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Fnsi 05 Mag 2004

Condannato un giornalista del Corriere della Sera che si finse immigrato. Il giudice di Lodi configura il reato più grave. Pisapia (Prc): "Sentenza sconcertante, il cronista ha esercitato il diritto-dovere di informare e meriterebbe un plauso". La

Condannato un giornalista del Corriere della Sera che si finse immigrato. Il giudice di Lodi configura il reato più grave. Pisapia (Prc): "Sentenza sconcertante, il cronista ha esercitato il diritto-dovere di informare e meriterebbe un plauso". La solidarietà del Cdr: "Sentenza paradossale". Solidarietà dalla Lombarda, della Romana e da Rsf

Condannato un giornalista del Corriere della Sera che si finse immigrato. Il giudice di Lodi configura il reato più grave. Pisapia (Prc): "Sentenza sconcertante, il cronista ha esercitato il diritto-dovere di informare e meriterebbe un plauso". La solidarietà del Cdr: "Sentenza paradossale". Solidarietà dalla Lombarda, della Romana e da Rsf

Il giornalista Fabrizio Gatti del Corriere della Sera, che nel gennaio del 2000 si finse un clandestino romeno, privo di documenti, per essere rinchiuso nel Centro di accoglienza per immigrati in attesa di rimpatrio, in via Corelli a Milano, il cui ingresso era tassativamente vietato ai giornalisti, è stato condannato a 20 giorni di reclusione (pena sospesa e non menzione) e al pagamento delle spese processuali. La sentenza è stata pronunciata dal giudice monocratico Andrea Pirola a conclusione della terza udienza del procedimento penale in Tribunale a Lodi dove il giornalista era stato rinviato a giudizio per aver fornito alla Polizia una falsa identità, reato per il quale il Pubblico ministero aveva chiesto la condanna dell'imputato al pagamento di un'ammenda di 200 euro. Il giudice Pirola, invece, ha ritenuto il comportamento del giornalista più grave del reato previsto dall'art. 496 del codice penale per la «falsa dichiarazione di identità», applicando l'art. 495 che riguarda specificatamente l'attestazione sottoscritta da Gatti, con il falso nome di Roman Ladu, di un atto pubblico e precisamente del verbale di interrogatorio da parte degli agenti della Questura di Lodi che lo avevano fermato mentre fingeva di chiedere l'elemosina nel centro della città in modo plateale per farsi notare. Il giudice non ha tenuto in considerazione le argomentazioni difensive dell'avvocato Caterina Malavenda che aveva sostenuto la tesi della non punibilità del suo assistito in quanto la messa in scena architettata era l'unica strada possibile, concordata con il capo redattore del Corriere della Sera, al fine di esercitare il diritto all'informazione sancito dalla Costituzione. L'avvocato Malavenda ha preannunciato che interporrà appello alla sentenza facendo rilevare la singolarità del procedimento. La denuncia della Polizia a carico di Gatti era stata trasmessa sia alla Procura di Lodi che a quella di Milano. A Lodi l'istruttoria, che configurava il reato più grave, quello previsto dall'art. 495, si era conclusa con la richiesta di archiviazione mentre, successivamente, da Milano a Lodi veniva inoltrata, per competenza territoriale, la copia della stessa denuncia che determinava l'apertura di un nuovo fascicolo e il rinvio a giudizio del giornalista per il reato più lieve, quello appunto contemplato dall'art. 496, che poi è stato diversamente considerato dal giudice. (ANSA). Per il capogruppo di Rifondazione comunista in commissione giustizia alla Camera, «è sconcertante la condanna del giornalista che si finse immigrato per poter denunciare le violenze e gli abusi nel centro di prima accoglienza». «Meriterebbe un plauso - è il giudizio di Pisapia - e non una condanna chi ha esercitato il diritto-dovere di informare i cittadini». «Era del tutto evidente - argomenta l'on. Pisapia - che per poter esercitare il diritto-dovere di informazione dell'opinione pubblica rispetto a situazioni non ammissibili in uno Stato di diritto, Fabrizio Gatti non aveva altra alternativa che fingersi immigrato senza documenti e vivere