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La giornalista Maria Grazia Mazzola con il presidente Mattarella (Foto: @inviataspecialeRai)
Minacce 08 Mag 2019

Bari: aggressione a Maria Grazia Mazzola, chiesto il processo per la moglie del boss

All'imputata Monica Laera la Dda contesta i reati di lesioni personali e minacce con l'aggravante mafiosa. Rischia il processo anche la 59enne Angela Ladisa, consuocera della Laera, accusata di oltraggio a pubblico ufficiale. La vicenda risale al 9 febbraio 2018. La Fnsi pronta a costituirsi parte civile.

La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per la pregiudicata 44enne Monica Laera, moglie del boss barese Lorenzo Caldarola, ritenuto ai vertici del clan mafioso barese Strisciuglio, accusata di aver aggredito la giornalista Rai Maria Grazia Mazzola. La vicenda risale al 9 febbraio 2018. All'imputata la pm della Dda di Bari Lidia Giorgio contesta i reati di lesioni personali e minacce con l'aggravante mafiosa. Rischia il processo anche la 59enne Angela Ladisa, consuocera della Laera, accusata di oltraggio a pubblico ufficiale. L'udienza preliminare comincerà il prossimo 16 maggio dinanzi al gup del Tribunale di Bari Giovanni Anglana. 

Per l'accusa, la moglie del boss minacciò la giornalista e la colpì con un pugno al volto in reazione alla richiesta della cronista di informazioni sui procedimenti penali in corso nei confronti del figlio Ivan, all'epoca minorenne, mentre in quel momento all'interno dell'abitazione della famiglia Caldarola, nel quartiere Libertà (la giornalista era in strada), era allestita una camera ardente perché la stessa mattina era deceduta una familiare.

Condotte aggravate, secondo gli inquirenti, dal metodo mafioso in quanto «l'intimidazione – si legge nell'imputazione – era tesa all'affermazione del controllo del territorio, in considerazione della sua qualità sia di condannata per partecipazione ad associazione di tipo mafioso denominata clan Strisciuglio, sia di moglie di Lorenzo Caldarola, condannato in due occasioni per associazione di tipo mafioso e detenuto al tempo del fatto quale capo promotore del clan operante nel quartiere Libertà».

«Come in tutti gli episodi simili ai danni di colleghi minacciati, la Federazione nazionale della Stampa italiana è pronta a costituirsi parte civile al processo», anticipa il sindacato.

@fnsisocial

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