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Sentenze 19 Lug 2015

Crotone, il giudice condanna EsperiaTv a reintegrare Rossana Caccavo: soddisfatto il Sindacato della Calabria

Era stata licenziata "in tronco e con effetto immediato" il 13 aprile 2013. La prima fase processuale ne disponeva il reintegro l'8 luglio 2014, ma l'azienda non ha mai provveduto. Ora arriva la sentenza del Tribunale di Crotone che rende giustizia alla giornalista Rossana Caccavo, costretta a difendere - con l'aiuto del Sindacato dei giornalisti della Calabria - il suo lavoro e la sua professionalità dalla sua stessa azienda, Esperia Tv: "La giornalista - decreta il giudice - va reintegrata".

Era stata licenziata "in tronco e con effetto immediato" il 13 aprile 2013. La prima fase processuale ne disponeva il reintegro l'8 luglio 2014, ma l'azienda non ha mai provveduto. Ora arriva la sentenza del Tribunale di Crotone che rende giustizia alla giornalista Rossana Caccavo, costretta a difendere - con l'aiuto del Sindacato dei giornalisti della Calabria - il suo lavoro e la sua professionalità dalla sua stessa azienda, Esperia Tv: "La giornalista - decreta il giudice - va reintegrata".

Il tribunale di Crotone, accogliendo il ricorso proposto dal Sindacato dei giornalisti della Calabria, ha reintegrato al suo posto di lavoro la giornalista Rossana Caccavo, licenziata “in tronco e con effetto immediato” il 13 aprile 2013 dall’emittente televisiva Esperia TV, la stessa che solo pochi giorni fa, con una mail firmata dall’attuale amministratore delegato, Lorenzo Marrelli, è arrivata a “sospendere con effetto immediato” dal servizio e dallo stipendio i giornalisti “in attesa e fino a formale provvedimento di licenziamento o risoluzione consensuale” del rapporto di lavoro.
“Una sentenza - commenta il segretario del sindacato calabrese e membro della Giunta esecutiva della Fnsi, Carlo Parisi - che, ancora una volta, premia la linea dell’Ufficio Legale del Sindacato Giornalisti della Calabria rappresentato dall’avvocato Mariagrazia Mammì e conferma la pretestuosità di un licenziamento avvenuto appena cinque giorni dopo la sua elezione a Fiduciario di Redazione, evento storico nel Gruppo Marrelli di Crotone che, fino a quel momento, non aveva mai avuto una rappresentanza sindacale. Pretestuosità grossolane, prontamente smentite dai fatti, come chiaramente osservato dal Tribunale di Crotone nella sentenza”.
Una sentenza che rende giustizia alla collega costretta alle vie legali per difendere il suo lavoro e la sua professionalità contro la sua stessa azienda.
“Nella prima tappa processuale, l’8 luglio 2014 - ricorda il Sindacato giornalisti della Calabria - il giudice del lavoro Federica Colantonio, accogliendo pienamente la tesi difensiva dell’avv. Mammì, aveva dichiarato la nullità del licenziamento impugnato 'per causa di matrimonio – art. 35 del decreto legislativo 198/2006 – nonché perché ritorsivo in quanto intimato dall’azienda in seguito all’elezione della giornalista a fiduciario di redazione di Esperia TV'”.
“Il dato normativo non lascia spazio ad alcun dubbio interpretativo”, aveva osservato il Tribunale di Crotone ordinando all’azienda di reintegrare Rossana Caccavo e di riconoscerle “il risarcimento del danno subito attraverso la corresponsione di una indennità parametrata alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino al giorno della riammissione in servizio, oltre interessi e rivalutazioni”.
Il giudice aveva, inoltre, condannato Marrelli al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo ed alle spese legali quantificate in 2800 euro, oltre ad Iva e Cpa. Esperia TV, invece, nonostante l’esecutività della sentenza, non ha mai reintegrato la giornalista nel posto di lavoro. E ora è stata condannata al pagamento anche delle nuove spese processuali, liquidate in 2300 euro, sempre oltre Iva e Cpa.
“Un licenziamento che il sindacato dei giornalisti aveva subito ritenuto palesemente nullo sotto ogni aspetto affidando al proprio ufficio legale il compito di dimostrare, ancora una volta, che l’arroganza si batte alzando la testa per rivendicare la propria dignità, umana e professionale, e continuando a credere fermamente nella legalità e nella giustizia”, incalza il segretario calabrese Carlo Parisi.
La sentenza, rispondendo nello specifico ai punti sui quali si basava il ricorso dell'azienda contro l'ordinanza del 2014, ha inoltre fornito alcuni interessanti spunti di riflessione.
In primo luogo, nell’opposizione all’ordinanza, Esperia TV sosteneva che “il rapporto di lavoro tra le parti era viziato da violazione di legge in quanto la lavoratrice, assunta in qualità di giornalista praticante, non avrebbe avuto i requisiti richiesti dalla legge” per essere inserita nel Registro dei praticanti dell’Ordine dei giornalisti e, di “conseguenza, il contratto sottoscritto dalle parti sarebbe nullo per violazione di legge”.
