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Fnsi 20 Ott 2003

Libertà di stampa, per Reporters sans frontieres l'Italia è ultima nell'Unione Europea

Libertà di stampa, per Reporters sans frontieres l'Italia è ultima nell'Unione Europea

Libertà di stampa,
per Reporters
sans frontieres
l'Italia è ultima
nell'Unione Europea

Italia ultima fra i Paesi dell'Unione Europea nella classifica mondiale sulla libertà di stampa di Reporter sans frontieres, 53ma su un indice di 166, dopo nazioni come Bolivia, Bulgaria, Bosnia e Albania. La stessa classifica pone Cuba e Corea del Nord al penultimo e ultimo posto, mentre Stati Uniti e Israele perdono posizioni per il comportamento tenuto fuori dalle loro frontiere. La classifica di Rsf è la seconda redatta dall'organizzazione internazionale, che per elaborarla ha chiesto a giornalisti, ricercatori, giuristi o militanti dei diritti umani di rispondere ad un questionario che permette di valutare lo stato della libertà di stampa nel paese preso in considerazione. In questo indice figurano quindi 166 nazioni, contro le 139 dell'anno scorso e i paesi assenti sono tali per mancanza di informazioni affidabili e verificabili. Per quanto riguarda l'Ue, Rsf definisce la situazione buona, tranne per l'Italia e la Spagna. Per il secondo anno consecutivo, l'Italia ha ottenuto una «pessima» postazione (53) rispetto ad altri paesi dell'Ue, che l'organizzazione imputa al conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, mentre il decreto legge per la riforma del sistema audiovisivo (ddl Gasparri), «che sembra tagliato su misura per proteggere gli interessi di Berlusconi, rischia di aggravare le minacce che pesano sul pluralismo dell'informazione in questo paese», si legge nel rapporto. Riguardo alla Spagna (42), Rsf imputa la sua posizione alle difficoltà con cui si devono confrontare i giornalisti nei Paesi baschi. La Francia è 26ma a causa, afferma il rapporto, «della sua legislazione arcaica sulla diffamazione, per le sue esitazioni, sempre più frequenti, nell'affrontare il fondamentale principio della protezione delle fonti giornalistiche e per gli arbitrari e ripetuti interrogatori di giornalisti ad opera della polizia». Come nel 2002, il rapporto mostra poi una situazione particolarmente catastrofica in Asia, dove si trovano otto tra i 10 paesi peggio classificati: Corea del Nord, Birmania, Laos, Cina, Iran, Vietnam, Turkmenistan e il Bhutan. In questi Stati, denuncia Rsf, la stampa indipendente è praticamente inesistente, oppure quotidianamente repressa dalle autorità. I giornalisti sono costretti a lavorare in condizioni estremamente difficili, in totale assenza di libertà e di sicurezza. Cuba è invece 165ma, al penultimo posto: nella primavera del 2003, 26 giornalisti indipendenti sono stati arrestati e condannati a pene che vanno dai 14 ai 27 anni di detenzione. Per quanto riguarda l'Africa, l'Eritrea, al 162mo posto, è il paese con la situazione peggiore del continente africano. Da due anni, la stampa privata non ha più «diritto di pubblicazione» e al momento 14 giornalisti eritrei sono detenuti in località segrete. Come lo scorso anno, la classifica dimostra anche che il rispetto della libertà di stampa non è necessariamente legato allo sviluppo economico dei Paesi presi in considerazione. Così, troviamo dei paesi, tra i più poveri del mondo, come il Benin (29), Timor Est (30) o il Madagascar (46), figurare tra i primi 50 classificati. Al contrario, delle nazioni ricche, come il Bahrein (117) o Singapore (144), si posizionano tra i 50 paesi che meno rispettano la libertà di espressione. Rsf distingue poi la situazione della libertà di stampa all'interno e fuori da Stati Uniti ed Israele che si trovano rispettivamente al 31mo e al 44mo posto per il rispetto della libertà di espressione sul proprio territorio, mentre scendono precipitosamente al 135 e al 146 posto per il comportamento tenuto fuori dalle loro frontiere. Le ripetute violenze dell'esercito israeliano contro dei giornalisti che operavano nei territori occupati e la responsabilità dell'esercito americano nella morte di diversi professionisti dei media durante il conflitto in Iraq, sono, scrive Rsf, «indubbiamente degli atti inammissibili per due nazioni che dichiarano il loro impegno a favore della libertà di stampa». Per quanto riguarda il mondo arabo, l'organizzazione denuncia un peggioramento generale. La guerra in Iraq ha sicuramente giocato un ruolo di primo piano nell'inasprirsi della repressione operata dai regimi arabi nei confronti della stampa. Il Libano (106) ha perso la sua posizione di leader del mondo arabo a profitto del Kuwait (102), Arabia saudita (156), Siria (155), Libia (153) e Oman (152), denuncia Rsf, fanno ampiamente uso di tutti i mezzi a loro disposizione per impedire la nascita di una stampa libera e indipendente. In Marocco (131), le speranze riposte in Mohammed VI al momento della sua incoronazione nel luglio 1999, «sono andate ampiamente deluse». L'organizzazione denuncia poi una situazionee preoccupante in Russia (148), in Ucraina (132) e in Bielorussia (151). Anche se esiste una stampa indipendente in Russia, la censura relativa a tutte le informazioni che riguardano la guerra in Cecenia, i diversi assassinii di giornalisti o il recente rapimento del corrispondente dell'Afp in Inguscezia, giustificano la cattiva posizione. Ed in Asia centrale, e in particolare in Turkmenistan (158) e in Uzbekistan (154), i governi continuano a mantenere una cappa di piombo sulla stampa. Diversi paesi con governi democraticamente eletti e nei quali esiste la stampa libera e indipendente si trovano in una posizione molto bassa della classifica: è il caso del Bangladesh (143), della Colombia (147) e delle Filippine (118). In questi Stati, i giornalisti sono spesso vittime di violenza, sia da parte dei governi che dai partiti politici, gruppi mafiosi o dalla guerriglia. In altri casi, come in Nepal (150), la stampa è vittima del fuoco incrociato delle forze di sicurezza e dei ribelli. (Adnkronos)

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