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Ordine 27 Set 2006

L'Ordine dei Giornalisti di Milano sanziona Belpietro e Fadda

Foto di un cittadino in manette: dopo Paolo Mieli, sanzionati anche Maurizio Belpietro e Pierluigi Fadda. Assolti Carlo Rossella e Cristina Parodi: "Non è pubblicità ingannevole comunicare che è nato un nuovo periodico"

Foto di un cittadino in manette: dopo Paolo Mieli, sanzionati anche Maurizio Belpietro e Pierluigi Fadda. Assolti Carlo Rossella e Cristina Parodi: "Non è pubblicità ingannevole comunicare che è nato un nuovo periodico"

Delibere dell'Ordine dei Giornalisti di Milano Foto di un cittadino in manette: dopo Paolo Mieli, sanzionati anche Maurizio Belpietro e Pierluigi Fadda Milano, 26 settembre 2006. Foto di un cittadino in manette sul "Giornale" e sul "Giorno" (edizioni del 14 settembre 2005): il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha sanzionato, con la censura, i direttori Maurizio Belpietro e Pierluigi Fadda: "La censura, da infliggersi nei casi di abusi o mancanze di grave entità, consiste nel biasimo formale per la trasgressione accertata". Anche a Paolo Mieli il 10 luglio è stata inflitta la stessa sanzione. Il Consiglio non ha condiviso l'impostazione difensiva del direttore del "Giornale" e dell'ex direttore del "Giorno": a) Maurizio Belpietro non ha fornito alcuna prova documentata sulle "precise disposizioni" date alla sua redazione circa il rispetto delle regole deontologiche. Oggi i direttori colloquiano normalmente con i loro redattori via internet. Queste lettere circolari hanno una data e un orario di spedizione. Non ha fornito la prova sui "richiami a delle persone che, così, non avevano prestato molta attenzione alla pubblicazione di fotografie di persone in manette". b) Pierluigi Fadda, - che non ha fornito alcuna prova documentata sulle disposizioni date alla sua redazione sul rispetto delle regole deontologiche - è responsabile, come tutti di direttori, di tutto quello che appare nelle pagine del suo giornale (testi, foto, pubblicità, insezioni e titoli). Le manette ai polsi di G.G. si vedono nettamente, non si intuiscono. Nella vecchia tipografia gutenberghiana, le foto erano inserite in pagina poco prima della stampa del quotidiano. Oggi le moderne tecniche digitali consentono l'inserimento delle foto contestualmente all'inserimento delle foto. Le responsabilità del direttore abbracciano tutto quello che viene pubblicato sul giornale. Sta a lui organizzarsi in maniera tale che le sue strutture redazionali vigilino sul rispetto delle regole deontologiche della professione. A norma dell'articolo 3 della legge 47/1948 sulla stampa, "ogni giornale (o altro periodico) deve avere "un direttore responsabile". "Si desume dal significato complessivo della disposizione - in cui l'articolo indeterminato (un) ha anche un valore numerale - che il direttore indicato a norma dell'articolo 5 della stessa legge come responsabile risponde del mancato controllo del contenuto del giornale considerato unitariamente e in ogni sua parte" (Cassazione penale, Sez. V, sent. n. 2817 dell'11-04-1986). Le norme citate nel punto 1 comprimono il diritto di cronaca (anche fotografica) nel senso che la tutela della dignità della persona è un limite invalicabile. E' vero che di ciascuna pagina si occupino, a rotazione, i giornalisti incaricati di "disegnarle" e di chiuderle, secondo le indicazioni fornite dalla Direzione, ma è anche vero, soprattutto per chi ha una minima conoscenza della vita redazionale, che sul lavoro dei redattori e dei capi dei singoli servizi, vegliano la caporedazione e poi i vicedirettori. Nei casi specifici la catena di comando è saltata o è stata elusa. Di queste incongruenze o lacune organizzative anche sul piano deontologico rispondono i direttori responsabili. Sta di fatto che G. G. appare, su tre colonne, in manette tra due agenti di polizia penitenziaria. Le moderne tecniche fotografiche consentivano di isolare l'immagine del protagonista del fatto. Le manette non erano essenziali ai fini di documentare l'arrivo di G. G. in tribunale. Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (meglio noto come Codice deontologico dei giornalisti sulla privacy) parla chiaro in tema di salvaguardia della dignità della persona arrestata e in tema di essenzialità dell'informazione. Percepire un cittadino arrestato in manette è una realtà soggettiva. La legge non vuole che lo stesso appaia in manette, cioè in una condizione degradante e umiliante. Un titolo e una cronaca per quanto "favorevoli" non annullano e non possono annullare la pubblicazione della foto. E di ciò i direttori portano intera la responsabilità per non aver controllato, anche tramite la sua struttura di vertice, il giornale e per non aver impartito, con anticipo, rigorose disposizioni di carattere deontologico. Non basta conoscere le regole, ma bisogna anche applicarle e farle applicare puntualmente. I doveri di un direttore responsabili sono pesanti e per questo ben retribuiti. Il rispetto della dignità della persona (art. 2 legge 69/1963) è un limite costituzionale (sentenza 293/2000 della Corte costituzionale) all'esercizio del diritto di cronaca e di critica. Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica (meglio noto come Codice deontologico sulla privacy) all'articolo 8 (Tutela della dignità della persona) afferma: "Salva l'essenzialità dell'informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesivi della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell'immagine. Salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di po lizia, il giornalista non riprende né produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell'interessato. Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi".Tra i principi della Carta dei doveri figura quello che impegna i giornalisti "a non pubblicare immagini o fotografie.... comunque lesive della dignità della persona". In conclusione Maurizio Belpietro e Pierluigi Fadda a) hanno violato l'obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione (articolo 48 della legge 69/1963 sull'ordinamento della professione di giornalista); b) hanno violato il principio di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963), pubblicando una foto che lede il principio della dignità della persona; c) non ha rispettato la propria reputazione e la dignità dell'Ordine professionale (articolo 48 della legge professionale 69/1963). d) sono venuti meno ai doveri e agli obblighi di vigilanza propri di un direttore responsabile di quotidiano. L'Ordine di Milano prende le distanze dall'Antitrust e dall'Agcom Assolti Carlo Rossella e Cristina Parodi: "Non è pubblicità ingannevole comunicare che è nato un nuovo periodico" Milano, 26 settembre 2006. Il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha assolto Carlo Rossella e Cristina Parodi, rispettivamente direttore responsabile di Canale 5 e conduttrice di "Verissimo", dall'accusa di pubblicità ingannevole. In data 18 ottobre 2005, la segreteria dell'Ordine ha ricevuto un esposto da parte di Glenda Giunò, presidente del Movimento Consumatori (Comitato regionale lombardo), contro Carlo Rossella e Cristina Parodi, rispettivamente direttore e redattrice del settimanale del TG5 "Verissimo", sulla base di una decisione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust o Agcm). Carlo Rosella e Cristina Parodi, giudicati come "presunti operatori pubblicitari", erano stati riconosciuti dall'Antitrust, con provvedimento n. 14700 del 6 settembre 2005, responsabili di una fattispecie di pubblicità non trasparente ingannevole (per avere pubblicizzato il settimanale Star+Tv edito da Mondadori). L'accusa prende le mosse da quanto era avvenuto nel corso della puntata di Verissimo del 14 febbraio 2005, in cui Cristina Parodi aveva parlato per 40" del settimanale e del suo contenuto. Il Consiglio, accogliendo la linea difensiva (avv. Salvatore Pino), non ha condiviso le conclusioni dell'Antitrust e dell'Agcom. Il settimanale Star+Tv è apparso, come riferisce la difesa, nelle edicole il 22 gennaio 2005. Alla data del 14 febbraio 2005 era ancora in atto la campagna di lancio del periodico nel cui contesto va collocata, quindi, la notizia data da Cristina Parodi (e Carlo Rossella). La campagna di lancio di un giornale dura normalmente un mese e in questo mese le edicole accordano al nuovo prodotto una collocazione preminente. Il Consiglio afferma che la nascita di un giornale è una notizia, che può essere trattata come tale dagli altri giornali (telematici, radiotelevisivi e cartacei). Dietro ogni giornale c'è una redazione, un collettivo di uomini e donne, che progettano e realizzano il prodotto editoriale. Anche Star-Tv ha una sua dignità, è un'opera intellettuale. Dare la notizia ai telespettatori - una sola volta, si badi, e per 40 secondi! - della presenza nelle edicole di un nuovo settimanale non può, in nessun caso, considerarsi una "fattispecie di pubblicità non riconoscibile, idonea ad indurre in errore le persone alle quali è rivolto o da essa raggiunte sulla sua reale natura, promozionale e non meramente informativa". Quando nasce un giornale, tutti i mezzi informativi ne parlano. Il lancio di un giornale, sontuoso o modesto, è una notizia.

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