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Un momento della cerimonia
Unci 29 Ago 2018

Palermo, un albero per il maresciallo Calogero Bona nel Giardino della Memoria

All'evento anche il sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone; il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando; il segretario regionale dell'Assostampa, Roberto Ginex; il presidente dell'Odg regionale, Giulio Francese; il presidente regionale e il vicepresidente nazionale dell'Unci, Andrea Tuttoilmondo e Leone Zingales.

Un albero per il maresciallo della polizia penitenziaria Calogero Di Bona, ucciso dalla mafia il 28 agosto del 1979, nel Giardino della Memoria di Palermo. La piantumazione ha avuto luogo stamane alla presenza della vedova Rosa Cracchiolo e dei figli Ivan, Alessandro e Giuseppe.

Tra gli altri hanno partecipato all'evento il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Jacopo Morrone; il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando; il vicesindaco del capoluogo isolano, Sergio Marino; il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria, Gianfranco De Gesu; il comandante provinciale della Guardia di finanza, Giancarlo Trotta; il capocentro della Dia di Palermo, colonnello Antonio Amoroso; il segretario regionale dell'Assostampa Sicilia, Roberto Ginex, il presidente regionale dell'Ordine dei giornalisti, Giulio Francese.

Per l'Unci erano presenti il presidente regionale Andrea Tuttoilmondo ed il vicepresidente nazionale Leone Zingales. Per l'associazione nazionale dei magistrati era presente il giudice Giovanna Nozzetti, presidente del distretto di Palermo.

«Abbiamo ricordato – ha detto il sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone – un servitore dello Stato onesto e coraggioso. In questo luogo significativo, gestito da giornalisti e magistrati, oggi ne abbiamo onorato la memoria». Morrone si è soffermato per un momento di riflessione, assieme al provveditore De Gesu e a Leone Zingales, davanti agli alberi dedicati a Giovanni Falcone, Francesco Morvillo e agli agenti trucidati a Capaci, e davanti agli alberi che ricordano i caduti della polizia penitenziaria: Antonino Burrafato, Antonio Lo Russo (caduto assieme al giudice Pietro Scaglione) e Luigi Bodenza.

Uno dei figli del maresciallo Di Bona, Giuseppe, ha ringraziato i giornalisti ed i magistrati: «È bello sapere che in questo luogo gli studenti in visita imparano a conoscere anche i nomi e i cognomi delle vittime meno note. In questo luogo, per fortuna, non ci sono morti di serie A o di serie B. Oggi abbiamo un luogo dove nostro padre è ricordato con il nome ed il cognome».

Calogero Di Bona era nato a Villarosa (En) il 29 agosto del 1944. Quando è stato sequestrato e ucciso era il vicecomandante degli agenti del carcere dell'Ucciardone di Palermo. Era entrato a far parte del Corpo degli agenti di custodia nel 1964 fino a diventare maresciallo ordinario. Il 28 agosto 1979 scomparve da Palermo al termine del turno di servizio. Il giorno dopo avrebbe compiuto trentacinque anni e la maggior parte della sua carriera l'aveva trascorsa lavorando proprio all'Ucciardone. Nel 2010 i figli del sottufficiale si sono rivolti al Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria e alla Procura di Palermo per far riaprire le indagini sulla scomparsa di Di Bona. I magistrati Francesco Del Bene e Amelia Luise hanno coordinato la nuova inchiesta e nel 2012 è stato individuato il contesto in cui è maturato l'assassinio del sottufficiale che voleva riportare la legalità all'interno del carcere di via Enrico Albanese. I pentiti hanno raccontato che Di Bona è stato ucciso nel giardino di una casa di campagna che gli investigatori della Dia hanno localizzato nella borgata periferica di Cardillo.

Questo il testo della motivazione con cui è stata assegnata la medaglia d'oro al valor civile: «In servizio presso la Casa Circondariale di Palermo Ucciardone, pur consapevole del grave rischio personale, con fermezza e abnegazione improntava la propria attività lavorativa a difesa delle Istituzioni e contro le posizioni di privilegio tra i reclusi, fra i quali erano presenti alcuni nomi eccellenti della locale criminalità organizzata. Per tale coraggioso comportamento fu vittima di un sequestro senza ritorno che, solo in epoca recente, si è accertato essere culminato in un omicidio, di cui sono stati individuati e condannati all'ergastolo gli esecutori materiali, risultati appartenenti a cosche mafiosi. Nobile esempio di uno straordinario senso del dovere e di elevate virtù civiche, spinti fino all'estremo sacrificio».

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