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Una manifestazione di qualche mese fa contro il bavaglio alla stampa in Turchia
(Foto: serenoregis.org)
Internazionale 22 Lug 2016

Turchia, la Fnsi: «Contro la repressione in atto servono interventi concreti». In Francia i sindacati dei giornalisti scrivono al presidente Hollande

«La repressione in atto in Turchia nei confronti dei giornalisti, anche stranieri, e la sospensione della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo decisa dal presidente Erdogan non possono lasciare indifferenti le istituzioni europee, i governi dei Paesi e i cittadini dell'Unione europea». Dopo il sit-in di protesta a Roma, la Fnsi rilancia la mobilitazione a sostegno dei giornalisti turchi, insieme con le organizzazioni internazionale ed europea dei giornalisti, che hanno già  chiesto di essere ricevute dal Consiglio d'Europa. E intanto i sindacati francesi dei giornalisti scrivono una lettera aperta al presidente Hollande.

«La repressione in atto in Turchia nei confronti dei giornalisti, anche stranieri, e la sospensione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo decisa dal presidente Erdogan non possono lasciare indifferenti le istituzioni europee, i governi dei Paesi e i cittadini dell’Unione europea».

Due giorni dopo il sit-in di protesta organizzato a Roma, la Fnsi torna a chiedere l’intervento dell’Unione europea e dei rappresentanti degli Stati membri affinché pongano in essere azioni concrete contro la deriva autoritaria del post-golpe.

«In Turchia si stanno progressivamente cancellando la democrazia e tutte le libertà fondamentali che ne discendono. E il fatto che i protagonisti di questo golpe mascherato siano stati democraticamente eletti non può rappresentare un alibi per gli organismi internazionali. Non bastano più gli appelli. Bisogna agire perché la cancellazione dei diritti e delle libertà civili, in nome di una normalizzazione che ha sempre più i connotati di un regime autoritario, riguarda tutti», incalzano i vertici della Fnsi.

Mentre dai governi dei Paesi europei e degli Stati Uniti si levano timidi appelli al rispetto delle regole dello Stato di diritto, in Turchia continuano le incarcerazioni di magistrati, insegnanti, studenti, militari e, soprattutto, giornalisti e la chiusura di numerose testate considerate sgradite.

E il tentativo di bavaglio si sta estendendo anche ai giornalisti stranieri che in questi giorni stanno raccontando quello che avviene in quel Paese: nella giornata di ieri, un giornalista italiano, Paolo Brera, di Repubblica, è stato fermato dalla polizia turca mentre faceva il suo lavoro di cronista ed è stato rilasciato soltanto dopo l’intervento dell’ambasciata italiana.

Occorre, dunque, una grande mobilitazione come quella che portò alla grande marcia a Parigi, dopo la strage di Charlie Hebdo. Come annunciato in occasione del sit-in davanti all’ambasciata turca a Roma, la Fnsi organizzerà una giornata di mobilitazione a Milano, a sostegno dei giornalisti turchi, insieme con le organizzazioni internazionale ed europea dei giornalisti, che hanno già chiesto di essere ricevute dal Consiglio d’Europa.

E intanto i sindacati francesi dei giornalisti scrivono una lettera aperta (che riportiamo in calce) al presidente Hollande: «La persecuzione dei media, gli arresti di giornalisti, la chiusura di organi di informazione e siti internet, il blocco dei social network - scrivono - trasformano la Turchia in una terra di nessuno quanto a libertà di espressione e di informazione».


@fnsisocial

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