li vedete qui. Ricordatevene quando arriveranno sulle vostre coste”. Ci sara` da ricordarsene anche nelle prossime settimane: quando la Fnsi incontrera` i rappresentanti dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, che dopo Erba hanno chiesto agli organismi del giornalismo italiano di ragionare insieme su una carta dei diritti degli immigrati in tema di informazione. Roberto Natale Giunta Fnsi Nairobi, 22 gennaio 2007

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