concretamente l'esperienza. Gli articoli e i servizi del giornalista meritavano un plauso, e non certo una condanna, tanto più che, nel caso specifico, ben poteva ritenersi applicabile la causa di non punibilità prevista dall'art. 54 del codice penale, che prevede espressamente una esimente per chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona». «L'auspicio - conclude il parlamentare di Prc - è che i giudici di appello possano riformare la sentenza di primo grado, rendendo in tal modo giustizia a chi, con grande coraggio e professionalità, si è battuto contro una grave ingiustizia». (ANSA). Il Comitato di redazione del Corriere della Sera ha preso atto con preoccupazione della paradossale sentenza che condanna un cronista per aver espletato nella maniera più consona il proprio lavoro alla ricerca della verità e della più corretta informazione. Ritiene, infatti, che la condotta del giornalista Fabrizio Gatti sia degna di encomio e non di punizione, sia sotto il profilo giornalistico che etico. E' uno strano Paese questo che sta perdendo il senso e la consapevolezza dei valori più elementari e condivisi, e ciò avviene anche per interventi istituzionali qual è la sentenza di un giudice. Il Comitato di redazione mentre rinnova a Fabrizio Gatti l'apprezzamento di tutti i giornalisti, segnala all'opinione pubblica la necessità di una profonda riflessione sulla deriva della libertà di stampa in Italia peraltro già oggetto di attenzione, nei giorni scorsi, anche da parte del Parlamento europeo. Il Cdr del Corriere della Sera L’Associazione Lombarda dei Giornalisti comunica: “Il presidente dell’Alg, Maurizio Andriolo, interpretando i sentimenti di tutto il Consiglio Direttivo dell’Associazione e dei giornalisti lombardi, esprime solidarietà piena e convinta al collega Fabrizio Gatti, perseguito da una sentenza quanto meno strabiliante. Il diritto/dovere di fare informazione impone al giornalista di essere non soltanto freddo testimone, ma anche impegnato in prima persona ed esponendosi. La ritorsione e l’arroganza del potere sono inammissibili in una stato di diritto. -------------------------------------------- Solidarietà di Stampa Romana al collega Fabrizio Gatti embedded fra gli extracomunitari milanesi. L'Associazione Stampa Romana esprime la sua più ampia solidarietà nei confronti del collega Fabrizio Gatti del Corriere della Sera, a cui è stata incredibilmente comminata una condanna penale per aver compiuto il proprio dovere d'informare i cittadini sobbarcandosi un grave disagio personale. Per poterla descrivere, Gatti ha scelto di condividere la condizione degli extracomunitari rinchiusi nel "Centro di permanenza temporanea" di via Corelli, a Milano, i cui responsabili rifiutavano qualsiasi verifica da parte dell'opinione pubblica e limitavano perfino l'esercizio dell'attività ispettiva dei parlamentari, espressamente prevista dalle leggi. A conferma della gravità della situazione e della necessità urgente di diffondere informazioni in materia, il "centro" di via Corelli è stato chiuso poche settimane dopo la pubblicazione dei servizi di Fabrizio Gatti. Un esempio di giornalismo di alto valore civico. Fabrizio Gatti, giornalista del Corriere della Sera, è stato condannato a 20 giorni di reclusione (con il beneficio della condizionale), il 5 maggio 2004, per aver falsificato la sua identità nel corso di un’inchiesta sul Centro di accoglienza per immigrati. Il giornalista farà ricorso in appello contro questa sentenza. Reporter senza frontiere denuncia la severità di questo verdetto che condanna pesantemente un giornalista per aver utilizzato il solo mezzo che aveva a disposizione per indagare su un affaire di interesse generale. L’organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa ritiene che il diritto dei giornalisti a informare e quello del pubblico a essere informato, debba prevalere su un reato minore, che peraltro era l’unica strada percorribile per fare scoprire una realtà sociale e garantire il diritto all’informazione.

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