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Il giornalista Valerio Cataldi (Foto: premiorobertomorrione.it)
Internazionale 12 Dic 2019

'Guardati le spalle. Sei morto': minacce dall'Albania, dove non si possono fare domande

Valerio Cataldi, consigliere nazionale Fnsi e presidente dell'associazione Carta di Roma, racconta la situazione che vivono i giornalisti albanesi, stretti tra la violenza del crimine e i bavagli della politica, e la sua esperienza personale: dopo una puntata di 'Narcotica' su di lui si è scatenata una tempesta di insulti e intimidazioni. La solidarietà  del sindacato: «Rilanciamo tutti le sue inchieste».

Valerio Cataldi, consigliere nazionale della Fnsi e presidente della Carta di Roma, ha ricevuto intimidazioni e minacce via social dopo la sua inchiesta sul narcotraffico che ha chiamato in ballo il governo dell'Albania. Fnsi e Usigrai chiedono «alle autorità di porre la massima attenzione su questi fatti. E a tutte le testate di rilanciare le inchieste, affinché Cataldi non resti isolato. Da parte nostra - aggiunge il sindacato - un grazie all'inviato della Rai, al Tg3 e a Rai3 per aver aperto illuminato in questo modo anche le minacce subite costantemente dai giornalisti albanesi e la situazione della libertà di stampa in Albania».

PER APPROFONDIRE
Di seguito i dettagli della vicenda nel contributo scritto dallo stesso Valerio Cataldi.

In Albania i giornalisti sono sotto attacco: da una parte il crimine organizzato che è sempre più forte, alleato della ndrangheta nel traffico di cocaina dal Sud America; dall'altra il governo. Reporter senza frontiere dice che nel 2018 l'attacco contro i giornalisti albanesi ha raggiunto livelli mai visti. Insulti, minacce di morte, querele per intimidire e fermare le inchieste sulla corruzione. È all'82esimo posto per libertà di stampa secondo l'ultimo rapporto di Rsf. Il primo ministro Edi Rama, ha bollato i giornalisti come ignoranti, velenosi, spazzatura, malelingue, produttori di notizie false, nemici pubblici. Gli insulti si sono concentrati soprattutto quando una inchiesta sul narcotraffico ha coinvolto il suo ministro dell'interno Saimir Tahiri. Un gruppo accusato di traffico di droga (poi arrestato a Catania dove faceva affari con cosa nostra), con a capo un cugino del ministro, usava una macchina intestata al ministro stesso, a Tahiri.

Quella vicenda è stata al centro di una delle puntate della serie Narcotica, che ho fatto per il Tg3 e Raitre questa estate, ma nonostante fosse nota e conclamata, ha provocato reazioni molto forti del governo albanese. Prima l'attuale ministro dell'interno, poi il premier Edi Rama hanno scritto sui social e commentato pubblicamente dicendo che si trattava di invenzioni, giornalismo spazzatura. Subito dopo si è scatenata una tempesta di insulti e minacce sui social. Profili anonimi, nomi albanesi, identità inventate. Foto profilo col fucile di precisione. 'Guardati le spalle. Sei morto. Stai attento. Sappiamo dove sei'.

Una coda di insulti e minacce che prosegue ancora oggi a cui non avevo dato nessun peso che fa parte di una dimensione intimidatoria nella quale i colleghi albanesi vivono costantemente.

La comunicazione politica in Albania circola attraverso una sola fonte, si chiama ERTV, significa Edi Rama TV. È la tv del primo ministro. In Albania è vietato fare domande. L'ultima frase del premier rivolta ai giornalisti albanesi è stata: 'Non obbligateci a fare quello che non potete neanche immaginare!'.

Domani i giornalisti albanesi si riuniranno per valutare come fare fronte al pacchetto di leggi che il governo albanese spaccia come provvedimenti contro le fake news, ma che in realtà serve a prendere il controllo dei siti web. Koloreto Cukali, presidente del Consiglio Albanese dei Media è venuto in Italia a denunciare questa situazione su cui hanno già preso posizione la Federazione europea dei giornalisti e la Fnsi.

La situazione è davvero complessa e quelle minacce cui non avevo dato peso, portano fino qui, in Italia, la questione albanese sulla libertà di stampa.

@fnsisocial

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