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I sei personaggi pubblici accusati di voler fare un colpo di stato in Serbia
Internazionale 19 Set 2017

Serbia: disinformazione come strategia politica

Linciaggi mediatici di chi non si allinea alle posizioni del governo, autorità  giudiziarie che non tutelano i cittadini, giornalisti indipendenti accusati di cospirazione. È la Serbia di Vučić raccontata da Dragan Janjić per l'Osservatorio Balcani e Caucaso.

di Dragan Janjić*

«Utilizzeremo tutti gli strumenti giuridici a nostra disposizione e nel caso non riuscissimo a conseguire niente in Serbia, faremo ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo», ha dichiarato la giornalista Antonela Riha, una dei sei personaggi pubblici – tra giornalisti, attivisti delle organizzazioni non governative e attori – che hanno sporto denuncia contro il tabloid Informer e l’emittente televisiva a copertura nazionale TV Pink in seguito alle accuse ricevute di voler rovesciare l’ordine costituito e fare un colpo di stato. La denuncia è stata sporta più di un anno fa, ma finora non è stata accolta da nessuno degli organi giudiziari al quale è stata presentata.

Oltre ad Antonela Riha, tra i firmatari della denuncia ci sono altri due giornalisti, Vukašin Obradović (già presidente dell’Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia, NUNS) e Tamara Skrozza; Ilir Gaši, direttore della Fondazione Slavko Ćuruvija; e gli attori Sergej e Branislav Trifunović. Il 9 giugno 2016 le loro fotografie, accompagnate dai loro nomi, sono apparse sulle pagine di Informer in un articolo intitolato "Kreće ubijanje Vučića" (Inizia l'eliminazione di Vučić), e il giorno dopo sono stati citati in un altro articolo pubblicato sullo stesso tabloid, "Zavera protiv vlasti u Srbiji" (Complotto contro il governo serbo). Entrambi gli articoli sono stati ripresi dal canale TV Pink e da diversi media e portali web di orientamento nazionalista, nonché dai siti ufficiali di alcune organizzazioni ultra-nazionaliste.

"Gli accusati" hanno vissuto la vicenda come un'esortazione al linciaggio nei loro confronti e come una minaccia alla loro incolumità, perché li espone al rischio di subire aggressioni da parte di chiunque dovesse convincersi che stiano davvero complottando contro l'ordine costituito o contro il presidente. I tribunali ai quali si sono rivolti non ritengono tuttavia che vi siano motivi sufficienti per avviare un’indagine, e recentemente anche la procura di Belgrado si è rifiutata di occuparsi del caso. Ora intendono rivolgersi alla Corte costituzionale, che è il più alto organo giudiziario del paese. Se nemmeno questo dovesse produrre alcun risultato, faranno ricorso alla Corte di Strasburgo.

A destare particolare sconcerto negli "accusati" è una delle motivazioni addotte dalla procura nel respingere la loro denuncia, ossia la constatazione che non si siano finora "manifestate le conseguenze" delle affermazioni fatte dal tabloid Informer e poi riportate da uno dei canali televisivi più seguiti del paese e da diversi portali web di destra. Stando a questa interpretazione, il tribunale potrebbe intervenire solo nel caso in cui qualcuno degli "accusati" venisse aggredito e pestato in strada. Eppure il loro sentirsi minacciati nella propria incolumità costituisce uno dei motivi principali per cui hanno deciso di rivolgersi agli organi giudiziari.

Il gruppo di giornalisti, attori e attivisti accusati di cospirazione dai media filo-governativi è stato ufficialmente informato che lo stato non ritiene che vi siano ragioni per procedere giuridicamente in questo caso. Indirettamente, ciò sottende che le autorità non ritengano fondate le accuse di cospirazione diffuse dal tabloid Informer e riportate da diversi altri media. Ciononostante, nessuno spiegherà all’opinione pubblica che si trattava di accuse infondate, mentre gli organi giudiziari continuano a ignorare le affermazioni degli “accusati” riguardo al fatto che la loro incolumità è minacciata.

Ciò che accomuna le persone prese di mira dal tabloid Informer è il fatto di non esitare a criticare apertamente il governo serbo. Ed è per questo che nell’ambiente dei giornalisti è diffusa la convinzione che si tratti di una campagna ben orchestrata, finalizzata a “soffocare” le voci di dissenso presenti nel dibattito pubblico e ad assicurare “l’obbedienza” tramite il sostegno dei media vicini al governo, impedendo così ogni trasgressione dei limiti considerati accettabili dalla leadership al governo e dagli altri centri di potere.

