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Internazionale 28 Feb 2006

Iraq, i giornalisti “devono resistere alla tentazione di portare armi”

(Astro9colonne) - Bruxelles, 27 feb - L’Istituto Internazionale per la Sicurezza dei giornalisti (International News Safety Institute) ha lanciato un appello affinché gli inviati in Iraq resistano alla tentazione di portare armi per la difesa personale, tentazione sempre più forte dopo l’omicidio della giornalista di Al-Arabiya Atwar Bahjat e di due suoi colleghi.

(Astro9colonne) - Bruxelles, 27 feb - L’Istituto Internazionale per la Sicurezza dei giornalisti (International News Safety Institute) ha lanciato un appello affinché gli inviati in Iraq resistano alla tentazione di portare armi per la difesa personale, tentazione sempre più forte dopo l’omicidio della giornalista di Al-Arabiya Atwar Bahjat e di due suoi colleghi.

L’International News Safety Institute - organizzazione non governativa impegnata a combattere la persecuzione dei giornalisti in tutto il mondo e nata dalla collaborazione tra gruppi per la libertà di stampa, sindacati e sostenitori di organizzazioni umanitarie - ha chiesto che gli inviati “resistano all’idea secondo cui i giornalisti dovrebbero andare armati nei luoghi di guerra e in particolare in Iraq”. L’appello è nato in seguito alla richiesta di un reporter che, in occasione di una conferenza tenutasi venerdì scorso, ha chiesto al presidente iracheno Jalal Talabani di permettere ai giornalisti di portare armi in nome dell’autodifesa. “Inviatemi una richiesta formale ed io la approverò”, ha risposto Talabani. Ma l’INSI crede che la decisione sarebbe “controproducente” e che le vite dei giornalisti sarebbero “ancor più in pericolo”. Inoltre, i giornalisti che decidessero di girare armati si sottrarrebbero automaticamente alla protezione garantita ai civili dalla Convenzione di Ginevra (l’articolo 79 del protocollo supplementare 1977 afferma che “i giornalisti impegnati nelle zone di guerra sono considerati civili, e dunque protetti come tali, purché non intraprendano azioni che contraddicono la condizione di civili”). Il direttore dell’Istituto per la Sicurezza dei giornalisti, Rodney Pinder, ha dichiarato che “un giornalista con la pistola dice senza parole che le persone che lo circondano sono nemici. Questa - ha ribadito - non è la posizione di un osservatore neutrale ma quella di un combattente”. Pinder ha aggiunto: “E’ comprensibile che i giornalisti in Iraq stiano valutando misure estreme per la propria difesa. Noi siamo solidali ma siamo altrettanto certi che occorre fare attenzione per evitare azioni ancora più pericolose per i professionisti e per la comunità”. Il direttore dell’INSI ha espresso profonde condoglianze alle famiglie dei reporter uccisi in Iraq, per poi condannare duramente la violenza contro gli inviati: “Siamo addolorati per gli omicidi brutali e codardi dei reporter di Al-Arabiya, che stavano facendo coraggiosamente il loro lavoro. Coloro i quali aggrediscono i giornalisti dovrebbero ricordare che senza di essi il mondo non saprebbe degli oltraggi nei luoghi santi di Samarra o delle sofferenze del popolo iracheno”.

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