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Parlamento 11 Giu 2009

Ddl Alfano, Anm: "E' la morte della giustizia penale"

La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia". A insorgere contro le nuove norme é l'Associazione nazionale magistrati, che parla di scelte legislative "che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti"

La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia". A insorgere contro le nuove norme é l'Associazione nazionale magistrati, che parla di scelte legislative "che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti"

In particolare, le norme sulle intercettazioni "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". In sostanza è come se"Governo e Parlamento chiedono alle forze dell' ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". Sarebbe allora "più serio e coerente - sostiene la giunta dell'Anm - assumersi la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile". I magistrati si dicono "sgomenti" che il Parlamento compia queste scelte proprio "in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è evocata come priorità del Paese". E spiegano con esempi concreti la "gravità delle conseguenze" delle nuove norme: "gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla Bnl: in nessuno di questi casi con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli". "E' semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato. Ed è del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione" . E non basta: "la equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine. Con queste norme non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici". Anziché ricercare un "punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto alla informazione", Governo e Parlamento - lamenta l'Anm - "sacrificano del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione". Un quadro ancora più preoccupante se letto insieme alla riforma del processo penale in discussione in Senato; una proposta che "non introduce le riforme necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo". (ANSA)

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