«Finché i giornalisti dei media filo-governativi saranno immuni da ogni responsabilità penale per quello che scrivono, continueranno a esserci gogne, linciaggi e angherie nei confronti di chi pensa in modo critico», ha dichiarato Vukašin Obradović al quotidiano belgradese Danas. Obradović, così come gli altri firmatari della denuncia, ritiene che questo tipo di comportamento da parte dei media vicini al governo, oltre a costituire una violazione di legge, metta a repentaglio la sicurezza delle persone bersagliate. «Queste accuse rappresentano un grande pericolo per la nostra incolumità, ma non vi si presta sufficiente attenzione. Non si tratta di accuse innocue», ha affermato Obradović.

In Serbia, i tabloid sono “tradizionalmente” usati dal governo e da altri centri di potere come arma contro i giornalisti non allineati, ma anche contro gli avversari politici e ai danni di molte organizzazioni indipendenti. I cittadini che si ritrovano ad essere bersagliati sulle pagine dei tabloid da accuse infondate di cospirazioni e vari altri crimini si rivolgono alle istituzioni nel tentativo di ottenere una qualche tutela giuridica. L’astensione dall’agire e l’inerzia degli organi giudiziari vengono ritenute dai giornalisti indipendenti una dimostrazione che è in atto il tentativo di disciplinare, oltre all’opinione pubblica, anche la magistratura.

La vicenda della denuncia presentata dal gruppo di giornalisti, attivisti e artisti bersagliati dai media filo-governativi non ha destato molta attenzione nell’opinione pubblica, il che è alquanto preoccupante perché dimostra che il linciaggio mediatico viene percepito come un fenomeno consueto, contro il quale c'è ben poco da fare. La conseguenza è che l’opposizione, già debole e disorganizzata, il settore non governativo e altri soggetti critici nei confronti del governo possano essere pubblicamente denigrati in qualsiasi momento, senza avere alcuna possibilità di difendersi né di avvalersi di tutela giuridica.

È in questo clima che i media vicini al governo hanno cominciato a fare pressione sui giornalisti “disobbedienti” affinché si occupassero dei temi imposti dai tabloid. Così ormai da settimane viene fomentata una campagna denigratoria nei confronti dell’attore Sergej Trifunović, uno dei firmatari della denuncia contro Informer e Pink, il quale – disgustato dal fatto che il tribunale abbia lasciato cadere in prescrizione un procedimento avviato su denuncia dei genitori di un ragazzo suicidatosi perché vittima di violenze da parte dei coetanei – ha scritto sul suo account Twitter: «Ma di quale Pil stai parlando? Di quale crescita economica, quale lotta contro il crimine? Orinerò sulle vostre tombe».

Il tweet è stato postato dopo che il presidente Vučić aveva reso noti i dati sui presunti successi dell’economia nazionale, per cui è stato subito interpretato dai tabloid come un esplicito attacco al capo dello stato, ovvero come un invito al suo assassinio. Successivamente, in occasione delle conferenze stampa organizzate dall’opposizione, i giornalisti dei media filo-governativi hanno insistito affinché gli oppositori al governo prendessero posizione nei confronti del controverso tweet, bollando tutti coloro che non hanno preso parte alla campagna contro Trifunović, compresi i media che hanno scelto di ignorarla, come protagonisti di una “cospirazione“. Anche lo stesso Vučić si è duramente espresso nei confronti del controverso tweet, durante una trasmissione televisiva di cui era l’unico ospite.

Trifunović invece non ha avuto occasione di apparire sui media mainstream, ma partecipando a una trasmissione alla tv N1 ha spiegato che la frase incriminata era solo una metafora, nata come un’espressione di protesta di fronte al fatto che il suicidio di un ragazzo vittima di violenze da parte dei coetanei non è stato adeguatamente indagato né sono stati puniti i colpevoli. Il controverso tweet è, infatti, una parafrasi del titolo di un romanzo di Boris Vian, “Sputerò sulle vostre tombe”. Sergej Trifunović è anche funzionario di un nuovo partito di opposizione, “Pokret slobodnih graÄ‘ana“ (Movimento dei cittadini liberi, PSG), e questo è probabilmente un ulteriore motivo dell’intensificarsi degli attacchi contro di lui.

*Questo articolo, consultabile a questo link, è stato prodotto nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.

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