Secondo indiscrezioni trapelate oggi, venerdì 12 settembre 2025, sono in corso contatti tra Sigfrido Ranucci e La7 per un progetto che potrebbe prendere il via la prossima stagione. Il conduttore di Report avrebbe in programma un incontro con il patron Urbano Cairo entro la fine del mese. L'idea sarebbe di affidare a Ranucci la realizzazione di un programma di inchieste, ma comprenderebbe anche seconde serate, la partecipazione ad altre trasmissioni e la realizzazione di instant book. La trattativa sarebbe ancora allo stato iniziale e, per il momento, Ranucci, che ha un contratto da dipendente con la Rai, resta impegnato nella realizzazione di Report.
Il Cdr del Tg3 ha commentato con una nota: «Le giornaliste e i giornalisti del Tg3 apprendono con preoccupazione del possibile addio di Sigfrido Ranucci alla Rai. Sarebbe l’ennesimo e gravissimo episodio di impoverimento della nostra azienda e, in particolare, della nostra Rete la cui identità è stata già ampiamente erosa negli ultimi anni».
Il Cdr ha concluso: «Pretendiamo dall’azienda che faccia tutto il possibile per dare al nostro collega e alla sua squadra le migliori condizioni di lavoro possibili, salvaguardando spazi di libertà e indipendenza, elementi essenziali della vita democratica del Paese».
Sulla vicenda è intervenuto anche il consigliere di amministrazione della Rai, Roberto Natale: «Il servizio pubblico è da molti anni e deve continuare ad essere la casa di Sigfrido Ranucci. È impensabile che l'informazione Rai debba fare a meno di un'offerta apprezzata da milioni di cittadini, che tiene alta - pur in un contesto difficilissimo e sotto il fuoco di troppi attacchi politici - la migliore tradizione del giornalismo di inchiesta».
L’esecutivo Usigrai, in un comunicato stampa, ha evidenziato che «l’ipotesi di Ranucci a La7 con il suo programma sarebbe una ulteriore perdita per la Rai. Se ora anche Ranucci fosse costretto ad andare via vorrebbe dire che questa Rai davvero non ha in mente alcun tipo di rilancio del servizio pubblico ma una Rai sempre più al seguito di quella parte di politica che vive il giornalismo di inchiesta come un intralcio».
L’organismo sindacale di base ha aggiunto: «Noi crediamo che l’informazione sia un cardine della democrazia e della libertà. Per questo siamo contro ogni censura; da qualunque parte arrivi. Per questo motivo sosteniamo il giornalismo di chi fa domande e di chi, tra mille rischi e difficoltà, sceglie ancora di raccontare i fatti. La stagione televisiva appena iniziata evidenzia tra l’altro la difficoltà del servizio pubblico rispetto ai competitor privati. Evidentemente il cambio di narrazione evocato dai vertici Rai non sta portando alcun risultato apprezzabile in termini di gradimento dell’offerta. Non funzionano – conclude l’Usigrai - le nuove proposte della Rai meloniana, termine che possiamo ritenere ormai sdoganato dopo la vicenda del possibile passaggio del direttore del tg1 a Palazzo Chigi e il ricollocamento di un ex ministro in una sede di corrispondenza Rai». (anc)