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Internazionale 24 Gen 2007

Poco spazio sui media italiani alle questioni sollevate a Nairobi? E' così anche in altri Paesi. Se ne discute al World Social Forum

Ma come se la passa l'informazione italiana? Posto che il presente assetto dell'editoria e dell'emittenza italiane non trova difensori nella categoria, quali spazi ci sono per i iornalisti che non vogliano rinunciare a fare il loro lavoro?

Ma come se la passa l'informazione italiana? Posto che il presente assetto dell'editoria e dell'emittenza italiane non trova difensori nella categoria, quali spazi ci sono per i iornalisti che non vogliano rinunciare a fare il loro lavoro?

La domanda non e' di certo nuova. Nuova puo' essere pero' l'angolazione dalla quale la si affronta, se il quesito nasce da un contesto diverso. Come accade se se ne parla a Nairobi, nei giorni del World Social Forum. L'Istituto di Cultura italiana ha ospitato un incontro che aveva come "causa occasionale" la recente apertura della sede di corrispondenza Rai nella capitale del Kenia. Tutti d'accordo sul fatto che si tratti di un segnale positivo ("cosi' noi che ci occupiamo stabilmente di Africa potremo meglio sostenerci a vicenda nella richiesta di spazi ai nostri direttori, solitamente poco interessati", commenta Massimo Alberizzi, inviato del 'Corriere'). Tutti d'accordo pero' che non possa bastare per uscire dal provincialismo e da residui di razzismo. Sono questi i fattori che inducono i media italiani a dare poco spazio ai temi del Forum, in questi giorni? Il fenomeno non sembra solo italiano. Le altre tv pubbliche dei grandi Paesi europei, ha ricordato il neocorrispondente Rai Enzo Nucci, se ne sono gia' andate. E neanche i media africani sembrano avvertire particolare interesse per questa prima volta nel continente: "e' paradossale · dice Diane Senghor, giornalista senegalese · ma le emittenti di qui riprendono notizie e servizi sul Forum dalla francese Rf1 e dalla Bbc: l'informazione dall'Africa ai cittadini africani deve transitare per l'Europa". Ma chi l'ha detto che "non c'e' la notizia"? Giulietto Chiesa, giornalista ed europarlamentare, fa un'analisi affilata: "di questi temi non si parla perche' c'e' un interesse ferreo dei grandi poteri economico·finanziari a far dilagare un intrattenimento che svuota via via l'informazione. Non e' che le baraccopoli di Korogocho non siano una notizia. Il fatto e' che quelle immagini non devono disturbare i consumatori occidentali. E allora a noi tocca il compito di 'assaltare' i centri della comunicazione: non dobbiamo consentire loro di proseguire in questo silenzio". Ma il giornalismo sta cambiando, obietta Mauro Sarti che e' a Nairobi per l'agenzia 'Redattore Sociale': "non guardiamo solo alla copertura fornita dalle grandi tv e dai grandi quotidiani. Qui al Forum ci sono tanti altri media, ai quali non si adatta nemmeno l'etichetta di 'alternativi': free lance che lavorano su web tv, in streaming audio, per riviste, e che assicurano una buona mole di informazione". "Si', il panorama non e' cosi' negativo", aggiunge l'inviato di 'Famiglia Cristiana' Luciano Scalettari: "ci sono tante voci come 'Nigrizia' e le altre riviste missionarie, o come le tante pubblicazioni del sociale: un reticolo che si sta diffondendo, mentre la grande informazione perde lettori e spettatori". Letture diverse, che non meritano pero' di essere ridotte e irrigidite nella banale alternativa fra 'radicali' e 'riformisti' che e' di moda in politica. Puo' esserci differenza di toni, ma per nessuno dei giornalisti che sono qui e' da mettere in dubbio che siano da considerare una notizia i tuguri delle grandi citta', il fatto che i loro abitanti cresceranno dal miliardo attuale ad un miliardo e mezzo, la vera e propria guerra mondiale per l'acqua che gia' si vede all'orizzonte. Sono i nostri direttori, invece, che continuano a chiederci: "dov'e' la notizia?" Roberto Natale (Giunta Fnsi)

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