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Presentato a Roma il 13° Rapporto sulla comunicazione di Censis e Ucsi
Media 28 Set 2016

Media, presentato il 13° Rapporto sulla comunicazione di Censis e Ucsi «I media digitali tra élite e popolo»

Su internet il 74% degli italiani, smartphone usati dall'89% dei giovani, social network e piattaforme online indispensabili nella vita quotidiana. Boom delle spese per consumi tecnologici anche nella crisi: +190%. Sono solo alcuni dei dati contenuti nello studio «I media digitali tra élite e popolo», 13° Rapporto sulla comunicazione di Censis e Ucsi, presentato oggi a Roma.

Su internet il 74% degli italiani, smartphone usati dall'89% dei giovani, social network e piattaforme online indispensabili nella vita quotidiana. Boom delle spese per consumi tecnologici anche nella crisi: +190%. Sono solo alcuni dei dati contenuti nello studio «I media digitali tra élite e popolo», 13° Rapporto sulla comunicazione di Censis e Ucsi, presentato oggi a Roma.

Internet tocca un nuovo record, con il 73,7% degli italiani presenti sul web. La penetrazione di internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell'ultimo anno e l'uso della rete riguarda in pratica tutti i giovani under 30, con una crescita complessiva dell'utenza del web nel periodo 2007-2016 stata pari a +28,4%.

Diminuiscono inoltre gli utenti dei telefoni cellulari basic, in grado solo di telefonare e inviare sms (-5,1% nell'ultimo anno), mentre continua la crescita impetuosa degli smartphone, utilizzati dal 64,8% degli italiani: +12% di utenza complessiva in un anno, una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo.

Il boom dei consumi tecnologici è proseguito anche negli anni della crisi (+190%), mentre, ad esempio, la spesa per libri e giornali si riduceva del 38,7%. «Gli italiani – scrive il Censis – hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perché grazie ad essi hanno aumentato il loro potere individuale di disintermediazione».

Gli italiani usano internet per informarsi, prenotare viaggi e vacanze, acquistare beni e servizi, guardare film o seguire partite di calcio, entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche o svolgere operazioni bancarie, con un risparmio in termini sia di soldi che di tempo. E social network e piattaforme online sono diventati indispensabili nella nostra vita quotidiana: Facebook è il social più popolare (usato dal 56,2% degli italiani), YouTube è passata dal 38,7% del 2013 al 46,8% del 2016, Instagram è salito dal 4,3% di utenti del 2013 al 16,8% del 2016 e WhatsApp ha conosciuto un vero e proprio boom: nel 2016 è usato dal 61,3% degli italiani (l'89,4% dei giovani).

Tutto questo mentre i quotidiani cartacei continuano a perdere lettori, ridotti al 40,5% degli italiani (-1,4% nell'ultimo anno), che solo in parte si rivolgono alle edizioni online (+1,9%). Reggono, invece, i settimanali (+1,7%), i mensili (+3,9%) e la televisione. Aumentano i radioascoltatori.

Secondo il Censis, «le ultime tendenze indicano che gli strumenti della disintermediazione digitale si stanno infilando come cunei nel solco di divaricazione scavato tra élite e popolo, prestandosi all'opera di decostruzione delle diverse forme di autorità costituite, fino a sfociare nelle mutevoli forme del populismo che si stanno diffondendo rapidamente in Italia e in Occidente. Si tratta di una sfiducia nelle classi dirigenti al potere e in istituzioni di lunga durata che oggi si salda alla fede nel potenziale di emancipazione delle comunità attribuito ai processi di disintermediazione resi possibili dalla rete. Si sta così radicando un nuovo mito fondativo della cultura web: la convinzione che il lifelogging, i dispositivi di self-tracking e i servizi di social networking potranno fornire risposte ai bisogni della collettività più efficaci, veloci, trasparenti ed economiche di quanto finora sia stato fatto».

Un fenomeno, quello della disintermediazione che preoccupa il presidente del Censis, Giuseppe De Rita: «Il singolo – ha detto in conferenza stampa – sente di poter risolvere i problemi autonomamente, senza alcuna mediazione. Questa tendenza porta con sé dei pericoli: quello principale è che vincano le tecnostrutture. La disintermediazione è percepita come qualcosa di utile ed effettivamente può esserlo nella soluzione dei problemi della sfera personale, ma non è applicabile a situazioni complesse in cui è necessaria la mediazione».

@fnsisocial

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