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Il tavolo di presidenza della Conferenza
La delegazione della Ifj a Doha
Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso (al centro)
Internazionale 25 Lug 2017

I giornalisti di tutto il mondo al fianco di Al Jazeera: «No alla chiusura delle sedi e dei canali»

Nella conferenza di Doha sulla libertà  di espressione, ferma condanna alla decisione di 4 Paesi arabi di oscurare l'emittente. Cresce la preoccupazione per gli attacchi e le intimidazioni ai giornalisti in ogni parte del pianeta e per le limitazioni e i bavagli che si tenta di imporre alla libertà  di stampa. Appello ai governi per il rispetto dei diritti umani e la lotta al precariato.

Il giornalismo non è un crimine. Non lo è in Turchia, dove tantissimi sono i cronisti in carcere. Non lo è in Medio Oriente, dove è in atto il tentativo di ridimensionare Al Jazeera, costringendola a chiudere sedi e a spegnere il segnale. Per dire no a queste a e tutte le forme di bavaglio contro la libertà di espressione e il diritto di cronaca, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni internazionali per i diritti umani si ritrovano a Doha, in Qatar, nella duegiorni della Conferenza internazionale su "Freedom of expression, facing un to the threat" organizzata dal Comitato nazionale del Qatar per i diritti umani, in collaborazione con la Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) e con l'International press institute. Ai lavori partecipa il segretario generale della FNSI, Raffaele Lorusso, insieme con gli altri membri del comitato esecutivo dell'Ifj.

L'assemblea esprime solidarietà ad Al Jazeera, ai giornalisti e a tutti i lavoratori della principale emittente del mondo arabo, condannando la decisione di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi e Bahrain di impedirne le trasmissioni. Una conseguenza dell'ultimatum al Qatar, che non può tradursi in un bavaglio generalizzato alla stampa e al diritto di cronaca. Al Jazeera - viene ricordato - è la finestra sul mondo arabo, l'emittente che ha dato voce alle primavere arabe, uno dei più grandi network del mondo. Il comportamento dei quattro Paesi arabi rappresenta la negazione del diritto fondamentale dei cittadini ad essere informati, quindi una forma di violazione dei diritti umani. L'assenza di un'organizzazione come la Ebu, la European broadcasting union, presente alla Conferenza con il presidente Giacomo Mazzone, rende la situazione di Al Jazeera più difficile.

La necessità di creare condizioni favorevoli al riconoscimento e all'affermazione dei diritti umani, a cominciare dal Qatar, dove numerose sono le criticità, è uno dei fili conduttori dei dibattiti. Diritti umani, libertà di espressione e libertà di stampa sono strettamente connessi. Per questo - ferma restando la condanna dei tentativi di oscurare Al Jazeera - è necessario che in Qatar e in tutto il Medio Oriente si moltiplichino gli sforzi per sviluppare i diritti umani.

La guardia va però tenuta alta in tutto il mondo. Ovunque, infatti, si registrano arretramenti sul terreno dei diritti fondamentali. La libertà di stampa è sempre più minacciata perché si moltiplicano gli attacchi contro i giornalisti. Minacce, intimidazioni e violenze contro i cronisti sono in preoccupante aumento a tutte le latitudini. Ci sono tentativi di bavaglio spesso favoriti dai governi, che la Conferenza di Doha respinge, auspicando azioni coordinate per proteggere e sostenere i giornalisti e promuovere il pluralismo, l'indipendenza e la libertà dei mezzi di informazione.

Dagli Stati Uniti al Sud America, passando per l'Europa, fino ad arrivare in Oriente e in Australia, gli attacchi alla libertà di espressione e al diritto di cronaca sono all'ordine del giorno, anche se assumono forme diverse. Si va dalla violenza contro i cronisti a forme di bavaglio più o meno mascherate (le querele temerarie in Italia ne sono un esempio), fino ai condizionamenti imposti dalla pubblicità, dai potentati economici e dalle concentrazioni editoriali. Senza dimenticare i controlli sempre più diffusi sul giornalismo on line e il tentativo di governi e parlamenti di assestare un colpo mortale alla segretezza delle fonti dei giornalisti, trincerandosi dietro ragioni di sicurezza nazionale e di lotta al terrorismo. Da questo punto di vista, numerosi Paesi, Stati Uniti e Australia compresi, hanno approvato norme che consentono di controllare la rete e i suoi utenti: questo si traduce spesso in un accesso abusivo alle fonti dei giornalisti.

Di qui, l'appello ai governi, spesso fautori di limitazioni alla libertà di stampa, ad accogliere e a tradurre in atti concreti tutte le raccomandazioni approvate dalle organizzazioni internazionali, a cominciare da Onu e Unesco. Sono necessari provvedimenti per permettere ai giornalisti di lavorare in sicurezza. Non meno importante è la battaglia per i diritti del lavoro: il precariato, sempre più diffuso, è una condizione che offende la dignità della persona e nel caso dei giornalisti li rende meno liberi. A farne le spese è la qualità dell'informazione, essenziale per la tenuta di ogni qualsiasi democratico.

I giornalisti, dal canto loro, sono chiamati a rispettare i loro doveri professionali, rifuggendo dal linguaggio dell'odio, dalle fake news, dall'antisemitismo, dall'islamofobia e dal razzismo più in generale.

La duegiorni si conclude con la visita alla sede di Al Jazeera, dove giornalisti di tutto il mondo, guidati da Jim Boumhela, leader dell'Ifj, hanno espresso solidarietà ai colleghi della tv araba, leggendo in diretta tv messaggi ed inviti a non arrendersi.

PER APPROFONDIRE

Di seguito il testo delle Recommendations of the International Conference "Freedom of Expression, Facing up to the Threat".

@fnsisocial

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