“Invero – osserva, invece, il giudice del lavoro del Tribunale di Crotone – la resistente ha effettuato un regolare periodo di tirocinio presso la redazione della Esperia…utile per l’iscrizione nel Registro dei Praticanti”.
“Infatti – a parere del giudice Barbetta – i principi giurisprudenziali offerti da parte ricorrente nell’interpretazione della norma descritta nell’art. 34 della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti non tengono conto del valore disgiuntivo della congiunzione 'o' che consentirebbe di individuare nella disposizione quattro ipotesi distinte, e pertanto quelle relative ai giornali quotidiani ed ai servizi giornalistici della radio e della televisione non comporterebbero ai fini dello svolgimento della pratica il rispetto dei limiti numerici riferibili esclusivamente alle ipotesi residue (agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno quattro giornalisti professionisti redattori ordinari; periodico a diffusione nazionale e con almeno sei giornalisti redattori ordinari)”.
“Al di là dell’interpretazione dell’art. 34 – osserva sul punto il segretario regionale Parisi – è stata alquanto singolare la richiesta dell’azienda per la nullità del contratto da praticante, regolarmente sottoscritto e per mesi onorato dalla stessa Esperia TV, per mancanza di requisiti che non tocca certamente al dipendente conoscere in quanto riferiti ad altri colleghi”.
“Una decisione contraria – sottolinea Parisi – avrebbe, infatti, conferito al procedimento elementi di rilevanza penale, in quanto avrebbe messo in capo all’azienda priva del requisito di legge la facoltà di assumere praticanti e licenziarli a proprio piacimento”.
Il secondo elemento contestato dall'azienda riguardava “l’incolpevole ignoranza del matrimonio della sua dipendente, la quale avrebbe dovuto informare il datore di lavoro delle nozze imminenti”.
“Sul licenziamento a causa di matrimonio – osserva il Tribunale di Crotone – Esperia TV ha dedotto di aver legittimamente assunto il provvedimento espulsivo della dipendente, motivato da un giusto motivo dovuto alla crisi economica che l’azienda ha attraversato in quel periodo e dall’asserito rifiuto della dipendente di prestare il servizio nella zona di Cosenza in luogo della zona di Crotone, e non a causa di matrimonio in quanto circostanza sconosciuta al datore di lavoro”.
“Dalla documentazione in atti emerge con certezza – sottolinea il giudice Barbetta – che la Esperia ha avuto conoscenza delle imminenti nozze della Caccavo con mail, indirizzate a Marrelli Massimo azionista di maggioranza del gruppo di cui fa parte la ricorrente, già all’inizio del febbraio 2013 e ribadito nel marzo 2013. Pertanto, la ricorrente non avrebbe dovuto procedere al licenziamento della dipendente a causa di matrimonio proprio nel periodo in cui aveva avuto conoscenza del matrimonio della lavoratrice o comunque avrebbe potuto avere già notizia delle nozze alla luce delle pubblicazioni avvenute il 4 aprile 2013 e della loro celebrazione del 20 giugno 2013. Ne discende l’illegittimità del provvedimento di recesso, adottato dal datore di lavoro fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, in applicazione al principio di presunzione assoluta richiamato nella fase cautelare, in aderenza alla linea tracciata dalla giurisprudenza di legittimità in materia, dinanzi alla presenza sia del requisito della conoscenza del potenziale matrimonio che della sua effettiva celebrazione, avvenuta il 20 giugno 2013”.
Terzo punto, infine: “il recesso sarebbe ascrivibile ad un intervento di programmata riorganizzazione aziendale mediante il quale la lavoratrice avrebbe rifiutato di effettuare il servizio nella zona di Cosenza e non più in quella di Crotone, tanto da far discendere il provvedimento di recesso da parte della società”: per il Tribunale di Crotone “la paventata crisi aziendale non è idonea a giustificare l’allontanamento della lavoratrice, condividendo gli argomenti utilizzati dal primo giudice; inoltre, il dedotto rifiuto della dipendente di non volere spostare il suo servizio in una zona differente dalla provincia di Crotone non facendo parte del giusto motivo oggettivo posto a base del licenziamento, unitamente a ragioni che avrebbero potuto giustificare un licenziamento per giusto motivo soggettivo (incapacità nell’esercizio della professione), non saranno oggetto di valutazione”.
(da www.giornalistitalia.it)

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