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Giornalisti 29 Ago 2013

Rossi: valutazioni condivisibili sulla professione Ma intenzioni attribuite al Sindacato non di propria competenza

“L’intervento sul “Corriere della Sera” di Vittorio Roidi, ex-Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, già Segretario del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti ed oggi docente di etica e deontologia del giornalismo dell’Università “La Sapienza” di Roma, proprio in relazione alla professione giornalistica, pone problemi seri e contiene considerazioni condivisibili, ma attribuisce alla Fnsi intenzioni, peraltro mai discusse in tali termini dai suoi gruppi dirigenti, che non sono neppure nei suoi poteri, come far chiudere le Scuole di giornalismo. Intenzioni che sarebbero condivise dagli Ordini regionali (perché, poi, solo da quelli regionali?).

“L’intervento sul “Corriere della Sera” di Vittorio Roidi, ex-Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, già Segretario del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti ed oggi docente di etica e deontologia del giornalismo dell’Università “La Sapienza” di Roma, proprio in relazione alla professione giornalistica, pone problemi seri e contiene considerazioni condivisibili, ma attribuisce alla Fnsi intenzioni, peraltro mai discusse in tali termini dai suoi gruppi dirigenti, che non sono neppure nei suoi poteri, come far chiudere le Scuole di giornalismo. Intenzioni che sarebbero condivise dagli Ordini regionali (perché, poi, solo da quelli regionali?).

Il problema della qualità del lavoro giornalistico si pone in termini differenti. E’ senz’altro vero – come ho avuto modo di constatare, anni or sono, perché chiamato a far parte di una Commissione d’esame, esperienza sulla quale ho scritto un preoccupato pezzo per l’allora  periodico dell’Ordine – che vi è una diffusa impreparazione culturale degli aspiranti (e, a volte, non solo aspiranti) giornalisti, ma ciò è anche la conseguenza del collasso del sistema formativo del nostro Paese. Temo, in altre parole, che la cosa non riguardi solo i giornalisti.
Ed è vero che alla ricerca della notizia la più verificata possibile si è spesso sostituita la spettacolarizzazione del fatto e la superficialità del racconto. Ma questo riguarda anche le condizioni nelle quali si svolge oggi la professione, standardizzata e burocratizzata da un lato, precarizzata dall’altro. Il che non impedisce che vi siano tanti colleghi che svolgono con passione e diligenza il loro lavoro, come ci ha ricordato il Presidente dell’Unione Nazionale Cronisti (Unci), Guido Columba, proprio rispondendo alla sollecitazione di Roidi.
La Fnsi è assolutamente interessata alla formazione professionale e culturale dei colleghi e per questo fine è disponibile alla collaborazione con gli altri organismi della categoria.
Peraltro, il tema di una più elevata preparazione e qualità professionale è questione alla quale dovrebbero essere interessati anche gli editori. Il che rimanda alla questione dello stato delle redazioni ed al superamento del precariato. Infatti, il miglioramento della qualità dei “prodotti informativi” è senz’altro una delle strade da percorrere per uscire dalla crisi attuale.
Il progetto Gonella, al quale si richiama Roidi, da cui scaturì l’Ordine dei giornalisti, può non essere abbandonato a patto che si introducano forti elementi di riforma e di innovazione ed una effettiva formazione permanente. Tra gli elementi di riforma debbono esserci una sostanziale modifica delle forme di accesso alla professione e delle modalità di svolgimento dell’esame di Stato”.

 

CORRIERE DELLA SERA SABATO 17 AGOSTO 2013

“QUELLE REGOLE DA RESTITUIRE ALLA PROFESSIONE DEI GIORNALISTI"

LETTERA DI VITTORIO ROIDI

 Caro direttore, del giornalismo nessuno si interessa. In questa fase della vita del Paese così tesa al risanamento sia economico sia politico, l’informazione non sembra un problema. Come se andasse per il verso giusto. Povero Guido Gonella. Quaranta anni fa si batteva per far approvare legge che attraverso l’istituzione dell’Ordine, prometteva agli italiani giornalisti professionali obbligati alla ricerca della verità. Invece, dappertutto compaiono pseudo professionisti, impreparati e per di più faziosi, impegnati a sostenere la tesi di un partito più che a cercare notizie vere, o almeno verificate. Ci sarà qualcuno disposto a una riflessione. Magari in un Parlamento pieno di giovani baldanzosi? Professionisti? Ma quali? I canali televisivi li invitano a dibattere ed eccoli seduti tranquillamente sulle poltrone dedicate alla maggioranza o all’opposizione. La maggior parte di coloro che vanno all’esame di Stato non ha una preparazione decente. Il praticantato tradizionale non esiste più. La Federazione della stampa e gli Ordini regionali pensano che chi “lavora” deve ottenere la qualifica professionale. Così mandano tutti a fare l’esame e chiuderebbero volentieri le poche scuole esistenti. La deontologia? Tanta, ma  sulla carta. I nuovi consigli di disciplina voluti dalla Ue? Non si vedono. E’ una professione questa? Una democrazia moderna si basa sull’informazione, ma perché chiamare professione un’attività poco più che artigianale? Oppure ristabiliamo le regole. Se al sistema democratico sono utili professionisti veri, chiariamo cosa devono sapere e fare.  Come per un medico o un avvocato. Un giornalista professionista non può essere considerato – come avviene nei contenitori televisivi pomeridiani – alla pari di una starlette e neanche di un famoso accademico. Perché lui deve avere l’obbligo di cercare la verità, deve essere visto dal pubblico come un garante, un notaio. Forse i giornali venderebbero più copie se i lettori avessero la certezza di essere informati da veri professionisti. Non un menestrello che allieta la platea, ma il diplomato di un famoso conservatorio di musica che ha vinto un concorso in una grande orchestra. E non si tiri in ballo la libertà di espressione. Quella è già garantita a tutti: pubblicisti collaboratori, articolisti. Il vento della Rete ha dato a chiunque la possibilità di cinguettare e trasmettere. Ma se la professione ha ragione di esistere deve essere accompagnata da un’etica, da una preparazione, da comportamenti adeguati. Proseguiamo il progetto Gonella. O abbandoniamolo.

Vittorio Roidi, docente di Etica e deontologia del giornalismo, Università Sapienza, Roma

@fnsisocial

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