«La strage di via D'Amelio ha impresso un segno indelebile nella storia italiana. La morte di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta - Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina - voluta dalla mafia per piegare le istituzioni democratiche, a meno di due mesi dall'attentato di Capaci, intendeva proseguire, in modo eversivo, il disegno della intimidazione e della paura. La democrazia è stata più forte. Gli assassini e i loro mandanti sono stati sconfitti e condannati». Nel giorno del 33° anniversario della strage, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda così, in una dichiarazione, i tragici fatti del 19 luglio 1992.
«In questo giorno di memoria - prosegue il capo dello Stato - la commozione per le vite crudelmente spezzate e la vicinanza ai familiari delle vittime restano intense come trentatré anni or sono. Il senso di riconoscenza verso quei servitori dello Stato che, con dedizione e sacrificio hanno combattuto il cancro mafioso, difendendo libertà e legalità, consentendo alla società di reagire, è imperituro».
Per Mattarella, «le vite di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone sono testimonianza e simbolo della dedizione dei magistrati alla causa della giustizia. Borsellino non si tirò indietro dal proprio lavoro dopo la strage di Capaci. Continuò ad andare avanti. Onorare la sua memoria vuol dire seguire la sua lezione di dignità e legalità e far sì che il suo messaggio raggiunga le generazioni più giovani».