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Associazioni 13 Giu 2005

I cronisti italiani sostengono le ragioni dello sciopero

La Giunta esecutiva dell’UNCI, Unione Nazionale Cronisti Italiani, lancia un appello a tutti i cronisti italiani affinché si mobilitino, dentro e fuori delle redazioni, e con la massima determinazione accanto alla FNSI e alle AST, venerdì 17, in occasione del primo dei 7 giorni di sciopero in difesa del contratto di lavoro e a salvaguardia dell’autonomia, del pluralismo e della qualità dell’informazione al servizio dei cittadini.

La Giunta esecutiva dell’UNCI, Unione Nazionale Cronisti Italiani, lancia un appello a tutti i cronisti italiani affinché si mobilitino, dentro e fuori delle redazioni, e con la massima determinazione accanto alla FNSI e alle AST, venerdì 17, in occasione del primo dei 7 giorni di sciopero in difesa del contratto di lavoro e a salvaguardia dell’autonomia, del pluralismo e della qualità dell’informazione al servizio dei cittadini.

La Giunta esecutiva dell’UNCI, Unione Nazionale Cronisti Italiani, lancia un appello a tutti i cronisti italiani affinché si mobilitino, dentro e fuori delle redazioni, e con la massima determinazione accanto alla FNSI e alle AST, venerdì 17, in occasione del primo dei 7 giorni di sciopero in difesa del contratto di lavoro e a salvaguardia dell’autonomia, del pluralismo e della qualità dell’informazione al servizio dei cittadini. L’UNCI e i gruppi regionali dei cronisti sostengono e sosterranno lo stato di generale agitazione della categoria, contribuendo alla lotta comune con il loro bagaglio di energie e di esperienze. Purtroppo, le posizioni dagli editori si sono rivelate più dirompenti di ogni ragionevole previsione. La FIEG sta scommettendo senza mezzi termini sulla flessibilità del lavoro, sull’uso spregiudicato dei contratti a tempo determinato e della legge Biagi (lavoro intermittente, giornalisti e service in affitto), sulla licenziabilità a mani libere, sullo sfruttamento dei free-lance, sulla cancellazione delle progressioni di carriera e degli scatti di anzianità. Nella sostanza, gli editori minacciano di smantellare i capisaldi del contratto, frutto di decenni di battaglie e di sacrifici, e di ridurre al massimo costi e investimenti, risparmiando il risparmiabile sulla pelle del lavoro nero, precario e sottopagato. Come se il prodotto dei mass-media fosse frutto dell’improvvisazione senza arte né parte, e non di preparazione, esperienza e professionalità. I valori della qualità dell’informazione hanno un costo e non possono essere svenduti sull’altare del marketing, della logica degli interessi commerciali e addirittura dei gadget. Non da oggi, l’UNCI sostiene che sia aperta una Vertenza nazionale dell’informazione, affinché gli editori e tutte le parti coinvolte nel settore della comunicazione, e non soltanto i giornalisti, rispettino le regole del diritto-dovere di informare e delle basi della democrazia.

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